05-10-2023

Nella provincia di Jujuy, abbracciando la Quebrada de Humaca nel nord-ovest argentino, una straordinaria dispensa ancestrale andina

I due giovani cuochi Walter Leal e Florencia Rodriguez interpretano, con due approcci differenti, l’impressionante patrimonio di questa regione: uno scrigno di tradizioni, biodiversità, super-food e gestualità antica

Fagioli, porotos e ñuñas, ovvero parte del cat

Fagioli, porotos e ñuñas, ovvero parte del catalogo del centro studi IPAF – Instituto de Investigación y desarollo tecnológico para la Agricultura Familiar, con cui lo chef Walter Leal del ristorante Finca collabora per investigare, studiare, preservare e trasmettere forme di coltivazione antiche, prodotti ancestrali, biodiversità, sapori, conoscenze e gesti dei popoli del periodo pre-incaico, originari della regione nord-ovest argentina

Prendendo un aereo da Buenos Aires a San Salvador de Jujuy, nel nord ovest del paese, in 2 ore e un quarto di volo si viene proiettati dal livello del mare della capitale argentina ai circa 1300 metri di di Jujuy. Altitudine che cresce molto velocemente dirigendosi verso nord, fino ad arrivare, in appena due ore di auto, lungo la RN9, ai 3000 metri della cittadina di Humauaca, passando per Purmamarca, Maimará, Tilcara, Huacalera, Yacoraite. Si guiderà in una valle, o quebrada (gola), scavata dal Rio Grande e costeggiata da montagne dai colori impressionanti, e impregnata ancora oggi dall’identità e dalla cultura delle antiche popolazioni andine, che abitavano questi luoghi già 10.000 anni fa. È la Quebrada de Humahuaca, Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO dal 2003, e riserva della biosfera dal 2007. 

La wiphala, la bandiera delle popolazioni andine, sventola accanto a quella dell'Argentina

La wiphala, la bandiera delle popolazioni andine, sventola accanto a quella dell'Argentina

I colori e le striature di sedimenti del Cerro de los Siete Colores (la Montagna dai Sette Colori) che sovrasta la cittadina di Purmamarca sotto un cielo di un azzurro intenso, o della Paleta del Pintor (La tavolozza del pittore) che fa da sfondo a Maimará, raccontano una storia geologica antica e complessa. I tratti della gente, dell’arte popolare, e quello che si trova alzando i coperchi e infilando le gambe sotto i tavoli di questi luoghi, narrano un’identità completamente differente rispetto a quella, per esempio, di Buenos Aires o di Mendoza o della Terra del Fuoco. Una identità ricchissima di tradizioni, piatti, rituali (a cui molte ricette sono strettamente legate) e prodotti unici, la maggior parte dei quali pre-incaichi (gli Incas arrivarono intorno al 1420 /1430 – regnarono meno di un secolo su queste zone, prima dell’arrivo degli europei e del conseguente saccheggio e genocidio, operato nel nome della corona spagnola e della croce).  

I paesaggi della Quebrada, nel nord-ovest argentino

I paesaggi della Quebrada, nel nord-ovest argentino

In questi luoghi vengono coltivate, da millenni, decine di varietà di fagioli - frijoles, porotos, ñuñas -, di quinoa, di mais (di tanti e quanti colori, e taglie che non ci si può credere); si troveranno, letteralmente, centinaia di patate e papines andinos (papa azul,papa collarejapapa lisapapa oca…: nella regione ne sono stati catalogati 106 tipi), e poi ancora: amaranto, aglio, fave…. Mentre per la quota di proteine animali, la cultura gastronomica locale offre: formaggi di capra, carne di pecora, capra e soprattutto di lama (che ha - tra l’altro - eccellenti valori nutrizionali).   

