17-11-2021

TheFork Restaurants Awards 2021: il racconto dei finalisti – Seconda parte

La ristorazione romana è stata protagonista delle nuove aperture in tempi di pandemia. Le voci di Cristiano Piccirillo dell’Antica Friggitoria La Masardona di Roma, Nicolò Cini e Luca De Marco di Aromaticus, Sara Scarsella e Matteo Compagnucci di Sintesi

La chef Sara Scarsella tra i finalisti del TheFo

La chef Sara Scarsella tra i finalisti del TheFork Restaurants Awards 2021

La capitale ha continuato ad essere centro focale di energia creativa e di nuove aperture, anche in tempi di pandemia. Unatendenza fotografata con precisione dai TheFork Restaurants Awards 2021, che ha visto ben 4 finalisti nominati dai 80 Top Chef italiani in collaborazione con Identità Golose. Oggi ve ne presentiamo tre e vi raccontiamo il loro percorso di resistenza e rinascita.

Cristiano Piccirillo, chef dell’Antica Friggitoria La Masardona di Roma

Impossibile non farsi conquistare dal sorriso e dall’energia di Cristiano Piccirillo, erede di una famiglia che ha fatto della Pizza fritta di altissima qualità una missione. Il suo senso di appartenenza è inciso sulla pelle, nel tatuaggio che rappresenta le coordinate geografiche della Masardona.  

«Ho la fortuna di nascere in una famiglia molto unita e così ho cercato di emulare i miei genitori – dice Cristiano Piccirillo -. Mio padre non mi ha mai chiesto di lavorare con lui, ma semplicemente stando al suo fianco e vendendo la sua passione e la sua gioia, mi ha ispirato. Mi ha trasmesso, in modo naturale, la sua passione». Un esempio che, Cristiano, ha fatto “evolvere” seguendo le sue attitudini personali.

Lo chef Cristiano Piccirillo mostra il tatuaggio con le coordinate geografiche de l'Antica Friggitoria La Masardona 

Lo chef Cristiano Piccirillo mostra il tatuaggio con le coordinate geografiche de l'Antica Friggitoria La Masardona 

«Mio padre è stato il pioniere della pizza fritta e io, fin da piccolo, ho deciso di lasciare un segno simile, ma diverso. Volevo metterci del mio e dare con qualcosa in più. Così mi sono laureato in Lingue e Culture moderne, ho viaggiato molto e ho studiato, proprio perché ho capito l’importanza della comunicazione. Il mio percorso di studi è, però, sempre stato funzionale al lavoro: non solo teoria, ma anche “pratica” in cucina. Il segreto oggi è infatti la polivalenza, unita a un grande spirito di sacrificio: io faccio tutto, dall’impasto della pizza, fino al girare per i tavoli per parlare con i clienti. Bisogna essere imprenditori a tutto tondo».

Nella sua testa, un mantra: «La fortuna è vincere al Superenalotto, il successo invece si conquista solo con i fallimenti e i sacrifici e le rinunce».

«Durante la pandemia mi ripetevo la frase che diceva sempre papà: “Il marinaio vero si vede durante la tempesta, non col mare calmo”. E noi abbiamo dato tutto durante la pandemia. Abbiano aperto a settembre e dopo 2 mesi di sold out, ci hanno chiuso. Con forza e impegno, abbiamo continuato con asporto e delivery. La risposta del pubblico è stata fantastica. Siamo stati tra le poche - se non l’unica - pizzeria nel centro storico di Roma che non ha mai chiuso».

L'Antica Friggitoria La Masardona di Roma

L'Antica Friggitoria La Masardona di Roma

Carattere forte e una sicurezza da leader. «Io punto soprattutto su me stesso, me la sono cavato da solo nei momenti difficili – dice il giovane Piccirillo-. Ho capito che dovevo essere io il punto di riferimento del mio team. La forza della Masardona è che siamo proprio noi Piccirillo, a fare le pizze con le nostre mani. Non siamo un franchising. E questo non è scontato. Per noi la qualità, la storia, la tradizione vengono al primo posto e ancor prima del fatturato. Il nostro prodotto è storico ed è bello che venga fatto, con continuità, dai componenti della nostra famiglia proprio dalle nostre mani».

