13-07-2023

Orma: lì dove l'emozione lascia il segno

Non siamo in vena di sentimentalismi, ma nel nuovo ristorante di Roy Caceres, a Roma, c'è un'applicazione impercettibile e costante della tecnica, che avvicina l'ospite alla solida consistenza del ricordo...a cominciare dal pane: il nostro racconto

La solida e giovanissima brigata dello chef colomb

La solida e giovanissima brigata dello chef colombiano, saldamente radicato in Italia, Roy Caceres al ristorante Orma, nuova insegna in via Boncompagni a Roma

Orma: è il segno che il corpo imprime inevitabilmente su una superficie, una traccia che racconta i passi compiuti dall’uomo; è una linea che può lasciarti percepire la direzione, senza mai dartene una conferma assoluta, o almeno non prima che il prossimo avanzamento sia compiuto. Seguiamo, fiutiamo e rintracciamo il segno dei passi di Roy Caceres, lo chef di origini colombiane che, questa volta, si ferma in via Boncompagni 31 a Roma, a ridosso del viale alberato che fa angolo con via Piemonte; da fuori, è impercettibile la densità del mondo interiore che si schiude al varcare della grande porta in legno e, scolpita sulla sua pelle, un’impronta: Orma, la nuova apertura di Roy Caceres.

Da sinistra lo chef Roy Caceres assieme a Giovanni Oliveri e Pier Mario Fiengo, i due sous chef di Orma

Da sinistra lo chef Roy Caceres assieme a Giovanni Oliveri e Pier Mario Fiengo, i due sous chef di Orma

Non parleremo del “cuoco ex Metamorfosi” perché il ristorante Metamorfosi, in una certa misura, esiste ancora e rappresenta una fase ben definita della creatività di Roy, un passaggio che qui trova un seguito. E così, quando la famiglia Fiengo, clienti affezionati del vecchio ristorante propone allo chef di lavorare a un progetto insieme e di farlo partire esattamente da lì, da Metamorfosi, Caceres suggerisce una rotta diversa e iniziano a ricercare il quartier generale dove poter inaugurare un futuro totalmente inedito. Viene fuori questo spazio ed è amore a prima vista: un contenitore abbastanza ampio da essere disegnato a immagine e somiglianza di Roy, un amplificatore della sua sensibilità materica; legno, terra, cemento, pietra e rame, elementi in sequenza e la loro nudità che si ammorbidisce per effetto di un’armonia cromatica, leggera e ariosa che riveste gli interni di Orma.

Di questo micro-universo costruito a misura del cuoco e in funzione dell’ospite, proprio quest’ultimo è invitato a scoprirne ogni angolazione perché dal suo ingresso seguirà un percorso che, passando dal salottino del Bar, arriva al pass e, quindi, finalmente al tavolo. Ebbene, in questa rappresentazione autentica che non può, né deve essere comparata a qualsiasi altra realtà italiana, va formandosi il riverbero di una palpabile serenità, un’età dell’oro per Roy che nel corso della sua apparente assenza (pensiamo a Carnal, giostra di sapori dello street food sudamericano) converte la maturità acquisita in energia multiforme; disegna, pensa, viaggia e poi crea con un approccio del tutto naturale perché il principio di ogni piatto, per Caceres, è e sarà sempre l’emozione

Quando tutto ebbe inizio una quindicina di anni fa, tra il 2007 e il 2008, quello della cucina era un mondo che esasperava la tecnica e anche Roy si è lasciato trasportare da quella corrente assimilandola nel profondo. Eppure qualcosa doveva cambiare: la tecnica doveva umanizzarsi, diventare gradualmente uno strumento alleato per riuscire a costruire con fedeltà l’emozione da porgere all’ospite. Ora, non siamo sentimentalisti: siamo concreti e siamo anche coscienti che un piatto senza tecnica spesso non regge, per cui l’unico ricordo che resta molto spesso è l’errore. Al contempo, una portata tecnicamente perfetta non è detto che produca necessariamente stupore e, morale della favola, rimaniamo nel campo asettico degli esercizi di stile.

Alla tavola di Orma, invece, ci si avvicina al cibo perché invitati dalla naturalezza con la quale si presenta, nappato da una semplicità magnetica che, in realtà, incorpora più tecnica di quanto possiamo immaginare. Proponiamo un esempio: il pane.

Pane ai grani antichi siciliani e kaymak alla finocchiella

Pane ai grani antichi siciliani e kaymak alla finocchiella

Il primo che viene presentato è una pagnotta ai grani antichi di Sicilia, servito non con burro ma con kaymak, un prodotto latto-caseario che tanto gli somiglia, molto vicino a una clotted-cream britannica, lavorato con latte di mucche Jersey, proteico, soffice e cremoso, spolverato dalla finocchiella selvatica.

