Avellino non è una piazza facile, e non lo è perché qui la tradizione gode del suo peso specifico e la forza delle abitudini, lo stato delle cose, lasciano che qualsiasi forma di novità e intraprendenza attecchisca in maniera molto più lenta rispetto alle grandi città. Ma è il suo ritmo, va rispettato, e in qualche modo anche sfidato… con estrema pazienza.
Una generosa dose della quale non si è mai privato Guglielmo Capaldo che oggi, finalmente tira un sospiro di sollievo e sorride pensando alle “pieghe” che ha preso il suo percorso nel tempo, conducendolo a una meritata affermazione della sua creatura sua e del suo socio, Alessandro Matarazzo: stiamo parlando di Capaldo Forno Contemporaneo.
Pizze alla pala, cuzzitielli, ben 17 tipologie di pane e tante altre diavolerie, tutte golosissime ed eseguite con precisione e tecnica da brividi, cibo quotidiano per Guglielmo che questo lavoro lo ha avuto sotto gli occhi da sempre, sebbene i suoi esordi lo abbiano portato per un po’ su altre rotte.

Alcune delle varietà di pane a disposizione al Forno
Sono passati anni, decenni da quando il forno della famiglia Capaldo ad Atripalda (Avellino) ha iniziato a sfornare pane per questo piccolo centro, e di cui Guglielmo rappresenta la quarta generazione. Nel forno è cresciuto, ma prima che questo potesse costituire una minima attrazione per il suo futuro, si laurea, triennale e magistrale in Economia. Prima di allora poca roba: era uno spettatore, incantato, fiero, ma di mettere le mani in pasta non se ne parlava proprio.
Poi scatta qualcosa, il brivido di provarci almeno, al fianco della mamma e del papà, partendo dalle basi, dalla tradizione, da ciò che è sempre stato fino a sentirsi pronto a metterci del suo. E così comincia a frequentare i primi corsi, cruciali quelli al fianco di Jonathan Trombini e Andrea Sortino, da cui inizia ad assorbire tutta quella teoria che stimola il desiderio di sperimentare.

Il misto versione Capaldo
«Ne ho buttati di impasti», confessa Guglielmo, eppure guarda felice a quegli errori, «per la lucidità di chiedermi il perché stessi sbagliando: dopotutto è questa la chiave per crescere, consapevoli del valore del proprio lavoro e dei risultati raggiunti, con una buona dose di autocritica per spingere in avanti sempre quel poco in più».
In molto - ed è un’ammissione che invita a ragionare - hanno contribuito anche i social alla maturazione della sua arte: ne passano di contenuti, tanti, troppi, spesso di dubbia qualità, eppure in quel mare magno di input, di tanto in tanto emergono anche consigli, visioni, riflessioni che Guglielmo prende ed elabora, trovando risposta proprio ai suoi errori, o per colmare vuoti rispetto a questa o quella preparazione. Tanto studio, tanta teoria e quella pratica febbrile che aiuta a misurare la propria capacità anche su un numero di consumatori cospicuo, con la promessa di offrire sempre alta qualità.

Passione impasto, in questo caso per una pizza sottile e croccante
Da qui la decisione di andare oltre l’attività di famiglia e mettere su un’insegna che rispecchiasse il mutamento dei tempi e portasse un’ondata di freschezza. Siamo nel 2021 e Capaldo Forno contemporaneo apre per la prima volta le sue porte: un azzardo? Forse, sia per il momento storico che ci si trova a vivere, sia perché tanto Guglielmo – ed è lui a confessarlo - quanto la città, ancora non erano pronti a questa missione. «Sono andato vicino, vicinissimo alla chiusura più volte, ma rinunciare a quanto avevamo creato sarebbe stato un dolore troppo grande da sopportare e così abbiamo strinto i denti e siamo andati avanti».