Insomma, la pandemia non l’ha certo schiacciato, ma l’ha reso un imprenditore più forte e consapevole. «Bisogna essere sempre fiduciosi, mai lamentarsi! – conclude con entusiasmo Cristiano -. Anche quando è tutto nero devi dare tutto te stesso e comunque sarai a posto con la coscienza. Lavorare ogni giorno come se fosse l’ultimo, concentrarsi sul presente e dare il massimo. Solo così non ci sono rimpianti. Questo è il mio stile di vita e di lavoro».

Lo chef Nicolò Cini e il patron Luca De Marco di Aromaticus Trastevere, Roma

Se la sostenibilità in cucina è la parola chiave degli ultimi anni, loro ne hanno fatto un punto fondamentale “in tempi non sospetti”.

«L’attuale Aromaticus è l’evoluzione del mio precedente locale, in cui facevo anche da chef – spiega il patron Luca De Marco-. Ora mi occupo della gestione e della sala, e ho affidato la cucina a Niccolò Cini. Abbiamo aperto nella seconda metà del 2019, 4 mesi prima della “bomba”. Il nostro Pianeta soffre da tempo e per noi la sostenibilità è da sempre il fulcro identificativo della nostra attività. La pandemia stessa è stata un tristissimo segnale che non abbiamo rispettato la nostra Madre Terra come si meritava. Questi momenti difficili ci hanno fatto capire, ancora di più, che la strada che stavamo tracciando era giusta. La ristorazione ha una responsabilità culturale nella formazione dei modi di consumo e dei palati del futuro. Parliamo di numeri: noi serviamo più di 3000 pasti al mese. 36000 all’anno. Se tutti insieme lavorassimo sulla sostenibilità potremmo davvero fare la differenza».

Luca De Marco patron di Aromaticus a Trastevere, Roma

Luca De Marco patron di Aromaticus a Trastevere, Roma

Convinzione, ma senza dogmi o inutili rigidità. «Noi siamo per lo più un ristorante vegetariano e vegano, ma usiamo anche il pesce, quando è sostenibile – spiega De Marco -. Non siamo rigidi e al 60% la nostra clientela è onnivora. Non ci richiudiamo in nomenclature, non amiamo i paletti. Inoltre bisogna notare che la coscienza è cambiata. Oggi si dice “andiamo a mangiare vegano”, come una volta si diceva andiamo mangiare cinese, messicano, oppure la pizza. Siamo in 7 miliardi sul pianeta e non possiamo mangiare tutti carne. È un dato di fatto. Come ristoratori, noi di Aromaticus sentiamo una responsabilità concreta nella quantità di carne e pesce risparmiati in base ai pasti che serviamo ogni mese. Con il nostro lavoro, dimostriamo in concreto che si può mangiare bene plant-based».

«Da sempre giochiamo con l’urban gardening, coltiviamo funghi e spore, facciamo esperimenti di fermentazione e vendiamo semi e piante aromatiche – continua De Marco. È la parte più leggera e divertente del nostro lavoro. Il nostro modo di raccontare che c’è tanta vita in un boccone. Raccontiamo al pubblico che, prima di essere cucinato, il boccone era un seme che - con l’amore, tanta acqua e sole - è diventato un ingrediente del piatto. Ogni erba, frutto o verdura è il risultato di lavoro. Solo facendo capire il percorso che porta al cibo che si mette in bocca, si potrà valorizzarlo davvero».

Tante le idee anche per sopravvivere in tempo di lockdown. «La pandemia è stato un momento di sofferenza ma non c’era possibilità di marcia indietro – spiegano De Marco e Cini -. Si poteva solo andare dritto e cercare di far quadrare i conti. Abbiamo creato un sito di vendite online, ci siamo messi a fare conserve, sottolio, barattoli di fermentati, come linea parallela al take away.  Abbiamo creato una simpatica box di ingredienti già pesati: ci siamo messi nei panni di chi, purtroppo, aveva fin troppo tempo da passare a casa. Abbiamo svelato alcune nostre ricette perché potessero essere riprodotte per un pranzo o una cena in famiglia».

