31-07-2024
Foto da Extrapola
C’era una volta un mondo distinto per lo più in anziani, adulti, giovani e bambini. Grosso modo, a ciascuna di queste fasce d’età corrispondevano abitudini alimentari (e non) piuttosto prevedibili, senza necessità di particolari slanci interpretativi. Il mondo, cibo compreso, appariva per quello che era: puro nutrimento, piacere, un generatore naturale di convivialità. Fino a quando qualcosa cambia e iniziano a subentrare ulteriori sottocategorie relative ancora all'età, certo, ma anche agli effetti della digitalizzazione su questa e all’incidenza della stessa nella quotidianità. Dunque, non si ragiona più in termini di giovani e meno giovani, ma di boomers, gen x, millennials fino alla galassia più sfidante tra tutte queste, la più fresca e complessa, vale a dire la generazione z.
La Gen Z è nata tra il 2012 e il 1997: parliamo quindi di adolescenti e giovani adulti ancora in formazione o che si stanno affacciando ora al mondo del lavoro; ragazzi cresciuti con una "doppia identità", una fisica e una digitale e che hanno elaborato un “filtro” attraverso il quale guardano e giudicano il mondo reale. Ma che rapporto ha la Gen Z con il cibo oggi?
Lo abbiamo chiesto a Cecilia Nostro, fondatrice di Zelo, una community il cui scopo è quello di aiutare le aziende a reinventare il proprio marketing mix per fare colpo sulle nuove generazioni. Anima del ricercatore e mani del consulente, specializzato in Gen Z: recita così il claim di Zelo che, basandosi su metodi di validazione sia quantitativi, che qualitativi, riesce a delineare su larga scala il sentimento comune di questa generazione, e lo fa anche in merito alle abitudini alimentari e alla percezione del cibo in senso lato.
Le "Ricerche sincere" condotte da Zelo cominciano con un simposio durante il quale si ascoltano i ragazzi in maniera informale e con un approccio investigativo si cercano i migliori spunti
«Mi dispiace dover cominciare in maniera così drastica, ma il rapporto che la Gen Z ha con il cibo è davvero pessimo e non sempre è una loro colpa» esordisce Cecilia. Il cibo, infatti, è per questi ragazzi un’enorme fonte di stress e i motivi possono essere diversi. Basti pensare, intanto, alla pubblicità sui social: un attimo prima, ecco passare tra le stories un hamburger godurioso, da azzannare senza pensarci su e, subito dopo, un’imperdibile offerta per il prossimo abbonamento in palestra.
«La Gen Z è abituata a ricevere costantemente messaggi pubblicitari ridondanti, contrastanti e a tratti violenti, dei veri e propri “uncini” che catturano l’attenzione giocando su insicurezze e fragilità». In passato, invece, la pubblicità conservava il suo fine commerciale, ma figurava anche come una forma di intrattenimento, un veicolo l'informazioni che riusciva a raggiungere il consumatore solo una volta attivato il dispositivo, radio o tv che fosse. Oggi, invece, la pubblicità fa leva sugli aspetti più delicati di questa età: il rapporto con i genitori, la percezione del proprio corpo e quel senso di colpa che, spesso, sfocia in veri e propri disturbi alimentari.
«Si stima, infatti, che almeno un ragazzo su tre abbia sofferto o abbia amici stretti che soffrono di disturbi alimentari; - ci spiega Cecilia - per molti è solo una fase, ma il problema c’è, è comune ed è presente nelle loro conversazioni». Al cibo e al valore nutritivo, quindi, viene associato il disturbo dell’amico e in men che non si dica, l’interpretazione più naturale e immediata è quella di un cibo malato, nonostante - vale la pena ricordarlo - oggi ci sia maggiore consapevolezza su tutto quel che concerne l'educazione alimentare.
Al di là del valore nutritivo, però il cibo viene distinto in tre categorie: cibo malinconia, cibo rituale e cibo estetico.