La grande squadra di Capaldo Forno Contemporaneo: Star, Guglielmo, Assunta, Rosanna, Davide e Franco, il papà di Guglielmo
Non è mancato mai il supporto dei genitori, del papà in particolare, «perché se io mi sveglio alle 4, lui alle 3 è già in laboratorio; dei ragazzi che mi affiancano, della mia compagna Roberta con la quale, con estrema naturalezza, abbiamo trovato un modo tutto nostro di comunicare attraverso i social»… ed è proprio così che anche noi ci siamo interessati a questa storia: baguette alveolate, tagli di pane con lame affilate che quasi sfiorano il petto di questo giovane fornaio, i cuzzitielli – come vengono chiamati i fondi del pane farciti, grondanti di ogni bene, qui realizzati con una ciabatta per rendere più leggero l’involucro e dare più spazio alla farcia – che scricchiolano sotto i denti e strabordano, sonori crunch di pizze alla pala e succose focacce. Un racconto quotidiano, pane per pane, vale a dire ciò che ha mosso una vera e propria rivoluzione sfidando le convenzioni locali.

I Cuzzitielli versione "Salsiccia e friarielli"
Intanto, eliminando dall’assortimento il pane bianco, abituando il pubblico a farine integrali o semi-integrali, fino a riscrivere la sorte del pane avellinese, il cosiddetto pane misto. «Ma misto può essere tutto e noi abbiamo deciso di studiarne una nostra versione, il nostro pane ai cereali realizzato con farine e semi di cereali integrali, il prodotto che più ci rappresenta, in linea con i gusti e la tradizione della città».

Il Pezzone da oltre 10 kg
Studi di precisione sulla baguette, la ciabatta (sia di semola, che di grano saraceno, realizzate con due pre-impasti, uno base biga e l’altro lievito madre) fino alle grandi pezzature del sabato, perché il pane duri tutto il weekend – parliamo di forme da 2/3kg ma capita anche che certi pezzi superino i 10 kg, veri capolavori di panificazione perché al di là della suggestione dettata dalla dimensione, questo pane è buono, e buono per davvero.
E poi c’è la pizza, anche qui una sfida, anche qui un territorio sconosciuto in una città dove spopola la napoletana e per le cene fugaci, la pizza in teglia. Guglielmo, invece, punta sulla pala o sulle focacce farcite, vaporose, croccanti, generose nel ripieno: «Nel weekend vendiamo fino a 80/90 pale, e ci tengo a precisare che lo facciamo rispettando quelli che sono i turni di lavoro di una panetteria: alle 20.30 cascasse il mondo si chiude. Spingerci ulteriormente sacrificherebbe il nostro tempo libero».

È sempre più centrato lo studio sulle ricette, quella ricerca di una costante agrodolce, di consistenze, e sempre un buon livello di umidità attraverso preparazioni facilmente replicabili tutte orchestrate dal grande lavoro di Mattia Barbarisi, giovanissimo anche lui, che ha dato vita a vere e proprie icone del forno: la Vegetale con humus, spinaci al burro e cardoncelli; la Tripla cipolla ramata, fino al sogno – presto al banco – di una Würstel e patatine con tutti i crismi, una pizza per le famiglie con una salsiccia buona e le patatine belle croccanti.
La soddisfazione è tanta, cresce, perché non solo in città, ma anche dalle altre province arriva un pubblico sempre più curioso di conoscere questo giovane panettiere. «Ci vuole sacrificio, abnegazione, non è un lavoro per tutti, ma credo che una delle più grandi soddisfazioni oggi sia vedere i miei ragazzi chiedere di venire a dare una mano anche durante i turni di riposo».
Sogni? Tanti: tra questi la possibilità di sporgersi oltre il confine regionale e chissà, ancora ancora di più.
C’è consapevolezza delle sfide, ma anche delle gioie che questo mestiere può donare, e quella sincera umiltà di voler rimanere con i piedi per terra perché «quel che conta è fare un buon prodotto, sforzandosi di non deludere mai il pubblico che mi ha dato tanta fiducia. Il resto è poca roba: dopotutto sono solo un panettiere e tale voglio rimanere». Buon futuro!