Montalcino non è solo Brunello. Ma la valorizzazione di un territorio così ricco e sfaccettato passa anche dal Rosso di Montalcino, sempre che questo non venga considerato dai consumatori, ma prima ancora dagli stessi produttori, un “fratello povero” del Brunello, senza una propria personalità e identità.
Su questo aspetto il Consorzio del Brunello di Montalcino ha le idee molto chiare, tanto da aver organizzato a luglio la manifestazione Red Montalcino, che aveva proprio come focus il Rosso.

Il presidente del Consorzio vino Brunello di Montalcino Fabrizio Bindocci
«Siamo arrivati alla seconda edizione – ha spiegato il presidente del
Consorzio Fabrizio Bindocci – con oltre 70 produttori che hanno creduto in questa iniziativa. È piaciuta molto anche la location della fortezza di Montalcino, dove siamo stati realmente bene, e il risultato ha soddisfatto anche gli stessi produttori. Abbiamo registrato il tutto esaurito, abbiamo dovuto rimandare indietro tanta gente, purtroppo, per poter garantire la sicurezza di tutti, ma anche spazi che potessero permettere a tutti di godersi l’iniziativa».
In sostanza sono arrivate oltre 500 persone, che era comunque il tetto massimo consentito per «garantire un evento elevato da un punto di vista qualitativo», insiste Bindocci.

La fortezza di Montalcino
Alla luce di
Red Montalcino, qual è l’idea che hanno i consumatori del
Rosso di Montalcino? «Amministro una grande azienda che vende 200mila bottiglie di
Rosso di Montalcino in tutto il mondo – spiega il presidente
Bindocci, che è l’amministratore delegato di
Il Poggione - Abbiamo visto e capito che è un vino con un’identità propria e negli anni sta crescendo la richiesta del
Rosso di Montalcino, anche per aziende che per anni non lo hanno fatto. È un prodotto che piace, e che aiuta ad avvicinarsi al
Brunello. Copre una fascia più ampia di abbinamenti per un pranzo, mentre il
Brunello è più “selettivo”. Ci sono
Rossi con anime più importanti, altri che sono più freschi. Sono le diverse facce dello stesso vino. E tutti lo vendono».
In tal senso, infatti, c’è stato un cambio di passo: «Le aziende anche blasonate, importanti, che non puntavano sul Rosso ma sul Brunello, si sono dovute ricredere, perché il mercato ci chiede il Rosso di Montalcino». D’altronde il dato è chiaro: nel 2022 c’è stato un aumento delle vendite del 19% di Rosso.

Hanno partecipato 70 produttori
Bindocci insiste: «Non è il fratello povero del
Brunello, ha la sua identità, la sua tipicità. Botte grande, barriques, acciaio… Ogni azienda poi fa le proprie scelte».
Ma allora, cosa manca perché anche il Rosso possa fare un balzo in avanti? «Manca poco. Posso dire che il cambio generazionale nelle cantine ha fatto la differenza. I figli, i nipoti dei fondatori, sono ragazzi che hanno studiato, e questi ragazzi girano il mondo, si confrontano, assaggiano. Questo fa la differenza. Il cambio generazionale è stato migliorativo, con la tecnologia, l’attenzione alla vigna, i diradamenti, il biologico (oltre 50% dei nostri vigneti è biologico)».

Il presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci con il direttore Andrea Machetti durante la manifestazione
Un aspetto sul quale il presidente insiste molto. «Si può fare bene stando sempre più attenti alla gestione del territorio. Noi dobbiamo essere bravi a migliorarlo. Eravamo uno dei territori più poveri d’Italia, senza costruire nemmeno un’industria, ma abbiamo mantenuto la biodiversità. Dal 1997 non abbiamo aperto l’albo del
Brunello di Montalcino, perché puntiamo sulla qualità». Il vigneto, da 26 anni contingentato a 510 ettari, è gestito per il 98% da produttori/imbottigliatori, con solo il 2% dei contrassegni distribuiti a imbottigliatori puri.
«Abbiamo capito quando tirare il freno a mano e fermare la macchina – conclude Bindocci - Noi lo abbiamo fatto. Abbiamo preservato il bosco, che è un polmone importantissimo, e tutelato tutta la biodiversità. E di conseguenza anche i vigneti». Il risultato poi si vede. E si beve.