Cibo malinconia: la generazione Z è più tradizionalista di quanto possiamo immaginare ed è questo il cibo che preferiscono e che mangiano regolarmente; nella loro mente persiste la concezione tradizionale del pasto (il pranzo, la cena) con piatti altrettanto tradizionali, come le polpette, l’arrosto della domenica, la pizza, la pasta al pomodoro... Poi c'è il cibo rituale, vale a dire tutti quegli alimenti o ingredienti che portano con sé una procedura particolare o interattiva, ai loro occhi molto simile a un carousel di Instagram, la sequenza di immagini o video che svelano un processo: in questo caso parliamo soprattutto di cibo etnico come l’hummus, il porridge, il tè matcha. Infine, il cibo estetico ossia tutto quello che colpisce per il valore esteriore dell’alimento in sé attribuito dal colore, dalla confezione, dall’impiattamento e dalla forma (barbabietola rosa, zucca arancio e pokè, passione multicolor).
In sintesi, ciò che mangia per istinto la Gen Z è pasta, pane, pizza e tanta, tanta, tanta piadina (rapida da preparare e da mangiare, anti-spreco), ciò che li adesca da un punto di vista mentale ed estetico sono tutte le altre cose. Una cosa è certa: a questa generazione non piace cucinare e qualora dovessero scegliere di farlo, il procedimento non deve impiegare più di 5 minuti, quindi largo a piadine, surgelati e piatti pronti: «Cucinare lo trovano “sbatti”, - rimarca Cecilia - è qualcosa da pianificare e a loro non piace avere programmi perché non credono nel futuro». Ma se gestire la dispensa diventa un dramma quotidiano, al contempo odiano sprecare il cibo e si sentono in colpa quando non riescono a usarlo per tempo.
In generale, quandi si parla di cibo e Gen Z, esiste una netta distinzione tra il Nord e il Sud Italia, per cui nel meridione il cibo continua ad avere anche per questa generazione la rilevanza culturale e sociale di cui ha sempre goduto: la tavola, infatti, è ancora percepita come uno dei grandi piaceri della vita, è un luogo di soddisfazione e mangiare tanto, una forma di gioia. Un quadro completamente diverso rispetto a quanto accade, invece, nei grandi centri urbani, dove quasi non si avverte l’urgenza del pasto.
Quale resta il concetto più attraente? La semplicità: i ragazzi della Gen Z odiano le preparazioni complesse e preferisocno affidarsi a quell'immagine di cibo trasmessa sui social - in particolare su TikToK - molto più tendente al cibo salutare, che al cibo spazzatura.
Il junk food - i fritti in particolare - sono messi al bando. Ed è per questo che in un giorno di ribellione particolare, quando tutto va storto, è proprio quel cibo che cercano: più sporco è, meglio è… Fondamentalmente si tratta di quel cibo ciò che i loro genitori hanno sempre vietato loro di mangiare perché troppo grasso, processato, calorico. Quanto alle scelte alimentari, sono pochi i Gen Z che scelgono di diventare vegani perché esserlo presuppone un certo grado di disciplina che loro rifiutano; piuttosto scelgono di essere vegani quando pare e piace a loro concedendosi la massima flessibilità e opponendosi alla coerenza dei boomers, un concetto fin troppo sopravvalutato. Quindi si può essere vegani, ma andare al sushi almeno una volta a settimana.
Mentre la cucina di élite: che effetto ha sulla Gen Z? L'alta gastronomia assume un suo valore nella misura in cui è in grado di offrire ai ragazzi un’esperienza, non tanto per quel che si è destinati a vivere emotivamente, bensì per creare il miglior contenuto possibile su Instagram. Non risparmierebbero mai per andare a provare un ristorante stellato, salvo che questo non possa garantire loro una visibilità fuori misura sui social. Perché dopotutto il cibo è una questione "di vista": «Un minestrone non viene identificato per il suo sapore: il minestrone, molto semplicemente, è colorato. Il gusto è praticamente azzerato», commenta Cecilia. Quel che conta, quindi, è un ambiente bello, il cameriere che si esibisce in qualche mossa inaspettata. Ecco ciò che conta: l’esperienza.
Ma cosa si aspetta la Gen Z dal futuro? Sicuramente dei modelli meno ingessati e meno patinati, una proposta che sappia intercettarli e sappia avvicinarsi a loro senza pregiudizi. Stay tuned.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
Daniele Lodigiani, resident chef classe 1998, e David Fiordigiglio, chef consulente classe 1999: mezzo secolo in due, propongono un'idea di cucina contemporanea, easy e inclusiva, al Gesto di Milano
Le foto sono di Emanuele Camerini
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.