Il Kaymak

Il Kaymak

Il secondo alla vista ricorderà una focaccia nostrana ed effettivamente lo è. Se non fosse che, oltre a una piccola percentuale di grano per favorire la lievitazione, il grande protagonista di questo pane è il mais: viene utilizzata la stessa tipologia scelta per la preparazione dei tacos, poi si aggiunge del mais bianco, piccole perle bianche che intervallano la masticazione e a potenziare la componente aromatica, del mais cotto nella foglia di una pannocchia.

Focaccia di mais come una arepa colombiana

Focaccia di mais come una arepa colombiana

All’esterno, uno strato oro croccante di mais fioretto, ingrediente base delle nostre polente. Al morso ricorda un’arepa colombiana…e non venezuelana, «dal momento che nella nostra cultura - precisa Roy - ne esistono tantissime tipologie, molte di più rispetto al Venezuela». Un connubio tra un lievitato “europeo”, italiano in questo caso – la focaccia – e un sapore unico, sudamericano, di forno, di casa, di strada.

Terzo lievitato, un panino cotto allo spiedo: Roy lo disegna 5 anni fa, subito dopo un viaggio nei Balcani, ma può bastare anche rammentare le strade di Praga o Budapest; nel primo caso pensiamo a un trldo, nel secondo al kutoskalacs; cambia il nome ma la sostanza è la stessa. Un impasto dolce, un cannolo cosparso di zucchero e cannella che cuoce lentamente su uno spiedo.

Quest’immagine viene incubata, il fuoco suggerisce la necessità di creare, preparando qualcosa di simile: non più un dolce, ma il pane: quello di Caceres lievita direttamente su uno stecco di liquirizia, in sospensione (così da evitare che si appiattisca sui lati a contatto con una superficie), un impasto di farina integrale cotto al forno, glassato con miele di castagno e poi passato alla brace.

La focaccia Orma
Ancora panificazione con la Focaccia Orma che nasce dopo un viaggio in Cina dello chef con i suoi ragazzi: proprio come accade in lontano Oriente, le verdure usate come farcia vengono disidratate e reidratate nel proprio liquido di cottura. L'impasto, invece, è glassato con melassa di pomodoro e un battuto di zenzero offre uno spiraglio fresco e piccante

La focaccia Orma
Ancora panificazione con la Focaccia Orma che nasce dopo un viaggio in Cina dello chef con i suoi ragazzi: proprio come accade in lontano Oriente, le verdure usate come farcia vengono disidratate e reidratate nel proprio liquido di cottura. L'impasto, invece, è glassato con melassa di pomodoro e un battuto di zenzero offre uno spiraglio fresco e piccante

Nei piatti la dimensione del viaggio non è la memoria passiva di un assaggio lontano, dal momento che si inserisce pure la rielaborazione di quel ricordo rispetto al luogo in cui si crea, la connessione stabilita tra i sensi di Roy e quel piatto assaporato in un angolo remoto della Terra, la creatività condivisa con i suoi ragazzi che sviluppano la stessa memoria, amplificandola e condensandola in un sapore presente, agile e persistente abbastanza da penetrare, ora, l'immaginario dell'ospite. In più, nel quadro, si inserisce un elemento da non sottovalutare che altro non è che la cucina italiana. Troviamo, infatti, che in questo contesto la cultura gastronomica del Bel Paese ne risulti rinvigorita, ammirabile da una nuova angolazione eppure familiare abbastanza da abilitare l’ospite a trovare nei sapori proposti un appiglio intimo sul palato, che associa personalmente al gusto incontrato.

Burro di canocchie come un midollo, servito nel gambo del carciofo che poggia a sua volta sulle foglie di carciofo bruciate

Burro di canocchie come un midollo, servito nel gambo del carciofo che poggia a sua volta sulle foglie di carciofo bruciate

A noi è capitato con un Burro di canocchie presentato come un midollo servito nel gambo di carciofo, mentre questo viene preparato alla romana sormontato da tuorlo e polpa di ricci di mare. Il riccio condisce il carciofo, il rosso d’uovo lo avvolge, la balsamicità del vegetale persiste, è eloquente, trasuda una tradizione pura e perfetta. Scendendo in Campania, quel finto midollo somiglia tanto nella sua ricchezza alla farcia di un carciofo imbottito, «e la bellezza della nostra cucina è proprio questo - conferma Roy -: ognuno riuscirà a vedere ciò che vuole nei piatti, offriamo questa libertà».

