Di chi è il futuro? È loro, dei giovani. Che, a dispetto di chi continua a etichettare la categoria come poco incline al lavoro e al sacrificio, continuano a crescere bene. E in qualche caso, come per i ragazzi che sono saliti sul palco di Identità Milano 2022 nella sezione “Il futuro è loro”, benissimo.
Two is megl che uan recitava il celeberrimo spot di un gelato degli Anni 90. Adattato a Emanuele, Valerio e Maicol Izzo, i tre fratelli che portano avanti con passione a Castellammare di Stabia, Piazzetta Milù, diventa Three is megl che two perché - come sottolinea Carlo Passera, coordinatore del sito Identità Golose, presentandoli sul palco per la lezione “Evoluzione e destino” - la loro è la storia di un'impresa famigliare di successo. Rispettivamente classe 1986, 1991 e 1993, Emanuele (sommelier e beverage manager), Valerio (restaurant manager col pallino della mixology) e Maicol, lo chef, sono l’anima di quello che, prima di diventare un ristorante fine dining, è stato una pizzeria d’asporto e poi una braceria.
A fondare Piazzetta Milù, come tradisce il nome del locale che ne riprende le iniziali, sono stati papà e mamma, Michele e Lucia che, però, negli ultimi anni hanno avuto l’umiltà e la lungimiranza di mandare avanti i giovani di famiglia.
Dice
Emanuele, il maggiore, sommelier per caso (premiato nel 2019 dalla
Guida Identità Golose come Miglior sommelier d’Italia): «La storia di
Piazzetta Milù è di evoluzione continua. Non so come, quando e perché sia cominciata, ma è certo che il nostro locale è una fucina di giovani chef, da
Cristoforo Trapani a
Luigi Salomone. Non sappiamo se il destino è già scritto, e allora devi saperlo leggere, se ti aspetta devi saperlo cercare, sennò te lo devi guadagnare. Come? Pensando al domani, ma agendo oggi». E gli
Izzo agiscono, sempre.
Adesso in cucina c’è Maicol, il minore dei tre. Dice: «Ho avuto la fortuna di girare tantissime cucine con il sostegno della famiglia. Ho iniziato da Gennaro Esposito dove ho fatto due anni di gavetta importante; sono andato in Spagna e sono entrato nell’universo di Albert Adrià girando tutti i suoi ristoranti de elBarri (da Tickets al Pakta); ho lavorato con Dabiz Muñoz , Mauro Colagreco e Alain Ducasse e ultimamente ha fatto uno stage anche al Noma dove ho visto tecniche che non avrei mai potuto immaginare».
Oggi applica alla cucina campana ciò che ha imparato in giro per il mondo. Prova ne sono il
Ceviche all’acqua pazza che, spiega, «interpreta in chiave local il ceviche di origine sudamericana, in particolare del Perù dov’è informalmente considerato patrimonio nazionale», e le
Mezze penne alla marinara, «trasposizione del gusto della più famosa pizza partenopea (pomodoro, acciughe, olive e capperi) con tecniche innovative».
Nel
Ceviche all’acqua pazza i cubi di pezzogna sono marinati con leche de tigre (estratto delle teste del pesce), salsa ponzu preparata con aceto di riso, mirin e katsuobushi, pomodoro ciliegino grattugiato senza buccia, limone e olio extravergine. L’impiattamento è con mais cancha immerso qualche secondo in olio bollente, maionese con peperoncino peruviano fatto sbollentare più volte, mix di spezie (coriandolo, lime, peperoncino), polvere di pomodoro ciliegino ottenuta seccandone le bucce, germogli di coriandolo e una grattata di lime.

Mezze penne alla marinara
Nelle
Mezze penne alla marinara l’innovazione è nell’acqua di pomodoro San Marzano (condito e marinato con aglio, olio, origano e basilico) ridotta per 4/5 ore in pentola fino ad assumere la consistenza di un caramello. Poi c'è una tecnica d'avanguardia ormai classica, la sferificazione della crema di olive nere. Le mezze penne sono saltate con un’emulsione di olio, aglio e gambi di prezzemolo e peperoncino. L’impiattamento è completato con la polvere dei noccioli disidratati di olive nere, cappero disidratato, origano di montagna e lisca di alici fritta in olio d’oliva.
Conclude Valerio: «Siamo in continua evoluzione che portiamo avanti tutti e tre insieme, non so come fanno gli chef patron che fanno tutto da soli. L’ultima fatica? Gli eventi organizzati nella ex casa dell’armatore Achille Lauro. Il futuro ci tiene vivi».