Le radici del concetto di sostenibilità socio-ambientale della Valle di Fiemme sono decisamente retrodatate: risalgono al lontanissimo 1111, anno di fondazione della Magnifica Comunità di Fiemme, il più autorevole organismo alpino di tutela della popolazione stanziale tra le Dolomiti. Non a caso la sede della Magnifica ha ospitato nei giorni scorsi la presentazione dei risultati del bilancio di sostenibilità del Pastificio Felicetti. Con dati assolutamente in piena sintonia con l’impegno dell’azienda fiemmese nella tutela dell’habitat dove opera, nella promozione dei suoi blasonati formati di pasta, tutti confezionati nel più moderno rispetto delle norme ecocompatibili.
I dati sono decisamente positivi.

La sede di Pastificio Felicetti
A partire dal fatto che
Felicetti riduce di 56 tonnellate le emissioni di anidride carbonica confezionando i suoi prodotti con un packging 100% in carta riciclata e riciclabile. Impegno deciso, che consente all’azienda di mantenere la propria posizione tra le 100 società più ecosostenibili selezionate da
Forbes per il nostro Paese. E ancora: da quasi trent’anni, il biologico rappresenta uno dei metodi di lavoro privilegiati dall’azienda, condiviso con una filiera che pratica l’uso responsabile di terreni e risorse. Il pastificio è oggi riconosciuto come uno dei maggiori player italiani di pasta secca biologica, certificata
Ccpb (
Consorzio per il controllo dei prodotti biologici).
Nell’anno in esame, le paste biologiche hanno pesato per il 37% della produzione complessiva a volume, contribuendo al conto economico in maniera consistente, tanto da comporre la voce principale dei ricavi.
Senza tralasciare i rifiuti delle lavorazioni (ridotti del 28% rispetto lo scorso anno) che vengono completamente recuperati senza alcun riscorso allo smaltimento in discarica, utilizzando un biodigestore, trasformando il materiale in biogas e fertilizzanti agricoli.
Ma per
Riccardo Felicetti, ceo del pastificio, il bilancio di sostenibilità non è solo una questione di numeri. «Noi siamo orgogliosi di operare nell’ambito della
Magnifica Comunità di Fiemme, dove il concetto di comunità è in sintonia con vicinanza e vicinato (i capifamiglia dello storico organismo sono chiamati
vicini, tutelati nel diritto di legnatico e nella gestione del territorio,
ndr). Così possiamo rilanciare pure il concetto di
restanza e marginalità intesa non in chiave economica, ma nel sentirsi attori di un margine che diventa centro». E ancora: produrre pasta è proporre cibo in un rapporto intimo. Non dobbiamo solo basarci sui riscontri numerici, ma parlare di scelte, dell’impegno che
Felicetti rilancia con coerenza. Dedizione e scelte coraggiose che hanno portato il brand fiemmese sul mercato internazionale, in oltre 50 Paesi con oltre 35 milioni di chilogrammi di pasta, l’export che sfiora il 60% della produzione annua. Il tutto con impegno e determinazione, coinvolgendo la socialità dei territori, quelli della pasta ma pure del grano e dell’acqua. Perché - ha sottolineato
Riccardo Felicetti - il grano si può opportunamente conservare, ma l’acqua è un beve prezioso, impiegato dove sgorga.
Concetti questi illustrati anche dal professor
Aldo Bonomi, sociologo ed economista, autorevole studioso dell’ecosistema delle "alte quote". «In Valle di Fiemme s’intrecciano tre distinti distretti, quello alpino, il manifatturiero e il turistico. Flussi diversi, che devono interagire: ecco la compatibilità come concetto di comunità» ha insistito il professor
Bonomi. Per esaltare l’anima di un ambito, senza ricorrere alla continua citazione di pratiche
green, con tutti che parlano di ecologia e sostenibilità al punto di... non poterne più.
«Condividere queste riflessioni è un compito che ci siamo dati e che ci appare anche doveroso – commenta
Riccardo Felicetti – Il pastificio, con una popolazione aziendale di quasi 200 persone tra dipendenti e collaboratori prevalentemente residenti nella Valle, è una comunità nella comunità. Il destino di questo territorio ci riguarda profondamente, così come ci accomuna la consapevolezza che responsabilità ambientale e sociale siano un binomio inscindibile. Tutti possiamo fare qualcosa per migliorare il mondo in cui operiamo (piccolo o grande che sia) cominciando con il fare sempre meglio ciò che sappiamo fare, nel rispetto delle persone e dell’ambiente. Ambiente che nel nostro caso sono queste maestose montagne».
Insomma: rafforzare l’identità della produzione per non perdere l’equilibrio. Presidiando - e tutelando - il territorio, per poi spaziare davvero "a tutto campo". Economico, sociale, pure estetico, ma soprattutto etico.