16-07-2024

La Capanna di Eraclio, leggenda vivente da 102 anni

A Codigoro, nel Parco del Delta del Po, per assaggiare le sempre verdi delizie della famiglia Soncini, giunta alla quarta generazione

Maurizio Demarzo, Maria Grazia Soncini, Pierluigi

Maurizio Demarzo, Maria Grazia Soncini, Pierluigi SonciniNicolò Soncini de La Capanna di Eraclio a Codigoro (Ferrara)

Lagune e golene, ponti, barche, campi coltivati a perdita d’occhio e uno stradone che sembra non finire mai, a mo’ di Route 66: non ci troviamo in America, ma siamo vicino a Codigoro, provincia di Ferrara. Il Parco del Delta del Po ospita uno dei ristoranti più classici e amati d’Italia, che appare all’improvviso dietro un curvone, tra un argine e l’altro: è la Capanna di Eraclio.

Lo storico edificio ricorda una locanda o una stazione e chissà quante ne potrebbe raccontare, essendo lì dal 1922, quando venne costruito da Luigi Soncini, pescatore e padre di Eraclio, a seguito della bonifica delle paludi, riempite con della torba. A dar voce a tanti aneddoti ci pensano oggi Maria Grazia e Pierluigi Soncini, i figli di Eraclio, che si dividono tra cucina e sala da ormai tanti anni.

Con loro c’è Nicolò Soncini, figlio di Pierluigi e rappresentante della quarta generazione. Proprio lui racconta che è diventato cuoco quasi per caso, una volta accortosi che non si poteva sottrarre al magnetismo che suscitava in lui l’attività di famiglia. Come spesso accade ai più giovani, giustamente, essi partono per seguire una strada indipendente, ma poi tornano indietro verso le radici, quasi stupiti per non averci pensato prima.

Maria Grazia, a fine servizio, ama concedersi un “momento social” coi clienti: «Io uso Facebook, ma vuoi mettere il poter sentire le storie di chi viene fin qui?». Storie che si intrecciano con quegli argini e quelle campagne, facendo proseguire così la cuoca: «Anni fa, qui non c’era davvero nulla e nostro nonno si inventò la Capanna, che divenne un punto di riferimento, prima come osteria per soli uomini, ma poi anche come bazar, dove si poteva comprare di tutto. Fu anche un ballabile, dove si danzava fino a sera, per poi arrivare fino a oggi, passando tra i corsi e ricorsi della storia».

La caratteristica saliente di questo luogo, va detto, è la costanza nel trattare un certo tipo di materia prima (pesce e selvaggina), convogliata in piatti eterni, sinonimo della famiglia Soncini. Tra essi, vanno assolutamente nominati la Grancevola al vapore con la mitica maionese montata a mano, il Branzino fritto intero, i Capelli d’angelo conditi in vari modi, le Seppioline del Redentore (disponibili solo da fine giugno a luglio, per un periodo che coincide con l’omonima festa a Venezia), le Moeche e l’Anguilla, oltre che le carni selvatiche, come il Germano.

Fedelissimi alla propria identità, i Soncini hanno vissuto tutte le epoche della cucina: dall’avanguardia anni 80 (furono tra i primi a proporre i carpacci di pesce), alla “moda” della cucina molecolare, fino al ritorno della voglia di tradizione, che si registra considerevolmente post Covid, tutto questo senza mai mutare il loro stile.

Una rete di pescatori e produttori sostiene la cucina di Maria Grazia e Nicolò, con il bello del saper attingere le materie prime dal golfo di Trieste fino alle Marche, godendo della generosità dell’Adriatico a tutto tondo. Le cotture sono tradizionali e amorevoli, perché solo così i piatti possono trasmettere tutto questo, anche a chi entra a lavorare alla Capanna: tanti giovani cuochi si sono formati a Codigoro e, tra di essi, molti sono Giapponesi. Questi hanno offerto uno scambio culturale naturale alla famiglia Soncini, intersecando il rigore nipponico con il calore ferrarese.

Se si tornerà una seconda volta qui, inevitabilmente, si penserà a tutto questo, una volta seduti in giardino o in sala, con la candida tovaglia ad adornare il tavolo e i quadri alle pareti, un po’ come a casa. Mentre Maurizio Demarzo, altro storico elemento della brigata, servirà un calice nell’attesa e si alternerà a Pierluigi a raccontare il menu e gli aneddoti che esso contiene, potrebbe sorgere una domanda.

Ma allora, che cos’è la Capanna di Eraclio? La Capanna è un rifugio, dove si mescolano storie di persone e ingredienti, alcune vecchie di 102 anni, ma ancora vibranti nelle voci della famiglia Soncini, che non smetterà mai di raccontarle.

Il benvenuto: Gamberetti fritti sull’immancabile polenta bianca, tipica del luogo e, da sempre, sostentamento per tutti i lavoratori del Ferrarese

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Gazpacho con crudo di gamberi rosa di Porto S. Elpidio, nelle Marche: freschezza a più livelli. È un biglietto da visita importante, con cui si capisce subito come proseguirà la cena

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Selezione di crudi: Capasanta cruda con caviale (e uno shot di Vodka, a parte), Ostrica Golden di Goro (pescata oltre le 4 miglia: questa ostrica ha un sapore lunghissimo, quasi grasso. Non stanca mai il palato), Ostrica di Scardovari, cioè la Perla Rosa del Delta del Po (famosissima e di gran livello)

