Sorridono Óscar Velasco e Montse Abellà, marito e moglie, chef e pastry chef del Santceloni di Madrid, due stelle Michelin (2001 e 2004) all'interno del lussuoso hotel Hesperia, oggi membro di Relais & Châteaux e di Le Grandes Tables du Monde. Sorridono, cordialissimi, mentre lui osserva: «Qualcuno ci dice che non siamo sufficientemente creativi. Noi crediamo però di essere molto creativi!». Vengono in mente polemiche iberiche di almeno due lustri fa, tra contendenti di gran peso: da una parte Ferran Adrià e la sua avanguardia totale, dall'altra il compianto Santi Santimaria a difendere l'autenticità del prodotto e la forza della cucina di mercato, nel suo tristellato Can Fabes a Sant Celoni.
Proprio al
Can Fabes Velasco, classe 1973, e
Abellà, 1976, hanno dato la svolta decisiva alla loro carriera, hanno formato il loro stile; là si sono addirittura conosciuti, 23 anni fa, giovanissimi, e poi innamorati. Per ritrovarsi poi insieme a Madrid, nel locale creato dallo stesso
Santimaria nel marzo 2001, con l'insegna dedicata dal luogo del
Can Fabes: Sant Celoni, dunque ristorante
Santceloni, tutto attaccato. Luogo che non hanno più lasciato, con continuo successo.
Questo per dire: quella che ieri sera e ancora per tre cene, fino a sabato, sarà protagonista a Identità Golose Milano, primo hub internazionale della gastronomica (per prenotare clicca qui), è l'altra cucina spagnola, quella più identitaria, legata alla materia prima, in cui la tecnica c'è ma rimane sottotraccia. «La nostra è una cucina fortemente connotata, di sintesi rispetto alle varie declinazioni che vi sono nelle regioni spagnole (lui è di Segovia, Castiglia e León, lei di Tarragona, Catalogna, ndr). Una tavola di sapore, quasi di prodotto, che vuole rappresentare al meglio una cultura, la nostra, che è fortemente e profondamente iberica. Dunque sfaccettata, con tante differenze territoriali che trovano il loro punto d'incontro proprio a Madrid. Questo è ciò vogliamo essere e siamo».

Montse Abellà e Óscar Velasco

Velasco con Alessandro Rinaldi, chef di Identità Golose Milano
In un mondo globale, spiegano
Velasco e
Abellà, «noi vogliamo proporre la nostra essenza, la nostra personalità, identificarci: quella di
cocineros españoles. Perché dovremmo mettere nel menu la ceviche o il kimchi? Possiamo certo fermentare, preparare la nostra escabeche... Ma non vogliamo fare qualcosa solo perché "consente di apparire più moderni". Perderemmo identità, non possiamo permettercelo. Noi partiamo dalla tradizione, che è una parola a torto utilizzata spesso con tono dispregiativo; e vogliamo (di)mostrare da dove veniamo».
È ciò che vogliono far apprezzare qui a Milano, in via Romagnosi 3: «Siamo nella città della moda: partire dalla tradizione non significa rimanervi attardati, perché poi c'è la creatività, le idee, le conoscenze che man mano si accumulano e che influenzano le scelte; sperando, certo, poi che vogliate anche provare le stesse emozioni, nella loro pienezza, nel nostro ristorante a Madrid». Velasco ama ricordare una frase: «Non è mia, ma di Josep Villella, un critico gastronomico spagnolo, molto amico di Santimaria. Diceva sempre di apprezzare di più la cucina che ti fa divertire rispetto a quella che ti fa pensare. Sono d'accordo con lui, con tutto il rispetto per chi fa scelte diverse. Ieri siamo stati al Ratanà di Cesare Battisti, vi abbiamo mangiato un risotto alla milanese straordinario. Non serve di più. Poi, certo, c'è la creatività: ma i nostri piatti "nuovi" devono piacermi e piacere almeno quanto quelli tradizionali. Se un vitello tonnato, o una fetta di gorgonzola o un tiramisù risultano più gustosi di più di un piatto creativo, c'è un problema».