Al mercato di Jujuy: mais e patate

Al mercato di Jujuy: mais e patate

Un paniere alimentare, come si può vedere, ricchissimo di quelli che oggi vengono definiti superfood, composto da una sorprendente varietà e ricchezza di sfumature. Alle persone sensibili alla questione non sarà sfuggito il fatto che nella dispensa ancestrale andina non c’è traccia di glutine: il grano lo portarono gli europei. La dispensa ancestrale jujeña, quindi, è anche gluten-free. 

Da questo spettacolare e ricchissimo paniere di prodotti andini attingono per dar forma alla loro proposta, dandone due interpretazioni diverse, altrettanti chef che abbiamo incontrato e il cui lavoro fa della provincia di Jujuy una destinazione gastronomica di grande valore: Walter Leal con il suo ristorante Finca e Florencia Rodriguez con il suo El Nuevo Progreso.  

 

 

Finca, Walter Leal, San Salvador de Jujuy

Leal ci spiega come si raccoglie la rica-rica, una pianta aromatica delle punas (altipiani andini)

Leal ci spiega come si raccoglie la rica-rica, una pianta aromatica delle punas (altipiani andini)

«Il futuro dell’alimentazione è a Jujuy» ci dice convinto Walter mentre osserva compiaciuto la mascella che cade di fronte all’opera d’arte - unico ornamento del suo ristorante - che accoglie chi entra a Finca: una grande tavola (ma vale anche il termine "tavolozza": la quantità di sfumature è realmente impressionante) su cui espone quanto ha raccolto, studiato, catalogato, ed esplorato in decenni di studio sia a riguardo della cultura alimentare, sia della dispensa ancestrale andina. Decine di tipi diversi e variopinte qualità di mais, quinoa, erbe aromatiche delle punas (gli altipiani), amaranto, patate e papines andinos, fagioli, fave, porotos y ñuñas, cristalli di sale delle Salinas Grandes (un deserto di sale di 212 km² a 3450 metri di altezza, al nord di Jujuy).  

Walter Leal ci mostra un cristallo di sale estratto dalle Salinas Grandes (a destra), un deserto di sale di 212 km² a 3,450 metri di altezza, al nord di Jujuy

Walter Leal ci mostra un cristallo di sale estratto dalle Salinas Grandes (a destra), un deserto di sale di 212 km² a 3,450 metri di altezza, al nord di Jujuy

Il ristorante di Leal accoglie gli ospiti nel patio interno di Casa Gámez, un'antica casona di epoca coloniale nel centro di San Salvador de Jujuy. Usare solo ingredienti e tecniche di cottura ancestrali, è l’imperativo che si è dato Walter. Fondamentale, ci dice, per questo percorso è stata la creazione di una sorta di centro di studio virtuale, Maima Test Lab, “un laboratorio itinerante” lo definisce, a cui partecipano allevatori, pastori, agricoltori, ricercatori (per esempio quelli dell’IPAF – Instituto de Investigación y desarollo tecnológico para la Agricultura Familiar), cuochi, antropologhi. Obiettivo: investigare, studiare, preservare e trasmettere forme di coltivazione antiche, prodotti ancestrali, biodiversità, sapori, conoscenze, gesti dei popoli originari del periodo pre-incaico. Custodire la memoria di tutto questo, diffondere anche tra le nuove generazioni i gesti antichi perché non si perda la cultura locale.  

Florentina e i suoi lama a Barrancas. Siamo a oltre 3.600 metri di altitudine

Florentina e i suoi lama a Barrancas. Siamo a oltre 3.600 metri di altitudine

È un lavoro che Walter fa, per esempio, assieme a Florentina, che vive coi suoi 10 figli e gli 11 nipoti nella remota località di Barrancas, nelle punas jujenas a 3.700 metri di altezza. Località che si raggiunge in tre ore di macchina, da Jujuy, passando attraverso paesaggi al contempo affascinanti e ostili. 

