Dopo Fontegro, ci siamo sentiti con Paolo Marchi. A un certo punto lui aveva scritto: «Al ristorante Shoti (di Kiev in Ucraina, ndr) ci hanno detto che non si trattava di una pizza bianca ma di un piatto tradizionale georgiano». Era un messaggio di chiara sfiducia, in ogni singola lettera, nei confronti degli anelli di khachapuri. Servire una pizza agli Italiani e definirla piatto nativo georgiano! Dovevo affrettarmi a rassicurare l’autorevole gastronomo milanese del fatto che, al contrario, la Georgia vanta preparazioni tradizionali che somigliano alla pizza ma che non hanno nulla a che fare con lei. Ecco che l’articolo sul khachapuri acquista una certa rilevanza. Mentre scrivo, giungo alla conclusione che non esistono altre preparazioni come quest'antica ricetta. Nasce dalla combinazione di “khacho” e “puri”, formaggio e pane in georgiano.
Partiamo dalla base, il pane. A differenza della verace pizza napoletana, non esistono ricette o regole da seguire per preparare un pane da khachapuri. La maggior parte dei cuochi utilizza il lievito. Il trucco è quello di evitare di fare un panino tondo (bun) invece di una base solida che sposerà in modo perfetto il formaggio. Pochi riescono a farlo, in Georgia e anche in Ucraina, dove chioschi di pane georgiano si trovano un po' ovunque.

Il tweet di Paolo Marchi da cui tutto cominciò
Per approfondire bene il tema, sono andata proprio da
Shoti, in compagnia dello chef
George Khuchua e del suo
khachapuri. Lo cucina nella versione
Adjarian (Adjara è un paese nel sud-ovest della Georgia,
ndr), la mia preferita: pane di farina bianca, formaggio fuso, burro, tuorlo d’uovo tutti insieme a forma di barca, o di occhio. Il ripieno caldo è mescolato velocemente dal cameriere e io posso rompere la crosta per far colare il formaggio. Mmm!
George mi insegna il modo giusto per finire il
khachapuri (sì perché non esisterà il modo perfetto per realizzare l’impasto, ma esiste il modo perfetto per mangiarlo). Si deve arrotolare il fondo coi resti del formaggio fino a formare un tubo.
Il formaggio tipico utilizzato più spesso è il
chkkhinti o quello dell’Imerezia: fresco e soffice, si ammolla nell’acqua bollente e si può impastare assieme a del
suluguni (della regione del Sagremelo,
ndr), un altro formaggio a pasta dura, elastico e a strati. Ma avevamo cominciato col pane. Nelle case, l’impasto si basa di solito sul latte acido
matsoni. Questo tipo di
khachapuri s’inforna su una padella asciutta – come le
placintas tipiche della Moldova – e poi si chiude, alla maniera del
calzone. Invece, il
penovani, un tipo di
khachapuri cittadino diffuso a Tbilisi, utilzza fogli di pasta soffiata.
La piccola Georgia è composta da tante piccole identità: la lingua di una regione non viene mai compresa dagli abitanti di quella accanto. E quelli che vivono in
Svanezia parlano una lingua tutta loro – una lingua non scritta. Ancora ricordo una foto degli anni Trenta: un cavallo che trasportava delle sterpaglie, senza ruote. Perché gli Svaneti sono piuttosto tradizionalisti, difficilmente scambierebbero i loro
kubdari ripieni di carne per un altro genere di
khachapuri o di pizza.

Achma, un tipo of khachapuri con l'uovo nell'impasto. A cosa somiglia? Alla lasagna!
Esistono sono poi altri
khachapuri tradizionali. Gli Imeresi ne fanno uno del tutto simile, così come i Mingreli, che sopra ci mettono il formaggio. I
gvezeli sono aperti a mezzaluna, con uova bollite. La cucina di Adjara ruota talmente attorno al formaggio che il pane manca proprio del tutto in alcune preparazioni. Il chechel, il formaggio ammollato in acqua bollente, si asciuga. Ci metti sopra del burro fritto di noccioline e via.
Un altro genere di
khachapuri, l’
achma, viene fatto con un soffice impasto arrotolato di uova. Gli ampi strati vengono prima bolliti, poi raffreddati rapidamente in acqua, lasciati asciugare, fatti a strati e messi in forno. A cosa somiglia? Incredibilmente, alle lasagne. E se c’è ancora qualcuno che insiste a dire che il
khachapuri sia un tipo di pizza, allora dovrà anche ammettere che la pizza è una lasagna. Meglio rimanere dal lato sano del pane e del formaggio, combinati alla maniera tradizionale georgiana.