28-11-2023
La brigata di Aramburu con, terzo da destra, lo chef-patron Gonzalo Aramburu, quello coi baffi: ha ottenuto nei giorni scorsi le due stelle Michelin, primo ristorante in Argentina (sta a Buenos Aires) ad aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento, nella storia
Di Argentina s'è parlato tanto anche in Italia, nelle ultime settimane, per le elezioni presidenziali e l'ascesa di Javier Gerardo Milei a nuovo presidente, con tanto di motosega annessa... Ma c'è anche altro da registrare: il 24 novembre la Michelin ha fatto il suo esordio nel Paese, prima nazione ispanofona del continente sudamericano a ricevere le stelle della Rossa (che era già sbarcata in Brasile dove però, come noto, si parla portoghese). Una conferma dell’innegabile crescita qualitativa che l’offerta enogastronomica argentina ha mostrato negli ultimi anni. Le insegne menzionate dalla Guida sono 71 in tutto: tra queste, sono 6 i ristoranti premiati con una stella (2 a Buenos Aires e 4 a Mendoza), 7 quelli con la stella verde per la sostenibilità, 7 con il riconoscimento prezzo/qualità Bib Gourmand (tutti a Buenos Aires), e 57 i selezionati per essere inclusi nella Guida senza ulteriori riconoscimenti (42 a Buenos Aires e 15 a Mendoza).
Ma c'è stata una sorpresa. Quando è stata annunciata la sesta delle sei monostelle tra Mendoza e Buenos Aires (uniche due città prese in considerazione per questa edizione), tutti i presenti, dopo un attimo di disorientamento, hanno capito che la partita non era ancora chiusa. Mancava un nome che non poteva però mancare. L’assegnazione di due stelle Michelin al ristorante Aramburu è stata accompagnata da un’ovazione da Oscar: nessuno dubitava che il ristorante di Gonzalo Aramburu sarebbe stato tra i protagonisti della serata, ma l’entrata nella Guida direttamente con due stelle ha colto di sorpresa. È comunque indiscutibile che questa insegna giochi in un altro campionato rispetto agli altri progetti premiati.
Fine dining storico della città, dopo 16 anni di traiettoria, Aramburu è oggi un classico indiscusso della scena porteña. Unico rimasto, tra l’altro, della vecchia scuola di insegne dell’alta ristorazione che spiccavano nel panorama di Buenos Aires all’inizio degli anni Duemila. È per questo che, scherzando, lo chef-patron Gonzalo Aramburu si definisce come “l’ultimo dei Mohicani”: degli altri protagonisti della storia dell’alta ristorazione della città - Chila, Tegui, El Baqueano, Tarquino… - il suo locale è il solo rimasto. El Baqueano, per dire, si è spostato nel Nord, a Salta. Gli altri hanno chiuso.
Per Gonzalo, sedici anni di offizio e un percorso per niente banale. Si è formato lavorando in Europa e negli Stati Uniti, nelle cucine di - tra gli altri - Daniel Boulud, Charly Trotter e Martín Berasategui. Nel 2006 è tornato in Argentina e nel 2007 a aperto appunto Aramburu (entrato subito nel 50Best latinoamericano) nel quartiere-bronx di Constitución, il più problematico della città, dove i taxi si rifiutavano di portare i turisti e dove i clienti avevano accesso al ristorante direttamente dal parcheggio interno della struttura, isolata dall’esterno da persiane sempre abbassate e sigillate. «Era quello che mi potevo permettere all’epoca» ricorda ora con un sorriso, senza rinnegare il ruolo che quella tappa ha avuto nel suo percorso.
Gonzalo Aramburu riceve le due stelle accanto a Gwendal Poullenec, capo delle 32 edizioni delle Guide Michelin
Il ristorante conserva la sua identità originale: «Si, c’è stata una evoluzione della proposta, ovviamente: abbiamo potuto migliorare la struttura del ristorante, della cucina, ossia investire. E ci possiamo permettere ora di proporre una tavola un po’ più pensata. Ma l’identità è rimasta invariata». Ossia: il prodotto argentino declinato attraverso il mondo vegetale, marino e terrestre e scandito dalla stagionalità, interpretato dall’estro di Gonzalo e portato in scena da un servizio - sciolto e piacevole - che, in circa due ore, propone dalle 18 alle 20 preparazioni (potreste trovare indicato, in qualche presentazione, che il menu degustazione di Aramburu si compone di 18-20 portate: non è così, naturalmente. Si tratta di 18 -20 assaggi, una ventina di godibilissime preparazioni servite in modo molto piacevole e spontaneo).
