14-03-2021

Peposo, capolavoro di povera ricchezza

Valeria Piccini e un piatto di carne tipico dell'Impruneta, grimaldello per presentare a Striscia "Shef", un progetto per aiutare a essere donne e chef in un mondo maschilista

Una parola di sei lettere, che trovo suoni davvero simpatica, per contraddistinguere un Capolavoro italiano in cucina, fiorentino per la precisione: Peposo. Piatto di carne, una ricetta di umilissime radici che ci riporta indietro nel tempo, a cavallo tra Tre e Quattrocento, all’Impruneta, comune a sud del capoluogo toscano famoso per le sue terrecotte. Ora come allora abbiamo un muscolo cotto a lungo in vino rosso e pepe che Valeria Piccini, gran signora dei fornelli al Caino di Montemerano in Maremma, ha celebrato a Striscia la notizia il 10 marzo.

Con la ricetta depositata alla camera di commercio di Firenze, da rispettare su uno vuole vantarsi di proporre il Peposo all’imprunetina, quello che davvero è mutato nei secoli è lo stato di conservazione della carne, oggi fresca, corretta ma un tempo frollata ai limiti dell’improponibile, da chiamare vino e pepe per coprire odori assai pesanti. Ha ricordato la Piccini: «Veniva cotta in un coccio messo in bocca di forno, quando le fornaci riposavano. Ci vuole un taglio non troppo nobile, di seconda qualità, un muscolo ad esempio che va tagliato a pezzetti. L’importante è che siano il più possibile uguali perché si cuociano uniformemente».

Prima però vanno preparati: «I tocchi vanno messi in infusione per qualche ora o per una notte se uno ne ha la possibilità. Vino rosso, aglio, il pepe nero intero e il pepe nero schiacciato, rosmarino e io ci metto anche una cipolla per addolcirlo leggermente, altrimenti il sapore del vino resta un po’ forte. Essendo io sono astemia, lo preferisco con la cipolla». Nota a margine: guai aggiungere pomodoro.

Proporre il peposo a Striscia, ci ha permesso di chiedere alla Piccini cosa sia per lei la tradizione e cosa l’innovazione in una regione come la Toscana dove le memorie culinarie sono molto forti: «Innanzi tutto, se non c’è la tradizione non esiste l’innovazione e bisogna conoscerla molto bene per fare poi innovazione. Quindi, per me è la base della cucina di sempre». E lo afferma una che, senza cambiare comune, Manciano, ha lasciato la collina di Saturnia per spostarsi su quella di Montemerano e così entrare, nemmeno ventenne, nella cucina del ristorante della famiglia Menichetti, sposando presto Maurizio, sommelier, e ritrovandosi gomito a gomito con la suocera cuoca.

Tante donne e lei, doppia stella Michelin, con cucita sulla giacca una parola che, a osservarla bene, si capisce che non è chef anche se vi assomiglia molto: Shef. Ha spiegato Valeria: «She come lei in inglese, sta per lei è chef. L’ho pensata per sensibilizzare un po’ questo mondo molto maschilista verso una cucina femminile e fare così capire che se si vuole si può essere donne e anche chef. Chef donna sì, è possibile».

La puntata di Capolavori italiani in cucina può essere vista cliccando qui, mentre bisogna cliccare qui per la ricetta. Buon peposo, un ricchissimo piatto povero.


Capolavori Italiani in cucina

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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