Il Carciofo con ricci e tuorlo

Il Carciofo con ricci e tuorlo

Fino a una visione, a una sensazione univoche: il mare, la salsedine, la concentrazione assoluta dell’ostrica. «L’intenzione è stata quella di creare un’esplosione d’ostrica in bocca, quindi abbiamo lavorato non solo su una parte cremosa e avvolgente, non eccessivamente fredda - così da concentrare il sapore -, ma anche su un’emulsione di ostrica con solo olio di vinacciolo (un sapore neutro che non altera il gusto) e, infine, abbiamo portato anche la consistenza del mollusco tritandolo grossolanamente, così da poterlo riconoscere ancora di più, sentirlo di più».

Raviolo ostrica | peperoncino, dragoncello e fave
L’impasto del raviolo segue la lavorazione utilizzata nella cucina orientale per la preparazione dei noodles, del ramen o dei dim sum. La caratteristica dominante è quella setosità esterna che la pasta mantiene in cottura e una particolare elasticità. Tecnicamente il risultato deriva dall’aggiunta di una parte alcalina o acida ( qui, carbonato di calcio) all’impasto base di acqua calda e farina. Così viene potenziato lo sviluppo del glutine e la pasta diventa viscosa e tenace al morso

Raviolo ostrica | peperoncino, dragoncello e fave
L’impasto del raviolo segue la lavorazione utilizzata nella cucina orientale per la preparazione dei noodles, del ramen o dei dim sum. La caratteristica dominante è quella setosità esterna che la pasta mantiene in cottura e una particolare elasticità. Tecnicamente il risultato deriva dall’aggiunta di una parte alcalina o acida ( qui, carbonato di calcio) all’impasto base di acqua calda e farina. Così viene potenziato lo sviluppo del glutine e la pasta diventa viscosa e tenace al morso

Noi questi dettagli li abbiamo lasciati scorrere sul palato, travolto dall’onda marina e dalla sua potenza. Era solo un raviolo di pasta, ma dentro quel moto risuona ancora. Ed è proprio questa la forza di Orma: disegnare il sapore con vitalità, lasciando che scavi un'impronta nella memoria gustativa, emozionando attarverso intensità rare, attraverso un cibo che tocca le corde più intime dell'io, annullandolo difronte alla nitidezza delle immagini che, dentro, vanno componendosi. 

Orma ha già lasciato il segno.

 

E ora la nostra fotogallery per conoscere più da vicino il mondo di Orma

La sala di Orma, la cui leggerezza non va a ricreare le barriere che intorno sono state abbattute. Un servizio empatico ed efficace, morbido e poco invasivo: i protagonisti sono Simone De Florio, responsabile di sala e il sommelier Matteo De Paoli 

La sala di Orma, la cui leggerezza non va a ricreare le barriere che intorno sono state abbattute. Un servizio empatico ed efficace, morbido e poco invasivo: i protagonisti sono Simone De Florio, responsabile di sala e il sommelier Matteo De Paoli 

Con l'arrivo dell'estate il ristorante Orma ha inaugurato anche la sua terrazza nel cuore di Roma, perfetta per un pranzo all’aria aperta o per sorseggiare un aperitivo al calar del sole. Qui sarà disponibile l'offerta bistrot pensata dallo chef con piatti freschi e stagionali, con un omaggio alla cucina italiana e mediterranea. La parte Bar curata da Marco Favorito, invece, proporrà cocktail e snack da abbinare dalle 18 fino alle 20 

Orari: 12:30 - 14:00 // 19:30 - 22:00
Giorno di chiusura: domenica e lunedì

Con l'arrivo dell'estate il ristorante Orma ha inaugurato anche la sua terrazza nel cuore di Roma, perfetta per un pranzo all’aria aperta o per sorseggiare un aperitivo al calar del sole. Qui sarà disponibile l'offerta bistrot pensata dallo chef con piatti freschi e stagionali, con un omaggio alla cucina italiana e mediterranea. La parte Bar curata da Marco Favorito, invece, proporrà cocktail e snack da abbinare dalle 18 fino alle 20 

Orari: 12:30 - 14:00 // 19:30 - 22:00
Giorno di chiusura: domenica e lunedì

Bignè con ganache di mole

Bignè con ganache di mole

Cestino di mandorla con battuto di funghi, emulsione di funghi e anice - tra gli assaggi di benvenuto

Cestino di mandorla con battuto di funghi, emulsione di funghi e anice - tra gli assaggi di benvenuto

