Di Argentina s'è parlato tanto anche in Italia, nelle ultime settimane, per le elezioni presidenziali e l'ascesa di Javier Gerardo Milei a nuovo presidente, con tanto di motosega annessa... Ma c'è anche altro da registrare: il 24 novembre la Michelin ha fatto il suo esordio nel Paese, prima nazione ispanofona del continente sudamericano a ricevere le stelle della Rossa (che era già sbarcata in Brasile dove però, come noto, si parla portoghese). Una conferma dell’innegabile crescita qualitativa che l’offerta enogastronomica argentina ha mostrato negli ultimi anni. Le insegne menzionate dalla Guida sono 71 in tutto: tra queste, sono 6 i ristoranti premiati con una stella (2 a Buenos Aires e 4 a Mendoza), 7 quelli con la stella verde per la sostenibilità, 7 con il riconoscimento prezzo/qualità Bib Gourmand (tutti a Buenos Aires), e 57 i selezionati per essere inclusi nella Guida senza ulteriori riconoscimenti (42 a Buenos Aires e 15 a Mendoza).
Ma c'è stata una sorpresa. Quando è stata annunciata la sesta delle sei monostelle tra Mendoza e Buenos Aires (uniche due città prese in considerazione per questa edizione), tutti i presenti, dopo un attimo di disorientamento, hanno capito che la partita non era ancora chiusa. Mancava un nome che non poteva però mancare. L’assegnazione di due stelle Michelin al ristorante Aramburu è stata accompagnata da un’ovazione da Oscar: nessuno dubitava che il ristorante di Gonzalo Aramburu sarebbe stato tra i protagonisti della serata, ma l’entrata nella Guida direttamente con due stelle ha colto di sorpresa. È comunque indiscutibile che questa insegna giochi in un altro campionato rispetto agli altri progetti premiati.
Fine dining storico della città, dopo 16 anni di traiettoria, Aramburu è oggi un classico indiscusso della scena porteña. Unico rimasto, tra l’altro, della vecchia scuola di insegne dell’alta ristorazione che spiccavano nel panorama di Buenos Aires all’inizio degli anni Duemila. È per questo che, scherzando, lo chef-patron Gonzalo Aramburu si definisce come “l’ultimo dei Mohicani”: degli altri protagonisti della storia dell’alta ristorazione della città - Chila, Tegui, El Baqueano, Tarquino… - il suo locale è il solo rimasto. El Baqueano, per dire, si è spostato nel Nord, a Salta. Gli altri hanno chiuso.
Per Gonzalo, sedici anni di offizio e un percorso per niente banale. Si è formato lavorando in Europa e negli Stati Uniti, nelle cucine di - tra gli altri - Daniel Boulud, Charly Trotter e Martín Berasategui. Nel 2006 è tornato in Argentina e nel 2007 a aperto appunto Aramburu (entrato subito nel 50Best latinoamericano) nel quartiere-bronx di Constitución, il più problematico della città, dove i taxi si rifiutavano di portare i turisti e dove i clienti avevano accesso al ristorante direttamente dal parcheggio interno della struttura, isolata dall’esterno da persiane sempre abbassate e sigillate. «Era quello che mi potevo permettere all’epoca» ricorda ora con un sorriso, senza rinnegare il ruolo che quella tappa ha avuto nel suo percorso.

Gonzalo Aramburu riceve le due stelle accanto a Gwendal Poullenec, capo delle 32 edizioni delle Guide Michelin
Nel 2019 si è spostato nel quartiere più elegante della città, Recoleta, con spazi e strutture rinnovate; nel 2022 è entrato nelle prestigiose fila dell’associazione
Relais&Châteaux, unico in tutta la città e il solo nel Paese come ristorante puro: le altre sei strutture che fanno parte di questa prestigiosa firma, hanno alle spalle hotel di lusso a cinque stelle. E infine: l’ultimo riconoscimento vede il suo nome illuminato - unica insegna, per ora, in Argentina - non da una ma da ben due stelle Michelin. Gli chiediamo: te le aspettavi? «È un sogno trasformato in realtà, una grande emozione che arriva in un momento di maturità della nostra proposta, dopo un percorso di tanti anni durante i quali abbiamo sempre tenuto al centro del nostro lavoro il prodotto locale» ci ha risposto lo chef, a poche ore dall’assegnazione.
Il ristorante conserva la sua identità originale: «Si, c’è stata una evoluzione della proposta, ovviamente: abbiamo potuto migliorare la struttura del ristorante, della cucina, ossia investire. E ci possiamo permettere ora di proporre una tavola un po’ più pensata. Ma l’identità è rimasta invariata». Ossia: il prodotto argentino declinato attraverso il mondo vegetale, marino e terrestre e scandito dalla stagionalità, interpretato dall’estro di Gonzalo e portato in scena da un servizio - sciolto e piacevole - che, in circa due ore, propone dalle 18 alle 20 preparazioni (potreste trovare indicato, in qualche presentazione, che il menu degustazione di Aramburu si compone di 18-20 portate: non è così, naturalmente. Si tratta di 18 -20 assaggi, una ventina di godibilissime preparazioni servite in modo molto piacevole e spontaneo).