La sala privée di fianco alla wine cellar
Una particolarità dell’esperienza a Aramburu: partendo dalla premessa di voler portare in tavola il prodotto argentino, Gonzalo sceglie di non celebrare la tradizione carnivora del Paese. La carne bovina è assente dalla proposta, con la unica eccezione di un assaggio: una - strepitosa - animella (Animella, topinambur, tartufo). «Sì. Scegliamo un altro tipo di proteina, per esempio l’anatra o il cervo o il maiale - ci ha confermato lo chef - All’argentino che viene a mangiare al ristorante preferisco dare un altro tipo di carne, perché la bovina la mangia già come minimo tre volte a settimana. Per quanto riguarda il turista (più del 50% degli ospiti è straniero, ndr) nel momento in cui scende dall’aereo già gli stanno offrendo un bife de chorizo» (qui abbiamo scherzato sull’idea di un possibile welcome kit con bife de chorizo incluso, cotto “a punto” con cui accogliere i turisti, ndr). «Alla fine del viaggio la carne gli esce dagli occhi. Molti scelgono Aramburu per l’ultima cena, prima di ripartire. E tante volte ci ringraziano: “Non c’è carne, che lusso”, ci dicono».
I vini in abbinamento alle portate
Del panorama gastronomico argentino dice: «Sta attraversando il suo migliore momento». Un poco come Gonzalo Aramburu, appunto.
Nella gallery i nostri assaggi.
Foglia di lime e kale
Tartelletta di pisellini
Chips di patata e anacardo
Cannolo di zucca e uova di trota
Frittella di carbone e melanzana
Barbabietola, formaggio di capra
Nube di capasanta, mela verde, lime, huacatay
Grancevola di Ushuaia, aneto
Ostrica cruda, calamaro, crema di Champagne, caviale storione uruguaiano. Favolosa
Tartare di cervo, shizo, alga
Chawanmushi di pisellini, asparagi, wasabi, guanciale
Gambero patagonico, laccato con salsa barbacoa di ananas accompagnato da una zuppetta di latte di cocco e riduzione di gambero
Carciofo, ragù di maiale, porro fritto
Risotto di patate andine, formaggio manchego, spugnole, polpo affumicato, riso selvaggio. Forse il miglior polpo mai assaggiato da chi scrive
Animella cotta a bassa temperatura in forno a legna, topinambur, tartufo nero argentino. La foto non rende giustizia. Superlativa
Per rinfrescarsi la bocca, a sinistra un Bonbon di pompelmo. A destra, il predessert: base di cioccolato bianco, poi lampone liofilizzato e sorbetto di pepe rosa
Chocopalta (mousse di cioccolato bianco e avocado - palta in Argentina - con sorbetto di mango, crumble di cioccolato e curry
Petits fours, uno scrigno di gemme: Pomodoro e nocciola, Pâte de fruit di anguria, Bonbon di vaniglia, cioccolato e pistacchio
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales
Il nuovo aperitivo Chandon Garden Spritz, presentato a Milano
Ale Vigil è stato il primo argentino a ricevere 100 punti Parker nella storia del paese - furono in realtà 200. Con il suo progetto personale El Enemigo, e i vini che elabora per Catena Zapata ha contribuito a ridefinire l’immagine e la qualità dei vini argentini agli occhi del mondo
Sebastián Weigandt e le conserve che ornano le pareti del suo ristorante e trovano ampio utilizzo nella sua cucina. Raccontano le tradizioni gastronomiche locali portate dall’immigrazione italiana e la sua stessa storia famigliare
Dal Mondo è curiosità, fascino, un guida verso i migliori indirizzi intorno al globo, di cui vi raccontiamo non solo piatti, insegne, ingredienti, ma anche le vite di personaggi che stanno facendo la differenza nel nostro Pianeta, dalla ristorazione al meraviglioso mondo del vino.