Pic nic di uova sbattute sotto gli alberi. Galline in braccio da accarezzare come gatti. Capre che zompettano nei campi aperti e trabucchi come enormi ragni abbarbicati alle scogliere. Di quei posti davanti al mare che t’aspetti di vedere passare da un momento all’altro un postino comico in bicicletta e un poeta triste, a litigarsi la proprietà della poesia: è di chi la scrive o di chi gli serve? Così Peschici, provincia di Foggia, costola nord-orientale della Puglia, scampolo di terra cara a Lucio Dalla che fra i primi esplorò le profondità di questo mare. Qui nacque e vive Iginio Ventura, classe 1980, orafo per mestiere e gelatiere per vocazione: «Da bambino mi facevo chiamare Andrea, perché Iginio non lo azzeccava nessuno e allora tagliavo corto».

Gelato di pistacchio Dop ai tre agrumi
Un destino dolce nel nome, trascorso fra pozzetti e carapine, quelle di
Pina Gel (corso Umberto I 7, Peschici. Tel. +39 338 4070879), come mai avrebbe immaginato. «Nella mia vita hanno sempre gravitato grandi donne, mia nonna
Lucrezia, trent’anni a far gelati, mia madre
Pina che ha dato il nome alla gelateria, e poi le vicine di casa, la tata che mi accudivano a turno nel corso della mia infanzia a Peschici vecchia».
Figlio e nipote d’arte, il piccolo Iginio cresce e decide che da grande vuol fare l’orafo. Detto fatto, se ne parte per Valenza Po in provincia di Alessandria, epicentro del comparto. Sono anni lucenti d’oro e d’argento, in cui il più giovane degli artigiani disegna modelli, effettua riparazioni, salda col laser e brucia le tappe dando prove di abilità che sorprendono i colleghi più maturi. Nel 2001 crollano le torri nel World Trade Center di New York e l’eco di quella frana si riflette sull’economia mondiale travolgendo l’oreficeria alessandrina. È una strada rovinosa che nel breve volgere di pochi anni si rivela senza ritorno, e Iginio stanco di guerra torna a casa. Sono mesi di buio pesto e d’incertezze, trascorsi a chiedersi che fare.
Finché un giorno la madre domanda:
mi porti al mare? «Non l’aveva mai fatto prima, me ne stupii ma senza pensarci troppo feci quel che mi chiedeva». Davanti al mare è il posto dell’amore, quello dove si concepiscono le grandi traversate, ed è lì che mamma
Pina propone al figlio di prendere in mano le redini della gelateria di famiglia. Lui trasecola. Tornano a casa. Nonna
Lucrezia li accoglie con aria interrogativa.
Iginio coglie lo sguardo complice delle due donne e si concede una notte per pensarci. Il giorno appresso la decisione è presa, e chiarisce ad entrambe: «Se devo fare il gelato lo farò a modo mio. Mi sfoderarono un doppio, irresistibile sorriso. Così è andata».

Iginio Ventura con mamma Pina
«Le prime volte che mi sono cimentato col gelato mi sono accorto che avevo introiettato i gesti solo osservando mia nonna. Le mie mani si muovevano come mosse da un automatismo», spiega il gelatiere, e prosegue: «Non sono cambiate molte cose con il mio ingresso, ma molte cose sono migliorate». Identica è rimasta la ricetta
Crema degli angeli, cavallo di battaglia di
Pina Gel. Una crema classica, cotta lentamente a mano sul fuoco, i profumi sono quelli di una scorza di limone e un quarto di cannella. Solo tuorli d’uova, leggera e soffice.
Dal 1984, dalle donne all’uomo di casa per il volgere di tre generazioni, a cambiare è stata la ricerca dedicata alle materie prime, tutte a filiera controllata, ma anche il ruolo tutto nuovo dedicato della frutta in una gelateria per lo più di sole creme. Frutta garganica, a esser precisi. «Una sponda dove mi hanno trascinato i vagabondaggi e l’amore per i luoghi dove sono nato». Così è nato il gelato alla pera Marchese, «più compatta, omogenea, più croccante». Alla pera Ischitella: «Piccola, croccante ma dal cuore molto morbido, i sentori mielati». Ai fichi: «I fioroni, i più precoci, hanno molta polpa ma il sapore è meno deciso. Mentre i fichi Uccellini che maturano fra fine agosto e settembre, sono i più piccoli e i più dolci. A seconda del periodo usiamo tutta la frutta».

Ed è la frutta il tono dominante del gelato, a costo di rimetterci in struttura: «L’amarena per esempio, un frutto fastidiosissimo da lavorare. Quei quattro-cinque alberi dai cui le raccolgo li tratto come se fossero davvero i miei. Ne vien fuori una sorta di gelato sbagliato, con una struttura labile, evanescente, ma così voglio che sia: non deve risultare corposa, ma dissolversi, lasciare al palato il sapore della polpa, della frutta e del nocciolo. Un sacco di sapore, anzi un succo che diventa gelato». Il risultato è, letteralmente, commovente. Anche quando il gelatiere osa in complessità e ricerca, come nelle stracciatelle o nel pinzimonio, ovvero il
Cazzimperio secondo
Iginio Ventura: sorbetto di finocchio su una base di arance nude, appoggiato su un crostino di pane abbrustolito con olio d’oliva, sale, pepe bianco e nero e erbe aromatiche (principalmente timo). Evoluzione dell’insalata garganica - arance con sale e olio – roba da poveri che in fatto di sapore davano carte ai ricchi.

La stracciatella di arancia amara del Gargano
«Mia nonna mi ha sempre detto: svegliati presto ma non tanto. Va per la tua strada e fa cose buone», e
Iginio ha preso la faccenda alla lettera partendosene ogni estate con l’apecar carica di meraviglie ambulanti. A distribuire gelato come rime baciate, perché il gelato come la poesia: non è di chi lo fa, è di chi gli serve. E a chi non serve un poco di dolcezza?