Selezione di crudi: Capasanta cruda con caviale (e uno shot di Vodka, a parte), Ostrica Golden di Goro (pescata oltre le 4 miglia: questa ostrica ha un sapore lunghissimo, quasi grasso. Non stanca mai il palato), Ostrica di Scardovari, cioè la Perla Rosa del Delta del Po (famosissima e di gran livello)

Grancevola alla veneziana, condita con citronette, maionese fatta a mano: le granseole arrivano dal golfo di Trieste e da 40 anni Pierluigi è l’addetto alla preparazione ed estrazione della polpa, ogni giorno, per ogni servizio. È un piatto da non perdere per capire la filosofia dei Soncini: dolce, ma lineare e gustosissima (come la maionese, vera chicca)

Grancevola alla veneziana, condita con citronette, maionese fatta a mano: le granseole arrivano dal golfo di Trieste e da 40 anni Pierluigi è l’addetto alla preparazione ed estrazione della polpa, ogni giorno, per ogni servizio. È un piatto da non perdere per capire la filosofia dei Soncini: dolce, ma lineare e gustosissima (come la maionese, vera chicca)

Spaghettini con le cozze della Sacca degli Scardovari, pomodoro giallo, pane croccante ed erbe aromatiche: alla Capanna vengono spesso usati formati di pasta dimenticati, come gli spaghettini o i capelli d’angelo, perché accompagnano meglio i frutti di mare. Una pasta sottile lascia invariate le consistenze delle cozze o delle seppioline, aiutando la degustazione

Spaghettini con le cozze della Sacca degli Scardovari, pomodoro giallo, pane croccante ed erbe aromatiche: alla Capanna vengono spesso usati formati di pasta dimenticati, come gli spaghettini o i capelli d’angelo, perché accompagnano meglio i frutti di mare. Una pasta sottile lascia invariate le consistenze delle cozze o delle seppioline, aiutando la degustazione

Risotto con le seppie di nassa e il loro inchiostro. Per questa preparazione, le seppie devono essere freschissime, poiché viene usato tutto, anche il fegato. Il riso è un Vialone nano di Ostiglia (Mantova), paese d’origine della mamma di Maria Grazia e Pierluigi, che hanno deciso di recuperare la ricetta originale, che prevedeva proprio questo tipo di cereale. Il piatto è un capolavoro di equilibrio, sia nella sapidità, sia nell’uso del nero di seppia

Risotto con le seppie di nassa e il loro inchiostro. Per questa preparazione, le seppie devono essere freschissime, poiché viene usato tutto, anche il fegato. Il riso è un Vialone nano di Ostiglia (Mantova), paese d’origine della mamma di Maria Grazia e Pierluigi, che hanno deciso di recuperare la ricetta originale, che prevedeva proprio questo tipo di cereale. Il piatto è un capolavoro di equilibrio, sia nella sapidità, sia nell’uso del nero di seppia

Fritto di Giotoli (o Zotoli, in Veneto): sono simili a un polipetto, ma con i tentacoli da seppia. Il nome scientifico è Sepiola Rondeletii. Una curiosità: pur trovandosi in tutta la parte alta dell’Adriatico, quelli pescati a Goro sono più scuri e saporiti, mentre quelli di Caorle risultano più dolci

Fritto di Giotoli (o Zotoli, in Veneto): sono simili a un polipetto, ma con i tentacoli da seppia. Il nome scientifico è Sepiola Rondeletii. Una curiosità: pur trovandosi in tutta la parte alta dell’Adriatico, quelli pescati a Goro sono più scuri e saporiti, mentre quelli di Caorle risultano più dolci

Moleche o Moeche fritte: nel periodo della muta, questi granchietti di laguna perdono il carapace e risultano tenerissimi. Sono quindi ideali per essere fritti e mangiati interi. Anche sulle fritture, la mano è da manuale

Moleche o Moeche fritte: nel periodo della muta, questi granchietti di laguna perdono il carapace e risultano tenerissimi. Sono quindi ideali per essere fritti e mangiati interi. Anche sulle fritture, la mano è da manuale

Anguilla (detta anche Bisato di Mare), fatta “arost in umad”: è una ricetta di nonno Luigi Soncini, pescatore, nonché colui che ha aperto la Capanna nel 1922. Si usa un’anguilla di grosse dimensioni, un po’ più grassa, che viene scottata intera sulle braci per profumarla di legno e abbrustolire la pelle, e che poi finisce la cottura in forno con aglio e rosmarino. È servita con l’immancabile polenta bianca. È forse il vero manifesto della cucina di queste zone e si aggiunge agli “imperdibili” della Capanna

Anguilla (detta anche Bisato di Mare), fatta “arost in umad”: è una ricetta di nonno Luigi Soncini, pescatore, nonché colui che ha aperto la Capanna nel 1922. Si usa un’anguilla di grosse dimensioni, un po’ più grassa, che viene scottata intera sulle braci per profumarla di legno e abbrustolire la pelle, e che poi finisce la cottura in forno con aglio e rosmarino. È servita con l’immancabile polenta bianca. È forse il vero manifesto della cucina di queste zone e si aggiunge agli “imperdibili” della Capanna

Torta Tenerina: è un tipico dolce ferrarese, fatto con cioccolato fondente e burro, ma senza farina. Si scioglie letteralmente in bocca. Per completare il peccato di gola, viene accompagnata con uno Zabaione montato col Marsala

Torta Tenerina: è un tipico dolce ferrarese, fatto con cioccolato fondente e burro, ma senza farina. Si scioglie letteralmente in bocca. Per completare il peccato di gola, viene accompagnata con uno Zabaione montato col Marsala


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Luca Farina

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Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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