05-05-2011

Pesi piuma e pesi massimi

Quando si giudica un’insegna, occorre tenere sempre a mente la categoria in cui è inserita

ex editoriali

Non esistono le categorie solo nella boxe, provate voi a prendere un paio di cazzotti da un massimo e poi ditemi se con un peso piuma gli effetti sarebbero uguali. Andrebbero pesati anche i ristoranti, perché la tavernetta dove in due, con lavapiatti in nero, fanno tutto rientra in una categoria diversa rispetto allo stellato di un albergo di lusso dove solo i lavapiatti sono tre, più la guardarobiera, l’addetto al parcheggio, il sommelier e così via.

È una questione di costi, perché la conduzione famigliare è cosa ben diversa dal titolare con dipendenti assunti (mi auguro tutti in chiaro) che allo scoccare dell’ottava ora si sfilano il grembiule e ti salutano piuttosto che dell’insegna nel centro storico di Siena o Milano che ha costi fissi che il posticino in campagna o nell’entroterra ligure nemmeno si immagina. Lo stesso cuoco che ci delizia in Val Staffora o in prossimità di Leuca facendoci pagare quella che a un milanese suona come una miseria, messo al posto di Cracco o di Beck, se mantenesse gli stessi prezzi per gli stessi piatti, sarebbe da ricovero.

Non si può paragonare il Clandestino di Moreno Cedroni (foto in alto) sulla spiaggia di Portonovo con la Pergola di Heinz Beck (foto centrale) nella capitale e nemmeno con la Madonnina del Pescatore dello stesso marchigiano a Senigallia. Piuttosto con lo Chateaubriand di Inaki Aizpitartea Parigi (per la cui foto ringrazio il blog Foodsnob). E questo esula dalla qualità del cibo. Certo, il grande indirizzo dorato crea attese maggiori, ma si rischiamo pure delusioni più cocenti perché pagando ben di più si pretende anche di più. Fateci caso, ma pochi si lamentano di brutto se una pizza era mediocre; tanto costa poco e alla fine ci si fa facilmente una ragione se resta di traverso.

E non è nemmeno detto che chi è bravo, magari pure formidabile, con un locale peso leggero se la caverebbe altrettanto bene nel passaggio alla categoria superiore. Chi afferma che per Beck o Giovanni Santini tutto è facile visto dove ragionano e cucinano, uno nel ristorante top di un cinque stelle lusso e l’altro è cresciuto in scia alla madre tristellata in un Pescatore dai toni magici, dice una solenne stupidata. Bisogna saperla guidare una formula uno, saperla mettere a punto e non spaccarne il motore durante prove e gran premio.

Poi è anche singolare come certi posti vengono recepiti. Beck è il campione di una scuderia da titolo mondiale, ed è giusto sia così. Cedroni invece è visto come ristoratore quando è alla Madonnina, ma se si occupa del Clandestino corre il rischio di passare per quello del baretto da panini estivi con il mare negli occhi.

E non basta il fatto che da tempo la struttura di Portonovo, accanto ai susci e alle scatolette, presenta ogni primavera-estate un menu degustazione originale, con temi sempre diversi e originali, dai fiori ai colori, al gioco delle consistenze tra pesce e selvaggina. L’etichetta è quella di simpatico posto al mare e tale per molti resta. E dire che sarà anche un posto stagionale ma in fondo il Bulli, salvo che da due anni a questa parte, ha sempre lavorato esclusivamente nei mesi belli e caldi, e Beck in 12 mesi, aprendo la Pergola solo 5 sere a settimana (meno della metà del massimo dei servizi possibili per un ristorante, 14, sette pranzi e altrettante cene), è più spesso chiuso che aperto, però lo si sa e ci si adegua. Così torniamo alle differenze tra le varie categorie, da tenere in considerazione quando si giudica.


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

Paolo Marchi

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Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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