Indivia, mandorle, albicocca e olive 
Ritroviamo l'albicocca nel fondo che riveste l'indivia belga, per cui una volta arrostita alla brace, viene passata all'estrattore; il suo sapore così concentrato si alterna a quello di un caffè di pomodoro che, tostato (come accadrebbe con i chicchi in una torrefazione), è ridotto in polvere. A farcire l'indivia, invece, una morbida maionese alla mandorla e olive taggiasche

Indivia, mandorle, albicocca e olive 
Ritroviamo l'albicocca nel fondo che riveste l'indivia belga, per cui una volta arrostita alla brace, viene passata all'estrattore; il suo sapore così concentrato si alterna a quello di un caffè di pomodoro che, tostato (come accadrebbe con i chicchi in una torrefazione), è ridotto in polvere. A farcire l'indivia, invece, una morbida maionese alla mandorla e olive taggiasche

Trippa di calamaro
Il calamaro viene lavorato come una trippa alla romana e ne ricalca la consistenza; viene poi condito con del sugo ai peperoni, simile a quello che accompagna il classico pollo alla romana, a cui viene aggiunto del grasso del maiale che dà sostanza, mentre a bilanciare, olio al sedano, sedano fresco, mentuccia e una spruzzata di distillato allo zenzero

Trippa di calamaro
Il calamaro viene lavorato come una trippa alla romana e ne ricalca la consistenza; viene poi condito con del sugo ai peperoni, simile a quello che accompagna il classico pollo alla romana, a cui viene aggiunto del grasso del maiale che dà sostanza, mentre a bilanciare, olio al sedano, sedano fresco, mentuccia e una spruzzata di distillato allo zenzero

Spaghetto al latte di pinoli
La sapidità dell'acciuga va in contrasto con il dolce e il grasso del latte di pinoli, poi scarola croccante, uvetta e a chiudere il piatto un distillato di limoni di Sorrento

Spaghetto al latte di pinoli
La sapidità dell'acciuga va in contrasto con il dolce e il grasso del latte di pinoli, poi scarola croccante, uvetta e a chiudere il piatto un distillato di limoni di Sorrento

Pecora | yogurt affumicato e lentisco
La pecora allevata in Abruzzo, ad Avezzano, mantiene un profumo selvatico, ma delicato, non aggressivo; è una carne grassa che viene lasciata maturare tra i 15/30 giorni in cera d’api così da "ripulirla"; viene servita al naturale, avvolta da una foglia di lattuga e accompagnata da yogurt affumicato e olio al lentisco

 

Pecora | yogurt affumicato e lentisco
La pecora allevata in Abruzzo, ad Avezzano, mantiene un profumo selvatico, ma delicato, non aggressivo; è una carne grassa che viene lasciata maturare tra i 15/30 giorni in cera d’api così da "ripulirla"; viene servita al naturale, avvolta da una foglia di lattuga e accompagnata da yogurt affumicato e olio al lentisco

 

Platano
Un dessert di contrasto che gioca sull’acidità e sulla componente erbacea, ma soprattutto sui diversi stadi di maturazione del platano. A partire dalla fase in cui è ancora verde, acerbo, ricco di amidi che, maturando, si trasformano in zuccheri rendendo il frutto dolcissimo. Nel dessert sono presenti entrambi gli stadi: la parte verde è stata utilizzata per creare le cialde: le fettine amidose si attaccano naturalmente l’una all’altra e vengono cotte fino a diventare croccanti. La parte matura (estremizzata dai colombiani che apprezzano il frutto quando diventa nero, anche rivestito da una muffa nobile) viene cotta alla brace e la purea ottenuta diventa la base di una namelaka. Nel cuore, gel di mirtillo idratato nell’aceto, kefir di bufala e, inaspettato, il piccante della rucola che si lega alla lunghezza fresca del pepe rosa

Platano
Un dessert di contrasto che gioca sull’acidità e sulla componente erbacea, ma soprattutto sui diversi stadi di maturazione del platano. A partire dalla fase in cui è ancora verde, acerbo, ricco di amidi che, maturando, si trasformano in zuccheri rendendo il frutto dolcissimo. Nel dessert sono presenti entrambi gli stadi: la parte verde è stata utilizzata per creare le cialde: le fettine amidose si attaccano naturalmente l’una all’altra e vengono cotte fino a diventare croccanti. La parte matura (estremizzata dai colombiani che apprezzano il frutto quando diventa nero, anche rivestito da una muffa nobile) viene cotta alla brace e la purea ottenuta diventa la base di una namelaka. Nel cuore, gel di mirtillo idratato nell’aceto, kefir di bufala e, inaspettato, il piccante della rucola che si lega alla lunghezza fresca del pepe rosa

 


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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