Florentina è allevatrice di lama, tessitrice, cantora di coplas (un canto rituale e ritmato), cuoca di un piccolo centro turistico che occasionalmente riceve piccoli gruppi di visitatori. È senza alcun dubbio il capo del focolare. Con lei Walter ha intrapreso un «cammino di ricordi, ricette e forme di cottura»: la carne di lama huatiada, la zuppa majada…Qualche volta è lei che insegna a Walter, qualche volta è Walter che le risveglia la memoria: è la stessa Florentina a raccontarci dell’assaggio nel ristorante di Leal che le fece ritrovare un sapore dimenticato, un piatto che le preparava la nonna da bambina. Una madeleine jujeña. 

Leal ci mostra con orgoglio l'esposizione della stupefacente dispensa ancestrale andina che accoglie i visitatori all'ingresso del suo ristorante Finca, a Jujuy

Leal ci mostra con orgoglio l'esposizione della stupefacente dispensa ancestrale andina che accoglie i visitatori all'ingresso del suo ristorante Finca, a Jujuy

Da Finca si può ordinare alla carta oppure optare per il menu degustazione: un affascinante racconto di gesti millenari, altitudini e saggezza antichissima. Tra i piatti più interessanti: papa oca (una varietà di patata che si coltiva nelle punas, tra i 3.000 e i 3.900 metri di altezza) profumata con della koa (una delle piante cerimoniali più importanti delle Ande, usata per affumicare) e miele di canna; un pane di papa azul servito con burro di capra e ají affumicato; una huatia di lama (forma di cottura lenta e prolungata, solitamente in un pozzo, usando pietre incandescenti, e qui realizzata in una casseruola) con humita (il mais tenero), mais viola e chimichurri andino (choclito di estrema altitudine, muña muña , rica rica – due piante aromatiche delle punas y ají locoto); il gelato di foglie di coca (le foglie di coca vengono continuamente ruminate dagli abitanti di questi luoghi; le tengono in un angolo della guancia per ore: servono a combattere la stanchezza e l’apunamiento: il mal d’altura). 

Unica licenza che si consente Leal è data da un paio di etichette di vino (la vitis vinifera fu portata dagli spagnoli - gesuiti e conquistadores), da alternare a bevande tradizionali come la ulpada (a base di farina di mais e acqua) e la chicha, una bevanda leggermente alcolica derivata dalla fermentazione non distillata del mais, che viene usata anche nei rituali legati alle festività dei popoli originari. Da Finca ne abbiamo provata una di maíz morado (mais viola) deliziosa, che per sentori, acidità, dolcezza e colore ricorda un succo di frutti di bosco.  

 

 

El Nuevo Progreso, Florencia Rodriguez, Tilcara (Jujuy) 

L’entrata di El Nuevo Progreso, a Tilcara, il ristorante di Florencia Rodriguez, a destra in una valle andina. ​

L’entrata di El Nuevo Progreso, a Tilcara, il ristorante di Florencia Rodriguez, a destra in una valle andina. 

 «La cucina andina è molto di più che un semplice piatto di cibo» ci dice Florencia Rodriguez «ha a che fare con rituali millenari, con gli antenati, con la memoria, con la ciclicità, con il tempo e con l’apprendimento costante». Florencia, arrivata da Buenos Aires 20 anni fa e rimasta affascinata dall’alimento ancestrale andino e dalla tradizione dei popoli originari, dice di aver compreso davvero solo in questi luoghi che la cucina non è solo piacere e nutrimento, ma anche un gesto rituale, un luogo di incontro e di trasmissione della cultura di un popolo. Maestre di questo percorso le donne della Quebrada, una società fondata sul matriarcato in cui, ci racconta per esempio Florencia, erano le donne a macellare la carne e a venderla. Sono ancora loro a custodire e tramandare tecniche, ricette e forme di conservazione degli alimenti, di coltivazione, oltre che gli strumenti utilizzati in cucina.

