Essere considerati una sorpresa, un talento emergente, una promessa, non è mai una cosa facile. E’ facile invece farsi assalire dai dubbi, dalle insicurezze, soffrire la pressione, perdere di vista le proprie idee e le proprie capacità.
Al “Gippo” però non sembra che queste cose possano succedere. Alberto Gipponi, per amici e colleghi “Gippo”, è chef e patron del ristorante Dina, a Gussago, a pochi km da Brescia. Premiato come “sorpresa dell’anno” (appunto) dalla Guida di Identità Golose 2019, e non soltanto da quella.
Di cose su di lui ne sono state scritte in questi mesi, in particolare da quando un articolo di Carlo Passera, a marzo 2018, lo ha fatto conoscere a molti. Ma nelle parole e nei comportamenti di Alberto Gipponi si coglie molto chiaramente che c’è una spinta, una motivazione, un’urgenza che gli arriva da dentro, totalmente autoprodotta e per nulla influenzata da quanto accade intorno a lui.

Alberto Gipponi con la moglie Angela e i due figli, in uno scatto di Brambilla - Serrani per il Congresso di Identità Golose
Siamo stati a trovarlo a pochi giorni dalla riapertura dopo la pausa estiva e ci siamo trovati di fronte un cuoco entusiasta, frenetico e in gran forma. «Il 2020 sento che sarà per me un anno di passaggio molto importante - ci ha raccontato - e penso di essere nelle condizioni migliori per sfruttare questo momento: in cucina, come in sala, si è creato un affiatamento prezioso, raro».
In sala, ad esempio, è arrivato da poche settimane un professionista di grande esperienza, a prendere il ruolo di maître: si tratta di Pino Cesario, per sette anni nella squadra di quell’Osteria Francescana che, come ormai sapranno tutti, è stata un passaggio fondamentale per la crescita di Gipponi. La presenza di Cesario in sala è misurata, mai eccessiva, in un riuscito equilibrio tra formalità e affabile ironia, capace di mettere a proprio agio ogni genere di cliente.
Al suo fianco Alessandro Lollo, un sommelier sollecito, discreto, attento e capace di ottimi guizzi nel percorso di abbinamento: affronta con coraggio e intelligenza il non facile compito di assecondare con i vini le scelte talvolta estreme del suo chef.
Già perché se della cucina di
Dina si è parlato molto, è anche perché talvolta i piatti di
Alberto Gipponi hanno spiazzato: essere rassicurante gli interessa relativamente, mentre la ricerca della purezza (e quindi anche dell’intensità senza mediazione) dei sapori lo appassiona incredibilmente. Ecco allora che quando proviamo uno dei suoi nuovi piatti, mentre nello sguardo dello chef brilla la soddisfazione di proporcelo, veniamo invasi da un amaro assoluto.
Uno spaghetto, chiamato Pasta Erbe, servito con un estratto, concentrato e potente, di cicoria, principalmente, e alloro. Essenziale, diretto, appuntito. E quando sorridendo gli facciamo i complimenti, ma azzardando che un elemento che arrotondi gli spigoli potrebbe starci, Gipponi ride. E dopo poco si ripresenta con lo stesso piatto, a cui è stato aggiunto del Bagoss e poco limone. Questa seconda versione è quella “completa”, e non è che allo chef non piaccia: ma la sua ispirazione lo tira in una direzione diversa, a cercare e proporre la purezza della materia prima, da studiare, esplorare, celebrare.
Anche sbagliando, quando capita. Il tema dell’errore, dell’imperfezione, è altrettanto importante per Alberto Gipponi. Lo aveva già ampiamente raccontato nella sua lezione al Congresso di Identità Golose (qui la cronaca di Carlo Passera): la tensione che a volte si percepisce nei ristoranti gastronomici va assolutamente ridimensionata. I piatti perfetti non esistono e e quando ne esce uno sbagliato, che può sempre succedere, non può rovinare un’intera cena.
E qui nell’ispirazione del nuovo menu di
Dina entra anche la musica.
Gipponi la conosce bene, è stato musicista per diverso tempo, nella vita vissuta prima di essere folgorato dalla cucina. Oggi il parallelo con la musica gli serve anche a esprimere meglio questo concetto: «Se vai a vedere un concerto, succederà che chi è sul palco faccia una canzone che non ti piace, che non risponde esattamente ai tuoi gusti. Poi però ce ne saranno dieci che ti fanno impazzire. E cinque che ti piacciono abbastanza. Uscendo dirai che è stato un bel concerto. Invece sempre più persone, se trovano un piatto in un menu degustazione che non va incontro ai loro gusti, si fanno rovinare la serata: non è giusto».
