In Giappone, assistiamo a un fenomeno curioso: nonostante il dominio della cucina francese, i ristoranti italiani si sono estesi su una superficie molto ampia. La storia ha inizio da una casualità. Il primo ristorante italiano in Giappone apre nel 1881. Un torinese, Pietro Migliore, componente del circo equestre francese, a causa di un grave infortunio protrattosi per un lungo periodo, apre Italia-ken (“Casa Italia”). In poco tempo diventa il salotto mondano di Niigata.

Tsutomi Ochiai, cuoco mediatico giapponese, esperto di cucina italiana
In seguito, questa volta per “casualità” più legate alla guerra, nascono altre insegne italiane:
Antonio e
Donnaloia a Kobe,
Amore Abela a Takarazuka… Piano piano la squisitezza della cucina italiana è sempre più apprezzata dai giapponesi, affascinati dal mestiere di questi "predicatori del gusto". Quando poi l'economia giapponese inizia a crescere ed espandersi, assistiamo alla nascita di diversi ristoranti, non solo gestiti da italiani, ma piano piano anche da giapponesi, freschi di esperienze importanti nel vostro Paese. È l’epoca felice dell’
ita-meshi, il pasto italiano in Giappone. Cuochi nipponici come
Toshiaki Yoshikawa e
Tsutomu Ochiai, appena rientrati, aprono i loro locali a Tokyo, guidati dall’entusiasmo.
Ochiai è ancora oggi lo chef di cucina italiana più popolare in Giappone: ha pubblicato tantissimi libri e partecipa a diversi programmi televisivi. Anche il ritorno di Yoshimi Hidaka ha segnato e movimentato la scena: il suo Acqua Pazza è frequentato dai gourmet più esigenti. La sua specialita? L’acqua pazza, appunto, una specialità semplice e gustosa, per merito suo conosciuta in Giappone al pari della carbonara. La sua cucina evolve col sapiente inserimento di prodotti giapponesi.

Yasuhiro Sasajima, Il Ghiottone a Kyoto, già relatore a Identità Milano 2006: tecniche giapponesi, ricette italiane
A Kyoto, la capitale della cucina giapponese raffinata, si distingue invece
Yasuhiro Sasajima de
Il Ghiottone (
tra i relatori di Identità Milano 2006, ndr): fa cucina italiana con le verdure tipiche di Kyoto, ma non teme di utilizzare le tecniche della cucina giapponese tradizionale. È in continua espansione. Il filo conduttore della cucina tradizionale prosegue, consolidandosi e modernizzandosi intelligentemente.
Akira Nigorigawa de
La Primula ha il suo cavallo di battaglia: i
Cialsons alla friulana.
Daisuke Nishiguchi del
Volo Cosi compone invece il suo
Antipasto della Laguna con saor e anguilla marinata direttamente dal Veneto. A Nara, la più antica capitale del Sol Levante, spicca invece
Junichiro Horie di
I-lunga: fa
Agnolotti del plin alla piemontese, proprio come
Taichi Murayama di
L'Asse propone cucina lombarda.
Un’ultima categoria è quella degli chef che esprimono una spiccata personalità nell'interpretazione italiana. Sinji Harada di Aromafresca, Tosei Hayashi di Acca, Tomofumi Saito di Prizma e Koji Kobayashi di Fogliolina della Porta Fortuna (ora Trattoria Nostalgica) a Meguro. Da pochi anni quest’ultimo si è trasferito a Karuizawa, località di villeggiatura “in”. È un cuoco estroso che sorprende con uno stile intrigante. E ha una caratteristica singolare: accoglie una sola prenotazione al giorno.