21-04-2022

A lezione di sostenibilità e di coscienza con Nicola Perullo e Pietro Leemann

A Identità Milano scambio avvincente tra il filosofo e lo chef, famoso per la sua cucina vegetariana al Joia di Milano, che ha parlato di gusto e impegno

Pietro Leemann ha proposto le sue riflessioni al p

Pietro Leemann ha proposto le sue riflessioni al pubblico di Identità Milano 2022, in un intervento condiviso con il filosofo Nicola Perullo
(Tutte le foto sono di Brambilla / Serrani)

Nella prima giornata di Identità Milano 2022, la mattinata dell'Auditorium è incentrata sul tema Il Futuro è oggi. E tocca spesso un altro argomento fondamentale: la sostenibilità. Che significa rispetto, come suggerito da Federico Quaranta, incisivo e televisivo quanto basta a far passare i messaggi che contano. Interventi corali che raggiungono l’apice con le idee olistiche dello chef spagnolo Eneko Atxa, infine la sintesi concreta, numeri alla mano, del sindaco di Milano, Beppe Sala: «Superata la pandemia, bisogna rivedere tutto all’insegna di un più forte senso etico, ma Milano è ancora una finestra sul futuro». Scopriamo che “sostenibilità”, in fatto di popolarità, sul web ha superato parole come “pizza” e “ciao” ed ecco che arriva il momento di prenderla con un po’ con filosofia.

La parola al professore. «Viviamo in un mondo più che umano, tecnologia spinta, intelligenza artificiale. In tutto questo, cosa c’entra la gastronomia? E soprattutto, quale potrebbe essere il suo contributo al tutto?». Il filosofo Nicola Perullo, professore ordinario di Estetica all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, senza mezzi termini, dipana temi che si chiamano sostenibilità e transizione ecologica. Non lo fa per essere alla moda, ma perché ha già deciso dove condurre le nostre riflessioni più intime.

Pietro Leemann e Nicola Perullo ricevono la targa di Identità Milano 2022 da Paolo Marchi

Pietro Leemann Nicola Perullo ricevono la targa di Identità Milano 2022 da Paolo Marchi

Ebbene, anche alla gastronomia si richiede, e con una certa urgenza, un approccio diverso. Convertirsi a un modello alternativo, sicuramente qualcosa di nuovo rispetto a quello che ha caratterizzato, finora, la cucina moderna occidentale. Di nobili esempi già se ne contano su un bel po’ di dita, ma non basta. È indispensabile pensare al cibo con un’idea d’interdipendenza tra ruralità e tecnica, tra chi crea in cucina e chi assaggia a tavola.

«Non facciamo altro che dare enfasi a parole come “esperienza”, “olistico”, adesso dimostriamo tutto questo nel concreto. E più di tutto, per raggiungere il vero risultato, iniziare a cooperare invece di competere». 

Il professor Perullo ipnotizza la sala. Poche parole, dirette dove serve: alla nostra coscienza. E quando parla di esperienza, ne parla come sinonimo di intimità. Accenna al “tutto”, ciò che precede i particolari, non perché l’uno sia più importante degli altri, ma perché prima e dopo la tecnica c’è qualcosa di più essenziale: la definisce, consapevolezza del fare.

Dunque, restando nel tema che ci riguarda, c’è il gusto, ma prima ancora, c’è il gusto dell’esperienza. Il primo termina in fretta, con il consumo stesso del cibo. Il secondo, invece, lascia una traccia intima, diventando un affare relativo alla coscienza. Gustiamo per andare oltre i nostri stessi sensi, tu chiamala se vuoi, consapevolezza.

Prosegue il professor Perullo: «Cucinare non è solo scienza, separazioni, frammenti, ma è a tutti gli effetti un’alchimia. E quindi gustare non è solo applicare poche, micro regole imparate da qualche parte, il gusto ci può trasformare completamente».

Dunque, un’occasione da non perdere. È il turno di chef Pietro Leemann, pioniere con il suo Joia a Milano dell'alta cucina vegetariana in Europa, ed è subito tangible la loro unione di intenti. La visione è unica, anche se diversi i mestieri. «La filosofia ha un senso quando è calata nella realtà. Noi cuochi operiamo un’alchimia di trasformazione che deve infondere qualcosa di concreto nell’ospite» esordisce lo chef. E prosegue esattamente da dove eravamo rimasti, il tema del gusto. Siamo ciò che mangiamo. Ma per ampliare la nostra conoscenza, dovremmo necessariamente spingerci verso un’essenza di naturalità, là dove risuona la nostra coscienza. Per questo il cibo dovrebbe essere il più puro e perfetto possibile, con la natura che ne è unica, vera protagonista.

Immancabile annotazione post pandemia, Pietro Leemann condivide con la platea il fatto che l’età media del suo cliente si sia notevolmente abbassata. Ora ci sono soprattutto gli under 30 nel suo ristorante vegetariano e la famosa riflessione la stiamo già facendo tutti. Nell’intimo delle nostre coscienze. Il futuro è vegetale, non solo per una scelta di sostenibilità, ma per una ritrovata amicizia con la natura, in altre parole, con la propria anima.


IG2022: il futuro è oggi

a cura di

Nadia Taglialatela

classe 1977. Nata ad Ischia, gli ultimi quindici anni li trascorre a Roma collaborando con le più note scuole di cucina della capitale. Esperta food&wine, collabora con riviste del settore scrivendo di ristoranti, grandi alberghi, prodotti di nicchia ed eroici produttori. Sommelier Ais, attualmente si divide tra Ischia, Napoli e Roma, sempre a caccia di nuove storie da raccontare

Consulta tutti gli articoli dell'autore