L’Emilia Romagna è terra di pasta fresca, culla di una tradizione culinaria generosa che conforta e appaga. Non a caso, da ben 4 decenni, il piatto iconico del ristorante San Domenico di Imola, due stelle Michelin, è l’Uovo in Raviolo. Elementi classici: una sfoglia di pasta all’uovo e il ripieno di ricotta e spinaci scivolano nell’innovazione "geniale e incredibile" (virgolettato di un certo Nino Bergese) di nascondere tra due veli di pasta il cuore liquido di un tuorlo. A coronare il tutto, una spuma di burro nocciola che in un’aria caramellata lega il tartufo al parmigiano.
Sorprende piacevolmente, allora, la possibilità di trovare nel menu degustazione del San Domenico anche una pasta secca, propriamente lo Spaghetto, in una versione che punta all’essenzialità degli ingredienti: scampo (o gambero) e piselli. Sono queste, infatti, le componenti principali che hanno condito l’appuntamento di Identità di Pasta presentato da Eleonora Cozzella, occasione d’incontro tra l’impeccabile qualità del Pastificio Felicetti e lo chef Massimiliano Mascia, erede e custode dei sapori dello storico ristorante imolese.
Freschissimi, i piselli più grandi diventano la base della crema che avvolge la pasta, un’emulsione a base di zucchero (la quantità varia a seconda della dolcezza conferita dalla stagionalità al pisello), sale, olio extravergine d'oliva e ghiaccio mentre i piselli più piccoli, sbiancati per una manciata di secondi, rimangono intatti come perle. Gli Spaghettoni Monograno Felicetti Matt, varietà scelta per i profumi assorbiti dal territorio di maturazione del grano, non andranno saltati, ma direttamente scolati e amalgamati alla crema a cui i germogli aggiungono una nota erbacea; infine, la sapidità è racchiusa nella spinta delicata del parmigiano reggiano e soprattutto da una tartare di scampo condita con un filo d’olio evo e il sale dolce di Cervia.

Eleonora Cozzella e Massimiliano Mascia
Il risultato è un piatto profumatissimo, dal sapore rotondo ed equilibrato: la pasta resta in primo piano, diventando un elemento fondamentale dell’imperativo dominante del
less is more, come dimostra la scelta di fare a meno delle zeste di lime previste inizialmente in versione originaria. Una nota agrumaria sia al naso sia all’assaggio potrebbe invece essere restituita, su prezioso suggerimento di
Cinzia Benzi, psicologa ed esperta sommelier, da un
Vespaiolo Bianco di Breganze nella versione secca, un vino che si abbina alla dolcezza del pisello, contrastata in maniera sapiente e leggera dal parmigiano.
Poco è meglio vale anche perché, se prima una cucina molto più ricca consentiva di nascondere le imperfezioni di una pietanza sotto strati e strati di salse e intingoli, oggi, come suggerisce lo stesso chef Mascia, l’uso di pochi ingredienti esige che tutto debba essere perfetto. È una filosofia che fa eco anche nella realizzazione di un Monograno: la scelta di non affidarsi a mix di miscele, ma di puntare su un’unica varietà, fa sì che le oscillazioni dettate dal sole, dalla temperatura climatica, dalla differenza genetica del grano restituiscano unicità di anno in anno a un prodotto che fa della sua diversità, ricchezza.
Interessante la riflessione dello chef a proposito della relazione pasto e... pasta: nel suo ristorante, infatti, risulta che gli ospiti tendano a optare per un primo a base di pasta secca a pranzo piuttosto che a cena dove, invece, si preferisce quella fresca. Una scelta ‘quasi morale’ pur di trovarsi al cospetto di Sua Maestà il Raviolo!
E quando ci si chiede perché mettere tanta cura e impegno in un piatto di spaghetti o di qualsiasi altro formato secco nell’Olimpo della pasta lavorata a mano, la risposta chiara e naturale è che
San Domenico non esprime solo una cucina ancorata alla sua realtà territoriale e al suo valore storico, ma è anche fautore dell’arte culinaria dell’Italia tutta.