26-10-2016
E' stata presentata a Roma, alla presenza dei ministri Martina e Gentiloni e del sottosegretario Scalfarotto, la prima Settimana della cucina italiana nel mondo, un'iniziativa davvero ambiziosa che vuole schierare i professionisti del settore per valorizzare il sistema Italia. Alla presentazione c'era anche Paolo Marchi: ecco le sue considerazioni
La prima Settimana della cucina italiana nel mondo significa 1300 eventi in 105 Paesi coordinati dalla rete all'estero della Farnesina; 295 sedi diplomatiche, consolari e degli istituti italiani di cultura per 173 conferenze, incontri con gli chef e dibattiti sulla tradizione culinaria italiana; 98 eventi promozionali con i ristoranti italiani locali e fiere; 151 cooking show, corsi sulla cucina e master class; 334 degustazioni e cene a tema; 23 concorsi e premiazioni per la cucina italiana di qualità; 32 seminari tecnico-scientifici e accademici; 390 proiezioni di film e documentari, rappresentazioni teatrali, concerti legati al cibo; 32 mostre di design, arte e fotografia legate alla cucina. Per finire, tanta attività di comunicazione su tv, stampa, social media
Qui l'elenco di tutti gli eventi previsti. In Europa saranno previsti 465 eventi, 360 in Asia, 136 Nord America (Bottura aprirà a Washington il 15 novembre, in una sorta di anteprima statunitense), 176 in Sud America, 142 Africa e 37 in Oceania
Il ministro Maurizio Martina ha voluto fortemente l'iniziativa. Ha dichiarato: «Mai come all'Expo abbiamo capito come il cibo è un grande fatto politico. E ora abbiamo un'occasione unica per raccontare di cosa è fatta l'Italia. Quando raccontiamo un piatto raccontiamo un territorio, un'azienda, una famiglia, una persona»
L'intervento di Gentiloni
Ministri e chef
C'era anche Cristina Bowerman, neo-presidente dell'associazione Ambasciatori del Gusto
E’ stata presentata poche ore fa a Roma, a Villa Madama, la prima Settimana della cucina italiana nel mondo, altro importante step del nuovo rapporto tra le istituzioni e il mondo goloso nazionale, iniziato nel marzo 2015. Allora sembrava impossibile che l’interesse verso chef (e pasticceri, sommelier, pizzaioli, maître e altri professionisti del buono) da parte di chi ci governa – a iniziare dal ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina – arrivasse così lontano da dedicare alla nostra tavola un evento che alla fine conterà più di 1.300 momenti e includerà 105 Paesi, con impegnate 295 sedi diplomatiche.
Tutto questo sotto il cappello del Ministero degli Esteri e del suo titolare Paolo Gentiloni, che ha parlato per primo seguito dallo stesso Martina e da Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo economico. Con loro in prima fila c’erano vari personaggi del food, a iniziare da Cristina Bowerman, presidente dell’associazione Ambasciatori del Gusto (leggi qui).
Con il programma ancora in via di definizione, è ora impossibile scegliere fior da fiore. L’idea portante è comunque quella di accogliere chiunque ai quattro angoli del pianeta abbia i titoli giusti per farsi portavoce della qualità agroalimentare e ristorativa italiana. Poi, finito questo che per tutti è un rodaggio, si capirà bene come incidere ancora di più negli anni a venire. Al di là del fatto che tutti parlano di cibo e che tutti mangiano, non c’è nulla di folcloristico nelle intenzioni dei nostri vertici istituzionali. Gentiloni e poi con lui Scalfarotto hanno rimarcato come le esportazioni di questo settore tocchino la ragguardevole cifra di 37 miliardi di euro. Sono già una bella somma, ma l’ambizione è di raggiungere almeno i 50 entro il 2020, scadenza vicinissima.
Da sinistra, il dg Rai Antonio Campo Dall'Orto, i ministri Martina e Gentiloni, il sottosegretario Scalfarotto e Cristina Bowerman
Ma è proprio da questa considerazione, dalla facilità di cibarsi tricolore ovunque ci si trovi, che nasce il problema più rilevante. Celebrare la nostra cucina è una scelta da applausi sinceri, ma deve essere anche il viatico verso un approfondimento maggiore. Così come non basterebbe dire “facciamo la settimana della musica tricolore” (quale musica? Che genere?), così cucina è una galassia dove noi italiani possiamo davvero incidere sia a livello di piacere che in quello economico, distinguendo però la ristorazione dalla cultura legata al cibo e ai semplici prodotti agroalimentari.
A sua volta Maurizio Martina ha sottolineato come ciò che sta per avvenire sia figlio di Expo e del Food Act (leggi qui); ha così incitato a fare squadra i quasi 100 cuochi e professionisti del food&wine presenti a Roma: «Non vi è dubbio alcuno che noi abbiamo delle individualità e delle esperienze superlative, uniche. Ma è giunto il tempo che tutto ciò si unisca per riuscire a diventare una vera e propria squadra. Vogliamo rendere sempre più forte quella rete “diplomatica” parallela ricordata dal mio collega Gentiloni».
Tanto spazio anche per la pizza
E guai a scordarci tutte le cose, anche quelle più negative: c’è sempre qualcosa da salvare, o dalla quale trarre insegnamento. Scalfarotto in tal senso ha spiegato: «E’ vero che il 90% dei prodotti tricolori consumati nel mondo è falso. Ma questo vuole anche dire che è fortissima l’aspirazione a mangiare italiano. La nostra economia ha grandissime opportunità se riesce a valorizzare e tutelare meglio il comparto. Basti fare un esempio: l’Italia è il più grande Paese produttore di vino, eppure in Cina la Francia esporta 60 milioni di litri e noi meno di 10».
Così torniamo al punto di partenza: fare squadra, lavorare e non perdersi in polemiche sterili che fanno felici i nostri cugini e tutti quei Paesi che spesso valgono meno di noi, ma sono più bravi a vendersi.
Tutte le iniziative cliccando qui
Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi