Il Wall Street Journal l'ha incoronata tendenza gastronomica dell'anno in Usa, attribuendo il ruolo di pioniere della sua (ri)scoperta a Rene Redzepi, che aveva inserito nel suo libro Noma (il nome del suo ristorante, un coerente minimalismo) la ricetta dei porri “panati” nella cenere proposti come accompagnamento di un granchio bollito. Da noi, già negli anni passati grandi chef come Salvatore Tassa – vedi la sua Quaglia farcita con erbe, lardo e mollica e avvolta nel lardo – e Alfonso e Ernesto Iaccarino – con i Veli di cipolla con gamberetti, lardo d'Irpinia e olive nere - avevano recuperato la cottura sotto la cenere, che in realtà, come ricorda anche il WSJ, è vecchia almeno qualche secolo.
E proprio la cottura sotto la cenere – insieme a molte altre “lezioni” apprese dai contadini, dagli allevatori e dagli artigiani della sua zona, al confine tra l'area vesuviana e l'Agro Nocerino Sarnese – è una delle tradizioni che Pietro Parisi, giovane chef del ristorante Era Ora a Palma Campania, telefono +39.081.8247453, ha deciso di far rivivere nella Festa delle Tradizioni Contadine che organizza dal 19 al 21 ottobre con il patrocinio del Comune e in collaborazione con le condotte Slow Food Agro Nolano e Vesuvio e Confcommercio, oltre a tutti gli abitanti di Palma.

Pietro Parisi (foto Ilaria Rucco)
“In un momento storico in cui l’industria al Sud ha deluso e fallito, i palmesi rivendicano e promuovono la propria identità contadina. C’è un certo ritorno dei giovani all’agricoltura e qui si è deciso di cogliere questo segnale di speranza e di sviluppo. L’evento mira a rinsaldare il rapporto tra le nuove generazioni e le tradizioni locali di matrice agricola, ritenute da molti un rilevante motore per l’economia del territorio in questo momento di grande incertezza per il futuro dei giovani”, si legge nel comunicato stampa ufficiale della manifestazione a cura di
Marina Alaimo, perché
Pietro è uno dei rari casi in cui talento e passione si abbinano a una grande attenzione alla comunicazione, gestita in prima persona soprattutto sui social media.
Ma Parisi è soprattutto un cuoco, naturalmente, e il fine ultimo è quello di cucinare, di guardare avanti senza dimenticare le origini, quelle dei nonni contadini, di imparare ciò che per secoli ha funzionato e non ha senso dimenticare, unendovi una grande ricerca e una continua sperimentazione, per metterlo nel piatto. Negli ultimi anni ha trasformato l'attività di famiglia nata come semplice pizzeria (e la pizza è tuttora presente in menu) prima in una curata trattoria, poi in un ristorante moderno e raffinato ma molto “concreto”, andando incontro alle esigenze dei clienti, proponendo la sua linea di cucina senza farsi irretire dalle sirene dell'avanguardia a tutti i costi e delle mode gastronomiche, e senza perdere la sua identità e il legame con le origini.

Oggi la sua cifra sono appunto i piatti della sua terra, ispirati alle antiche tradizioni locali e agli usi – da queste parti non del tutto abbandonati – di una società povera, rurale, che conserva un ché di arcaico che clamorosamente si mostra più attuale che mai. Contadini, allevatori e produttori della zona, dicevamo, sono i suoi “maestri” e compagni di avventura, fonte d'ispirazione più dei libri di cucina o gli stage in ristoranti stellati, anche se
Pietro non è certo uno che sta con le mani in mano a guardarsi il suo orticello. È così per esempio che sono nate la
Parmigiana di melanzane in barattolo (geniale, per la concentrazione di sapori e la comodità di poterla conservare e trasportare comodamente, o di ordinarla bell'e fatta
sul sito) o la “pizza al lievito fujuto” di cui abbiamo parlato in
Identità di pizza 5, a base di un impasto fatto lievitare usando un blend fatto di liquido di filatura della mozzarella e di acqua di governo della stessa.
Pizza che – sotto forma di “montanare”, piccole pizze fritte tipiche dei giorni di festa – sarà appunto proposta durante la festa accanto a molti altri prodotti, ricetti, metodi e tecniche di conservazione degli alimenti che venivano utilizzati in passato (e spesso tuttora) dai contadini: la cottura sotto cenere, appunto, le conserve, i legumi che in queste campagne erano la fonte principale di carboidrati e proteine, i pomodori San Marzano che nascono proprio qui, le papaccelle napoletane, deliziosi peperoni conservati in salamoia o sotto aceto che a Natale sono protagoniste delle tavole napoletane.

Sul Wall Street Journal, grande spazio alla cottura sotto cenere, qui eseguita da Frank McClelland, cuoco dell'Essex (foto Emma Passy)
E ancora, i prodotti di stagione tipici del luogo, dalle noci e nocciole alle
legna sante (ennesima variante dialettale del frutto del diospero, più conosciuto come caco o, in queste zone, loto) ma anche soppressate e pancette realizzate artigianalmente dai macellai della zona o le pizze
chiene (pizze rustiche farcite) e del
vascuotti (ciambelle di pane biscottate, chiamate nel Napoletano
freselle) a opera dei fornai locali locali, a cui si uniranno casari, pastori, sarti, intrecciatori di aglio, carrettieri e altro ancora, testimonianza di antichi lavori quasi scomparsi che oggi possono ritrovare il loro ruolo accanto a quello di cuoco, probabilmente il vero “mestiere più antico del mondo”.
NB: proprio nei giorni scorsi
Pietro Parisi ha avuto problemi di salute e ha dovuto subire un intervento chirurgico, ma è già tornato a coordinare attivamente l'organizzazione della manifestazione. Gli facciamo i migliori auguri di pronta guarigione.