Papines andinos e mais multicolore nella valle nascosta di Ocumazo assieme alla chef Rodriguez

Papines andinos e mais multicolore nella valle nascosta di Ocumazo assieme alla chef Rodriguez

A Tilcara, il paesino situato a 2.500 metri di altezza dove vive da 20 anni, nel mezzo di un paesaggio aspro, duro (l’altitudine, la forza del sole, l’aridità, le escursioni termiche, la mancanza di umidità e di acqua) e, allo stesso tempo, affascinante, Florencia ha trovato le insegnanti più preziose: le signore del mercato, le cuoche dei focolari domestici, le allevatrici e le contadine. «Sono molto "puriste" per quanto riguarda l’interpretazione delle ricette e non accettano modifica alcuna, dal momento che vengono impiegate non soltanto nell’alimentazione quotidiana, ma anche in rituali che si ripetono alla stessa maniera da millenni» ci spiega. Ossia: guai a parlare di tamales scomposti o “reinterpretazione di…”. La Rodriguez, dal canto suo, pur mostrando un profondo rispetto per il prodotto e la cultura ancestrale andina, si concede di muoversi anche al di fuori di questa tradizione: se per dare rotondità a un piatto occorre una foglia di cappero, una trota degli allevamenti recentemente sorti nelle punas, un'animella di agnello, non ne fa un problema. Insomma, la conoscenza e lo studio approfondito di ricette, tecniche e prodotti ancestrali non le impediscono di ricorrere anche a elementi che vanno oltre. Pur sempre attingendo dai produttori della regione. 

Il tamal, la ricetta più rappresentativa di questi luoghi, e la sua preparazione. Una donna della valle escondida de Ocumazo chiude la chala (la foglia del mais) che racchiude un composto a base di mais, patata oca, verdure e carne

Il tamal, la ricetta più rappresentativa di questi luoghi, e la sua preparazione. Una donna della valle escondida de Ocumazo chiude la chala (la foglia del mais) che racchiude un composto a base di mais, patata oca, verdure e carne

Quest'ultima potrebbe essere rappresentata anche da un solo piatto: il tamal. «Jujuy è un tamal» osa Florencia. Dalla lingua náhuatl, tamalli,“avvolto”, il tamal è un alimento di origine precolombiana, principalmente a base di mais secco (il mote pela), ripieno di charqui (tipica conserva di carne della regione Andina, che viene salata ed essiccata al sole) oppure di huatia di lama, cipolla, patata («papa collareja, non una patata qualsiasi»), verdure varie. Si fa una specie di polpetta che si dispone nel palmo della mano e si aggiunge il ripieno di carne; quindi, si chiude e si avvolge il tutto in una foglia di mais, seccata durante l’estate sui tetti delle case della Quebrada, reidratata e poi usata per ottenere la forma di una grossa caramella al panetto cotto per oltre due ore. Una preparazione complessa, che si consuma in pochi bocconi.  

El Nuevo Progreso di Florencia Rodriguez a Tilcara; sullo sfondo le montagne che costeggiano la Quebrada

El Nuevo Progreso di Florencia Rodriguez a Tilcara; sullo sfondo le montagne che costeggiano la Quebrada

Con il suo ristorante storico El Nuevo Progreso, nella piazza all’entrata del paese di Tilcara, chiuso per ristrutturazione, abbiamo potuto provare la cucina di Florencia in un nuovo progetto di cui ha appena preso in gestione la cucina: Yacoraite. Un posto surreale: un ristorante e wine bar calati nel mezzo di uno scenario da Far West, in mezzo al nulla. Un paesaggio marziano incorniciato da montagne e da colori sorprendenti.