Il risultato? «Ne siamo usciti più forti e abbiamo centrato l’obiettivo di fidelizzare i clienti – concludono -. Il quartiere di Trastevere ci è stato vicino con tanti moti di generosità. Durante la pandemia abbiamo rinnovato i contratti di ogni dipendente, non abbiamo lasciato indietro nessuno e questa testardaggine ci ha ripagato. Ora si inizia a vedere la luce. Ma forse la pandemia ha velocizzato una serie di processi, ad esempio è ripartito il commercio locale e di quartiere. Siamo ritornati a un rapporto più personale tra cliente e ristoratore. Il ristorante è tornato al centro come punto di incontro e luogo di rapporti umani. Le parole chiave oggi sono sostenibilità e senso di responsabilità. Dobbiamo ascoltare i segnali del nostro pianeta. E, ripeto, i ristoratori hanno una grande responsabilità reale e culturale. Restiamo uniti».

 

Sara Scarsella e Matteo Compagnucci, chef e patron di Sintesi, Ariccia (Roma)

Un’altra storia di successo è quella di Sintesi ad Ariccia, ristorante che nasce dall’amore di

Sara Scarsella e Matteo Compagnucci, compagni nella vita e nel lavoro. Qui lo spirito di squadra è stata la chiave di volta per lasciarsi i momenti più difficili alle spalle. «La mia passione nasce da casa e dall’esempio di mia mamma e mia nonna – racconta Sara Scarsella -. Mi è sempre piaciuto il momento positivo e di gioia che si crea intorno alla tavola. Anche durante l’università, ero sempre io a cucinare per tutti. Far diventare l’hobby un lavoro, è stato un processo naturale e spontaneo. È bellissimo portare la gioia attraverso un pasto, il buon cibo ti cambia la giornata».

Dalla passione al mettersi in gioco come imprenditrice, insieme al compagno chef Matteo Compagnucci, è stato breve.

Matteo Compagnucci, chef e patron di Sintesi, Ariccia (Roma)

Matteo Compagnucci, chef e patron di Sintesi, Ariccia (Roma)

«Sintesi nasce nel 1 marzo 2020, a pochissimi giorni dalla pandemia – spiega Sara . In realtà è stato positivo per noi riuscire ad aprire, seppur in un momento così difficile: abbiamo rischiato di restare fermi del tutto! Sarebbe stato ancora peggio. Noi partivamo da zero, non avevamo una clientela fidelizzata, quindi la paura è stata grande. Ci siamo dovuti cercare i clienti durante il lockdown. E noi siamo riusciti a farci vedere in un momento di buio! La nostra forza è stata quella di essere in tre. Io e Matteo, uniti in cucina e mia sorella in sala, sommelier che si è anche “reinventata” responsabile delle consegne. Ci siamo fatti forza a vicenda!».

Gli chef Sara Scarsella e Matteo Compagnucci - Foto: Andrea Di Lorenzo

Gli chef Sara Scarsella e Matteo Compagnucci - Foto: Andrea Di Lorenzo

«L’apertura di una attività comporta un investimento importante, e così ci siamo detti, “dobbiamo andare avanti in qualsiasi modo” – le fa eco Matteo -.Abbiamo iniziato a fare il delivery, come a dire  “Siamo appena nati, ma ci siamo”. Nasce così Sintesi at home, servizio che punta sulla cucina asiatica, su dolci e panificiazioni, più facili da gestire in fase di trasporto. C’è stato grande entusiasmo per dumpling, bao, noodles, pane artigianale e grandi lievitati. Abbiamo venduto ben 300 panettoni che ci hanno permesso di lavorare bene anche sotto Natale quando eravamo chiusi. Abbiamo alzato le serrande, giorno dopo giorno, anche se c’era una sola consegna da fare. Ci siamo buttati, abbiamo seguito con gioia le richieste del cliente».

Sintesi ad Ariccia (Roma)

Sintesi ad Ariccia (Roma)

«Ora va molto bene – confessa Sara con un sorriso-. Abbiamo dato un segnale di forza durante il lockdown. La costanza ci sta ripagando anche adesso che abbiamo riaperto.  Si è creato un rapporto personale ed è…bellissimo! I clienti ci scrivono spesso e ci chiedono “Ragazzi, come state?”. Insomma, ci abbiamo messo la faccia e abbiamo vinto. Il mio messaggio è che davvero la squadra fa la forza».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Annalisa Leopolda Cavaleri

giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore

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