Montse parla molto bene italiano: «Frequentavo l'istituto alberghiero di Barcellona, ci fu uno scambio con una scuola italiana, passai dunque 15 giorni in Piemonte. Ero ospite in casa di
Davide Sproviero, ci siamo legati, non ci siamo più persi di vista. Lo chiamo "il mio fratello italiano". Ora con
Fabio Poppa è chef a
Le Scuderie del Castello di Govone». Erano in sala ieri sera, i due, a festeggiare la prima cena milanese del
Santceloni. Ecco il percorso di degustazione che hanno - e abbiamo - fatto.

Filetto di sardina avvolto in guanciale di maiale iberico, pomodoro, cetriolo e mandorle (in abbinamento Berlucchi ‘61 Satèn DOCG - Berlucchi o Ruinart Blanc de Blancs AOC - Ruinart)
Filetto di sardina avvolto in guanciale di maiale iberico, pomodoro, cetriolo e mandorle - «Proponiamo tutti piatti della nostra carta al
Santceloni. Questa sardina è un'ideazione di quest'anno, anzi di giugno, perché l'estate è il momento migliore per il pesce azzurro. Ovviamente sono piatti molto stagionali, com'è nel nostro stile: noi cambiamo spesso il menu, in base al prodotto». Le sardine - adagiate su un letto di pomodoro e cipolla - sono irrorate con una salsa a base di acqua di pomodoro, «che in realtà è una sorta di gioco tra un gazpacho e un ajoblanco. Del primo ha il pomodoro, appunto, la sua acidità, poi mettiamo anche un po' di cetriolo; poi però aggiungiamo anche la mandorle. Sopra mettiamo un po' d'aglio fritto, togliendo però il suo eccesso gustativo». È un piatto buonissimo: pulito, netto, goloso.

Scampo affumicato e nappato con il suo sugo e mais (in abbinamento Vermentino Bolgheri DOC SoloSole - Poggio al Tesoro)
Scampo affumicato e nappato con il suo sugo e mais - «La
cigala pure è nella nostra carta. È un piatto dello scorso anno. Gli regaliamo una parte croccante con una specie di polvere che otteniamo friggendo, affumicando leggermente e poi pestando il mais, dopo averlo caramellizzato. Aggiungiamo anche un po' di pepe nero e sale». Molto elegante, pieno in bocca.

Lasagna di anatra, finocchio, pistacchio, cardamomo e siero di formaggio Idiazabal (in abbinamento Zeder Merlot, Cabernet, Lagrein IGT - Kornell)
Lasagna di anatra, finocchio, pistacchio, cardamomo e siero di formaggio Idiazabal - Anche la lasagna è in carta al
Santceloni. È un piatto dell'autunno 2018. «Noi ci confrontiamo sempre volentieri con le varie tradizioni, anche quando viaggiamo. Così abbiamo colto alcuni spunti, poi però diamo una nostra versione originale, con l'anatra protagonista (che abbiamo preparato a Madrid e poi portato qui)». L'Idiazabal è un formaggio ovino tipico dei Paesi Baschi.

Granita di carota, lime, aneto, avena e zenzero (in abbinamento Le mie radici: vodka Belvedere salvia e limone, aceto balsamico, ginger beer, vaporizzata di Ardbeg Whisky)
Granita di carota, lime, aneto, avena e zenzero - Un dessert molto fresco, leggero, poco dolce. «È la nostra linea. Togliamo gli eccessi di zucchero, vogliamo portar fuori semmai quelli, naturali, degli stessi ingredienti che utilizziamo, la frutta, la verdura. Ne potenziamo la resa gustativa. Io dico sempre: i miei clienti devono aver voglia di provare anche più di un dessert, ma se io metto troppo zucchero, dopo il primo non desidereranno proseguire. Il nostro menu degustazione si compone cinque o sei amuse bouche, poi sette piatti salati, il formaggio e tre dolci. Ma tutto deve essere equilibrato, regolato, leggero. Terminiamo sempre con un piccolo dolce al cioccolato (nero, magari aromatizzato o speziato, salato, piccante...), una carezza finale».