Florencia Rodriguez nel ristorante Yacoraite durante il servizio e un particolare della sala

Florencia Rodriguez nel ristorante Yacoraite durante il servizio e un particolare della sala

A ricevere gli ospiti, iscritto nell’architettura stessa del ristorante, un cactus gigantesco, millenario. Vetrate enormi al posto delle pareti permettono di godere dello spettacolo del paesaggio. Vi si arriva partendo da Tilcara e guidando verso nord per una ventina di km, lungo la RN9 e girando verso destra prima del ponte sul fiume Yacoraite. I piatti di Florencia Rodriguez si inseriscono perfettamente in questo scenario, divenendo rappresentazione, anch’essi, del paesaggio e della sua bellezza. A tavola, eleganza, maturità e sensibilità; i sapori sono nitidi e intensi. 

Tra le sue creazioni più interessanti e sorprendenti: Quinoa nera, con gremolada di coriandolo e tre diversi tipi di maischarqui reidratato e riessiccato al sole, popocorn di quinoa tinta con uno sciroppo di barbabietola, una punta di formaggio di capra e foglioline di armuelle (bietolone rosso); oppure il Tamal viola con farina di mais viola e api (bevanda tipica delle colazioni di Jujuy, a base di farina di mais viola e spezie), servito con una salsina piccante di pomodoro e una gelatina di ají. 

I vigneti di Bodega El Bayeh, a oltre 2.500 metri di altezza, sfiorano il tropico del Capricorno. A destra un magnifico Sauvignon Blanc, verticale e teso, meno di 11 gradi di alcol e una vibrante acidità

I vigneti di Bodega El Bayeh, a oltre 2.500 metri di altezza, sfiorano il tropico del Capricorno. A destra un magnifico Sauvignon Blanc, verticale e teso, meno di 11 gradi di alcol e una vibrante acidità

Bevanda non ancestrale e non andina, il vino prodotto nella Quebrada merita almeno una menzione che approfondiremo il prima possibile. Alta radiazione solare e purezza luminosa, un clima semi-arido, autunni prolungati e freschi permettono di ottenere, in questi vigneti - che sfiorano il Tropico del Capricorno e crescono ad altezze estreme, a partire dai 2500 metri di altezza - uve fresche dai tannini rotondi e dai colori intensi, con una acidità vibrante, dagli aromi e profumi nitidi. Tra gli interpreti più interessanti di questi paesaggi: Bodega El Bayeh, Bodega Uraqui, Bodega Fernando Dupont.  Vini fruttati, eleganti, tesi, minerali con molto colore e a basso grado alcolico, oltre alla loro finissima acidità che li proietta verso un lungo potenziale periodo di invecchiamento. Una regione vinicola che sta appena iniziando a formarsi e che merita di essere conosciuta.  

Le rovine pre-incaiche del Pukarà di Tilcara

Le rovine pre-incaiche del Pukarà di Tilcara

Quinoa negra con barbabietola, gremolada di coriandolo e tre tipi di mais, charqui reidratato, popcorn di quinoa tinto con sciroppo di barbabietola, formaggio di capra  e foglioline di armuelle (bietolone rosso): uno dei piatti di Florencia Rodriguez servito al ristorante Yacoraite

Quinoa negra con barbabietola, gremolada di coriandolo e tre tipi di mais, charqui reidratato, popcorn di quinoa tinto con sciroppo di barbabietola, formaggio di capra  e foglioline di armuelle (bietolone rosso): uno dei piatti di Florencia Rodriguez servito al ristorante Yacoraite

Pane di papa azul (patata blu) con burro di capra e ají affumicato. Servito con papa oca (tubero coltivato principalmente nelle punas andine tra i 3000 e i 3900 metri di altitudine) profumata conkoa (pianta cerimoniale delle Ande, qui usata per affumicare) e miele di canna: uno dei piatti serviti da Walter Leal nel suo ristorante

Pane di papa azul (patata blu) con burro di capra e ají affumicato. Servito con papa oca (tubero coltivato principalmente nelle punas andine tra i 3000 e i 3900 metri di altitudine) profumata conkoa (pianta cerimoniale delle Ande, qui usata per affumicare) e miele di canna: uno dei piatti serviti da Walter Leal nel suo ristorante


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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