«Il tema di quest’anno, il Fattore Umano, mi sta regalando una grande emozione. Durante il Congresso potremo parlarne per ore, sarà una bella sfida per tutti noi decidere come declinarlo sul palco di Identità Milano». E' davvero carico e appassionato Renato Bosco, che con il suo Saporè di San Martino Buon Albergo (Verona) è negli anni diventato un punto di riferimento assoluto per la pizza italiana. Tanto che, in coabitazione fotografica con il campano Franco Pepe, è stato scelto per interpretare il "logo" dell'imminente quattordicesima edizione di Identità Milano (dal 3 al 5 marzo: qui il programma completo).
La sua Aria di pane si è incontrata così nello scatto di Brambilla - Serrani con la Scarpetta del pizzaiolo di Pepe in Grani a Caiazzo (Caserta), diventando il piatto simbolo del Congresso e rappresentando, come scrive Paolo Marchi, "la bontà più italiana in assoluto, quella che abbiamo regalato al mondo più di qualsiasi altra: la pizza".

Il piatto simbolo di Identità Milano 2018, la pizza nelle interpretazioni di Franco Pepe e Renato Bosco
Bosco non ha dubbi nel raccontare quale sia la prima idea che associa istintivamente al concetto di fattore umano nel suo lavoro: «Penso immediatamente ai ragazzi della mia brigata, alle persone che lavorano con me. E' una brigata strana, composita, ci sono tante personalità diverse e tante provenienze: chi arriva dal Giappone, chi dall’India, chi dallo Sri Lanka, chi dall’Italia… C’è una grande varietà di esperienze, di culture, di storie. Quando penso alla mia idea di fattore umano mi vengono in mente tutti loro e la contaminazione che deriva da questo incontro».
Come si manifesta tale contaminazione?
Le culture in cucina diventano colori, sapori: le persone che sono arrivate da me hanno portato tutto questo, contaminando anche il mio pensiero, il mio modo di vedere e di cucinare. Il mio carattere mi porta a condividere con loro molte scelte, a parlare insieme a loro del menu: quando discutiamo di queste cose, ognuno contribuisce con la propria visione, propone spezie, aromi, tradizioni. Tutto questo si traduce in una contaminazione molto positiva. Ultimamente poi ho fatto un’esperienza molto importante per quanto riguarda il fattore umano.

Bosco durante l'incontro con i ragazzi dell'Istituto Alberghiero di Amatrice
Quale?
Pochi giorni fa fa sono stato con gli
Ambasciatori del Gusto a inaugurare il ciclo di lezioni organizzate dall'Associazione in collaborazione con l'
Istituto Alberghiero di Amatrice (
qui un racconto di quella giornata, ndr). Avere a che fare con questi giovani ragazzi mi ha permesso di capire come il lavoro fatto sulla formazione nel mio laboratorio abbia un’importanza che travalica quelle mura: oggi, grazie a questa formazione e grazie ai ragazzi che l’hanno ricevuta, posso uscire e pensare di dare il mio contributo anche ad altri giovani. Quindi è come se il fattore umano si moltiplicasse, permettendomi di passare parte del mio pensiero e della mia esperienza ad altri esseri umani.
Nella gestione della brigata quali credi che siano i tuoi punti fermi, in che modo pensi di stimolare chi lavora con e per te a esprimere il proprio meglio?
Per me la chiave di tutto è l’ascolto, anche perché è la cosa più difficile. Quando uno chef, un pizzaiolo, o un pizza-ricercatore come mi definiscono, ha un’idea in testa, può capitare che la segua senza stare a sentire quelle altrui. Invece è fondamentale l’ascolto, perché ti permette di cogliere i punti di forza di chi ti circonda. Forse anche per questo nei confronti di molti dei ragazzi della mia brigata sono diventato quasi una specie di padre, una guida: sono persone che mi dimostrano ogni giorno uno straordinario rispetto, ma io credo che questo nasca anche da come e quanto ho saputo ascoltarli.

Aria di pane, di Renato Bosco
Il piatto simbolo di questa quattordicesima edizione del Congresso nasce dall’unione di una tua pizza e di una di Franco Pepe. Un simbolo efficace di un dialogo sempre maggiore, che nasce dal rispetto reciproco, tra pizzaioli di tutta Italia. Anche questo è fattore umano…
E’ verissimo. Fino a qualche anno fa ci studiavamo partendo da un aspetto esteriore: guardando come ognuno di noi faceva la pizza. Da Nord a Sud osservavamo forme diverse, consistenze diverse, lievitazioni, rischiando di fermarci a questo. Oggi è un elemento che è stato messo da parte, quello che conta è il rapporto che abbiamo tra noi. Ci sentiamo, dialoghiamo e ci rispettiamo senza pensare alle differenze: io chiamo
Franco Pepe,
Gino Sorbillo,
Gabriele Bonci e tutti gli altri, pensando solamente alla relazione umana e al grande rispetto che c’è tra noi. La pizza ci ha uniti. Anche per questo sono felicissimo di questo logo: non contano tanto gli spicchi miei e di
Franco, conta quel cerchio che si chiude e che racchiude, abbraccia, tutta l’Italia della pizza.
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