La sala privée di fianco alla wine cellar
La descrizione dei piatti in sala è essenziale: ogni assaggio viene raccontato attraverso una presentazione che cita appena gli ingredienti; niente spiegazioni su tecniche di cottura, niente poesia o storytelling: «Questo ha a che fare anche con quello che piace a me: se vado a un ristorante non voglio essere riempito di informazioni, voglio rilassarmi e godermi l’assaggio o il piatto dal punto di vista sensoriale. Oltre a questo: la nostra proposta prevede 20 assaggi: se per ognuno dovessimo interrompere l’esperienza con una spiegazione tecnica sul piatto, sulle cotture e su quello che il cuoco ha voluto fare, comporre, dire… tutto diventerebbe molto pesante. Raccontiamo invece, in breve, gli ingredienti affinché il cliente sappia cosa sta mangiando, e basta. Se poi qualcuno volesse andare più nello specifico e ricevere maggiori informazioni, il personale di sala sa ogni cosa ed è preparato per rispondere».
Una particolarità dell’esperienza a Aramburu: partendo dalla premessa di voler portare in tavola il prodotto argentino, Gonzalo sceglie di non celebrare la tradizione carnivora del Paese. La carne bovina è assente dalla proposta, con la unica eccezione di un assaggio: una - strepitosa - animella (Animella, topinambur, tartufo). «Sì. Scegliamo un altro tipo di proteina, per esempio l’anatra o il cervo o il maiale - ci ha confermato lo chef - All’argentino che viene a mangiare al ristorante preferisco dare un altro tipo di carne, perché la bovina la mangia già come minimo tre volte a settimana. Per quanto riguarda il turista (più del 50% degli ospiti è straniero, ndr) nel momento in cui scende dall’aereo già gli stanno offrendo un bife de chorizo» (qui abbiamo scherzato sull’idea di un possibile welcome kit con bife de chorizo incluso, cotto “a punto” con cui accogliere i turisti, ndr). «Alla fine del viaggio la carne gli esce dagli occhi. Molti scelgono Aramburu per l’ultima cena, prima di ripartire. E tante volte ci ringraziano: “Non c’è carne, che lusso”, ci dicono».

I vini in abbinamento alle portate
I coperti sono 25, per due servizi a serata. L’ambiente accogliente e minimal, la cucina a vista. La brigata di cucina è composta da nove persone più una alla direzione creativa. Squadra di cui
Gonzalo riconosce il valore e il ruolo nel risultato raggiunto: «Non è qualcosa che faccio da solo: siamo un team unito e integrato da
Tatiana Czajkowski, che lavora con me le mattine nell’ideazione e sviluppo di nuovi piatti.
Mariano Szatma Szotan è il mio sous chef e
Maximiliano Ramos il mio secondo».
Del panorama gastronomico argentino dice: «Sta attraversando il suo migliore momento». Un poco come Gonzalo Aramburu, appunto.
Nella gallery i nostri assaggi.

Chips di patata e anacardo

Cannolo di zucca e uova di trota

Frittella di carbone e melanzana

Barbabietola, formaggio di capra

Nube di capasanta, mela verde, lime, huacatay

Grancevola di Ushuaia, aneto

Ostrica cruda, calamaro, crema di Champagne, caviale storione uruguaiano. Favolosa

Tartare di cervo, shizo, alga

Chawanmushi di pisellini, asparagi, wasabi, guanciale

Gambero patagonico, laccato con salsa barbacoa di ananas accompagnato da una zuppetta di latte di cocco e riduzione di gambero

Carciofo, ragù di maiale, porro fritto

Risotto di patate andine, formaggio manchego, spugnole, polpo affumicato, riso selvaggio. Forse il miglior polpo mai assaggiato da chi scrive

Animella cotta a bassa temperatura in forno a legna, topinambur, tartufo nero argentino. La foto non rende giustizia. Superlativa

Per rinfrescarsi la bocca, a sinistra un Bonbon di pompelmo. A destra, il predessert: base di cioccolato bianco, poi lampone liofilizzato e sorbetto di pepe rosa

Chocopalta (mousse di cioccolato bianco e avocado - palta in Argentina - con sorbetto di mango, crumble di cioccolato e curry

Petits fours, uno scrigno di gemme: Pomodoro e nocciola, Pâte de fruit di anguria, Bonbon di vaniglia, cioccolato e pistacchio