La prima volta che abbiamo bevuto la Lacrima di Morro d'Alba eravamo a Riccione. Il nostro eno-pusher di San Marino ci aveva caldamente consigliato questo vitigno autoctono marchigiano. Lo ricordiamo perfettamente. Era il 2003 ed eravamo in cerca di qualcosa da abbinare allo spaghetto allo scoglio home made. Se Morro d’Alba non destava molto scalpore, la parola “lacrima” accese un grappolo di sinapsi nella nostre teste. La curiosità non si pagò fino a che non venimmo a sapere che il nome di quest’uva deriva dal fatto che la buccia degli acini pienamente maturi arriva a spaccarsi trasudando gocce di succo, lacrime appunto.
Appagati etimologicamente, abbiamo sperato di venire appagati anche sensorialmente e così è stato. L'anima della
Lacrima sono i suoi potenti profumi floreali, di viola e di rosa. Fragranze che riescono a inebriarti al primo respiro. E che storicamente avevano già inebriato
Federico Barbarossa durante l'assedio di Ancona, circa 850 anni orsono.
In 260 ettari di doc, nel 2011 sono stati vendemmiati 17mila quintali di uve Lacrima per 12.000 ettolitri di vino, cifre piuttosto ridicole se confrontate a quelle dei Sangiovese o Montepulciano marchigiani, circa 10 volte tanto. Le cantine della zona di produzione, che comprende i vitigni coltivati a Morro d’ Alba e nei comuni limitrofi quali Monte San Vito, San Marcello, Belvedere Ostrense, Ostra e Senigallia sono 18, ma le principali si contano sul palmo di una mano.
Marotti Campi,
Vicari,
Mancinelli,
Lucchetti e
Conti di Buscareto.
Mentre snocciola numeri,
Carlo Mazzoni, presidente dell'
Istituto per la Tutela Vini Marchigiani, non nasconde una punta di orgoglio: per la
Lacrima sta iniziando un cammino in discesa. Vuoi per il cambio generazionale alla testa della aziende produttrici, per una nuova sinergia tra enologo e azienda e infine per il salto verso i mercati esteri. "In questi ultimi anni è in atto una metamorfosi importante per la Lacrima, il passaggio da un vino di pronta beva a un vino di invecchiamento. Da un vino prodotto per il mercato e non solo per proprio piacere".
Chi afferma che la
Lacrima è un rosso travestito da bianco non dice tutta la verità. In questi ultimi anni, chi lo ha vinificato è riuscito a estrarne una buona struttura e un buon corpo. Un'altra particolarità di questo vitigno è la sua potente resa cromatica. Come ci racconta
Nazzareno Vicari, storico produttore di Morro d'Alba, "veniva principalmente usato come vino da taglio, come 'colorante' per i vini che sul colore risultavano più scarichi".

Ne esiste anche una versione sparkling, di Conti di Buscareto (il dedign dell'etichetta è di Bob Noto)
La
Lacrima è messa sul mercato anche in versione superiore, dopo aver fatto un anno di botte, e in versione passito. Recentemente, la cantina
Conti di Buscareto ne ha lanciato anche una versione spumantizzata che sta già mietendo i primi successi.
Claudio Luconi, patron di questa azienda, ci ha parlato dei difetti e dei pregi di questo vitigno sottolineando che "al naso esplode e al contempo in bocca rimane secco, questa caratteristica lo rende ben abbinabile anche a primi piatti con sugo e a carni come coniglio e faraona".
Moreno Cedroni ha rincarato la dose, lui che della Lacrima è un grande estimatore per i tannini morbidi e sensuali. "Piatti di pesce salsati in primis ma anche grigliate. E con cibi speziati, ma non troppo piccanti". Con la
Lacrima, lo chef di Senigallia continua a fare la gelatina da abbinare ai formaggi. "Cuocio il vino a bassa temperatura per mantenere l'integrità dei suoi profumi e non farlo diventare un
vin cott". Insomma un vino perfetto per le fiabe, ma che avrebbe molto da dire anche in un western di
Sergio Leone.