Abbiamo tutti in mente il pannello con lo scoraggiante conto alla rovescia che devono affrontare i visitatori in coda: 2 ore e mezza nell’ipotesi migliore, 6 ore in quella peggiore. La domanda è: ne vale la pena? Per noi la risposta è una sola: sì. Perché il padiglione del Giappone, il più ambito dell’intera Esposizione Universale, non è solo il ristorante dai coperti contati Minokichi, quello da 220 euro per il menu kaiseki speciale (9 portate) di cui si è tanto discusso. Va molto oltre. E' il solito vizio del dito e della luna. Cerchiamo di concentrarci sul satellite terrestre.
L’architetto Atsushi Kitagawara – Japan Art Academy Prize 210, una sorta di Nobel dell’arte giapponese – ha concepito un maxi-contenitore di due piani a prevalenza legno, un materiale scelto non a caso perché simboleggia la «suprema risorsa rinnovabile», tenuta assieme da un metodo di tensione compressiva, un sistema di giunture piuttosto ingegnoso e complesso.

La prima metà della visita si passa osservando spettacolari rappresentazioni su soggetti e ritmi della natura e delle stagioni
Il concetto di fondo del padiglione è quello di illustrare il viaggio del cibo dai campi agricoli alla tavola. E il clou avviene nello spettacolare piano terra, quello della zona espositiva, divisa in più ambienti. Il primo piano è invece dedicato a un’ampia area eventi e ai due ristoranti: il suddetto Minokichi, inaccessibile se non si è prenotato con largo anticipo, e un ristorante molto più accessibile e alla mano, per il quale non occorre fare la coda.
I vari ambienti in cui è diviso il piano terra s’ispirano alla saggezza della natura e alla tradizione artigiana, due pilastri nella cultura alimentare millenaria del Paese, una “diversità armoniosa” che è la somma di una devozione nei confronti della natura e dei suoi ritmi ma anche dell’ascolto che dovremmo dare alle persone coinvolte nella filiera del cibo. Si passa così attraverso poetiche sale hitech che riproducono via via scene di degrado e rigenerazione ambientale, luce e ombra, vita e morte a corridoi lastricati di pavimenti pietroso, tipici dei giardini giapponese, un simbolo di ospitalità.

Alla tavola giapponese del primo piano si può accedere anche senza fare la coda: in carta, ottime pietanze di tempura e soba, sushi, curry o steak che vanno da 10 a 30 euro
Accompagnati da riproduzione di suoni e odori stagionali, aromi e fragranze delle quattro stagioni si accede poi a una vetrina che riassume le conoscenze e le tecniche tradizionali di fermentazione ed essiccamento, una bacheca sul cibo che illustra una grande quantità di alimenti, dagli ingredienti di base ai prodotti finiti. Da intattenersi per ore a osservare quel che si può fare col riso, l'umami, le fermentazioni. Il pesce, i crostacei, le verdure.
Ma non si può perché si marcia spediti per l’attesa degli altri in coda che incalza dietro. E anche perché l’ambiente successivo è il più rilevante di tutti: ci invita a riflettere sui problemi di scala globale - come la standardizzazione dell’agricoltura, l’iniqua distribuzione delle risorse e la scorretta alimentazione - e le soluzioni proposte del Giappone per risolverli. Per esempio l’istituzione di cooperative di agricoltura, pesca e silvicoltura a sostegno delle famiglie di contadini, la dieta a base di soia per salvare il mondo dalla crisi delle risorse commestibili, lo studio dei microrganismi del suolo per rigenerare i terreni aridi e le tecniche avanzate di conservazione per ridurre gli sprechi.

Difficile, in questi ultimi giorni di Expo, trovare un tempo inferiore d'attesa a questo. Nel caso, approfittarne
Ancora: il genoma del riso, un tipo di coltivazione sviluppato per adattarsi ai cambiamenti climatici. L’agricoltura di precisione, la fotosintesi artificiale, i progetti di sviluppo dell’agricoltura in Africa e in Asia e dell’agricoltura urbana per garantire la sicurezza alimentare.
Una vera miniera di spunti di cui discutere seduti non tanto al "Ristorante del futuro" (una pièce teatrale divertente, soprattutto per i bambini) o al Minokichi (a proposito, non c’è solo il menu da 220 euro ma anche quello da 7 portate a 80 euro) ma alla semplice tavola giapponese, un luogo vivace con diverse isole di cucina (tempura e soba, sushi, curry house o steak house) in cui spendere da 10 a 30 euro. Per farsi un buon pasto e uscire più ricchi di prima, in ogni direzione.