Tutti i miei sbagli, allora, non è solo una canzone dei Subsonica. Ma è anche un piatto del nuovo menu di Dina, un piccolo assaggio iniziale. In cui in un foglio di obulato si devono avvolgere a mano yuzu e olio di sesamo. «In quella carta accartocciata ci stanno tutti quei piatti che hanno saputo “difendermi e farmi male”, i più controversi, quelli che alcuni ospiti hanno amato alla follia e altri odiato. Ma esistono davvero piatti “sbagliati” in assoluto?», racconta e chiede Gipponi. Che motiva la scelta dei due ingredienti del “ripieno” spiegandoci che sono correttori, elementi che possono venire in soccorso quando il bilanciamento dei sapori in una ricetta non è quello che dovrebbe essere.
Idee, concatenazioni continue. E’ difficile ascoltare
Alberto Gipponi parlare dei suoi progetti senza perdersi periodicamente: «Fermati Gippo, riparti da due passaggi fa». La sua ricerca però non ha intenzione di fermarsi: lo studio, intanto. Per quanto si dimostra creativo e contemporaneo nelle sue scelte, lo chef di
Dina è almeno altrettanto un fanatico ricercatore di ricette della storia della cucina. «È il regalo che ci ha fatto chi è venuto prima di noi:
Escoffier, per esempio, propone 186 diverse ricette sulla sogliola», raccontava qualche mese fa dal palco del nostro Congresso.
Presentando, tra le altre cose, uno dei piatti che gli stanno più a cuore, tra quelli di recente inserimento. Una Sogliola, pollo e limone: «La canzone che ho abbinato a questo piatto è “Ed il tempo crea eroi” di Vasco Rossi. Una ospite di Dina un giorno mi ha detto che per lei ero questa canzone. Poi mi ha chiesto quale piatto mi rappresentasse di più: io risponderei sempre il prossimo, ma se dovessi proprio scegliere ora direi questo piatto, tra una grigliata di pesce e uno spiedo, con questa crema di ossa di pollo al limone, da mangiare preferibilmente con le mani».
I nostri innamoramenti, le nostre canzoni preferite in una scaletta decisamente da applausi, invece sono stati, tra gli altri,
Toxicity (citazione dei
System of a Down), un piatto dalla consistenza piuttosto liquida, con alga kombu, semi di girasole, funghi, lumache, senape, prezzemolo. Il nome gioca con la presenza di ingredienti che, in certe dosi, possono diventare tossici, l’amalgama dei sapori è invece mirabile, sorprendente e di grande profondità.
E poi gli
Gnocchi di lievito madre (qui la canzone è "Overture 1928" dei
Dream Theater), serviti semplicemente in una zuppetta di brodo di pesce, levistico e soia. Un piatto fresco, di grande piacevolezza, grazie alla consistenza molto gradevole di gnocchi nati...per caso, per la voglia di sperimentare che anima
Gipponi. «Un giorno, mentre rinfrescavo il lievito madre, mi chiedevo che cosa potessi farci con gli scarti di quel procedimento quotidiano. Ho provato a farci degli gnocchi, eccoli qua». Applausi.
Ma bisognerebbe citare anche una deliziosa
Animella, con due salse, di finocchietto e arancia, di grande raffinatezza. Merito di
Gian Nicola Mula, sous chef di
Dina, che ha riletto un piatto dell’anno scorso riuscendo a cambiarne l’essenza. O una
Terrina di coscia d’anatra, cotta nel brodo di cipolla, accompagnata da un biscotto al rosmarino, una crema di fegatini e una di ciliegia...proposta deliziosa e golosissima, che in una giravolta mostra la grande tecnica “classica” di uno chef che qualcuno superficialmente potrebbe giudicare solo un irrequieto creativo.

Terrina di coscia d'anatra
C’è invece tanta sostanza, e un bagaglio di conoscenze in costante crescita, in
Alberto Gipponi. Che smania, anche adesso: nei suoi progetti, tra le altre cose, quello più ambizioso lo vede prendersi qualche settimana di pausa, magari la prossima estate, per dedicarsi a un laboratorio di sperimentazione e ricerca che coinvolga molte persone diverse tra loro, chiamate a collaborare partendo ognuna dalle proprie competenze.
Più prossimo, invece, l’inserimento, già testato negli ultimi giorni (dopo la nostra visita), di un percorso di abbinamento al menu...senza abbinamento. Che giochi sui profumi, sulle percezioni olfattive, invece che sul classico accostamento di un vino a un piatto. «Se riusciamo a svilupparlo come vogliamo, sarà una bomba». Nel nome di una costante evoluzione. Bravo Gippo, non ti fermare.
Dina
via Santa Croce, 1
Gussago (Brescia)
+39 030 2523051
Chiuso sempre a pranzo, e l'intera domenica
Menu degustazione 63, 72, 95 euro