02-11-2023
Miguel Sánchez Romera, argentino d'origine, è stato neurologo e specialista in neurofisiologia clinica. È oggi chef e proprietario del ristorante L’Esguard di Sant Andreu Llavaneres (Barcellona), un’attività nata dall’incontro tra scienza e arti figurative, e aperta agli incroci fra le culture più diverse. Dal 1998 è professore di Scienze e tecnologia culinaria all’Università di Vic a Barcellona
La cucina attuale? È banale. Quella tradizionale? È morta, e non lo capiamo. La molecolare? È l’anticristo. Quella a chilometro zero? È impossibile. L'argentino Miguel Sánchez Romera, neurologo clinico e studioso d’arte che ha abbandonato il camice per la giacca da chef e la sua terra per la Spagna, è uno che va dritto al punto. Come fosse una diagnosi.
La prima “nevrosi” della cucina contemporanea, nel Romera-pensiero, è la spettacolarizzazione, ossia l’eccessiva esaltazione del volere a tutti i costi impressionare, ci spiega. Il piatto scompare per dare spazio piuttosto all’ego di chi lo fa. Tendenza è la parola che detesta: «Da quando ho deciso di fare lo chef, non ho mai visitato un ristorante di alta cucina. Perchè? Per non contaminarmi». Il moderno – dice – spesso non ha contenuto, assistiamo cioè a una continua declinazione della banalizzazione, del copia-incolla e di forme incontrollate di modernismo che nulla hanno a che fare con l’avanguardia, «stessa cosa accade nell’arte contemporanea».
Un piatto di Romera: Foie gras con sfoglia di cioccolato bianco alla vaniglia e chiodi di garofano
Settantenne, ancora a capo della brigata del ristorante L'Esguard in Costa Brava (all'interno del cinque stelle Alàbriga), cervello da quarantenne, entusiasmo da ventenne... Incontriamo Romera a Messina durante un simposio medico all’Università sulla cucina dei sensi. Autore di due volumi, La cocina de los sentidos e Alimenta bien tu cerebro, è turbinoso come un flamenco: «La gente manca di senso critico, cerchiamo la sostanza soltanto nella forma e in nulla altro, dimenticando che il gusto è una forma di piacere» dice, sfogliando le pagine del suo libro da dove mi mostra piatti di una complessità unica: «Ci vogliono venti minuti per impiattarne uno, è questo il vero problema». E sorride.
Piatto di verdure in 3 varianti: fresche, secche e in brodo
Insisto, voglio la ricetta della cucina del futuro e gli chiedo tre cose sulle quali cuochi, scienziati o no, possono pensare avanti. «Primo punto, ci serve una cucina che sia naturale - sostiene lui - Ossia una gastronomia che tenga conto della salute del commensale innanzitutto, e che poi sia anche reale, senza troppe sovrastrutture, semplice ma efficace. Ma, soprattutto, che sia una forma di espressione originale, frutto unicamente delle proprie capacità tecniche, espressive ed artistiche. Per essere davvero originale, devi avere cultura ed argomenti, sennò copi. E infatti quasi tutti copiano».
Concetto di El damero de verduras convertido en mariposa ("Piatto di verdure trasformato in farfalla")
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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Classe 1965, siciliano di Messina, già giornalista professionista, ha lasciato la "cucina" nei giornali (scriveva di mafia e cronaca giudiziaria) passando alla cucina vera e propria, sempre con il pallino della comunicazione. Ha frequentato l'Alma e poi si è formato con Pietro Leemann e Paco Torreblanca. Dopo un'esperienza negli Usa, è stato chef del Marina del Nettuno Yachting Club Messina
Paolo Casagrande, veneto di Conegliano (Treviso), classe 1979, executive chef del ristorante Lasarte di Barcellona, 3 stelle Michelin
La spettacolare cecina (un salume spagnolo: carne bovina essiccata e di solito - ma non in questo caso - anche affumicata, ricavata dalla parte posteriore dell’animale) prodotta e servita da José Gordón nel suo ristorante El Capricho a Jimenez de Jamuz, un piccolo paesino nel Nord-Ovest della Castiglia e Léon, Spagna. Alan Jones, che l'ha gustata e scrive l'articolo, è «senza dubbio il miglior affettato che io abbia mai assaggiato»