08-12-2022

Sicilia Doc, alla ricerca del Nero d'Avola più autentico. Per superare i pregiudizi

Tre giorni di confronto e approfondimento a Noto. Servono orgoglio e perseveranza: tra terreni, altitudini e climi, il fattore più importante resta quello umano

Alla ricerca della vera essenza del Nero d'Avo

Alla ricerca della vera essenza del Nero d'Avola, superando stereotipi e pregiudizi: è questa una delle missioni del Consorzio Tutela Vini Doc Sicilia

Orgoglio e perseveranza. Se vogliamo capire che cosa significhi il Nero d’Avola per la Sicilia, e soprattutto che cosa voglia diventare nel futuro più immediato, dobbiamo andare oltre ogni pregiudizio nei confronti dei vini realizzati da questo vitigno autoctono e concentrarci su queste due parole.

L’orgoglio è quello, da parte dei produttori siciliani, di avere un vitigno autoctono unico che può dare grandi vini capaci di unire intensità a eleganza, struttura a bevibilità.

La perseveranza è invece quella di proseguire sulla strada intrapresa, alla ricerca proprio di realizzare dei Nero d’Avola più moderni, al passo con i tempi, che possano affrontare le sfide dei mercati mondiali – e quindi al di fuori dei confini naturali dell’Isola – alla pari di altre importanti aree vitivinicole.

Il Nero d'Avola è il principale vitigno a bacca rossa della Sicilia

Il Nero d'Avola è il principale vitigno a bacca rossa della Sicilia

Il Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, nato una decina di anni fa con la volontà di valorizzare il brand legato all’Isola, ha cercato di approfondire il tema legato al Nero d’Avola che, anche solo per numero di ettari vitati, rimane il principale vitigno a bacca rossa della regione. E lo ha fatto con un’iniziativa, Discovery Nero d’Avola, che in una tre giorni con base a Noto, ha proposto masterclass e visite in azienda a un gruppo di giornalisti e comunicatori italiani, per poter “puntare i riflettori” su questo vino che soffre ancora di un retaggio legato a un’idea di prodotti ricchi, carichi, pesanti e poco eleganti, spesso morbidi e di non facile beva.

Ma non è questo il vero Nero d’Avola.

Prima di entrare nel merito di questa Discovery, è importante rammentare alcuni numeri per comprendere l’importanza del discorso. Il vigneto Sicilia può contare di 97mila ettari, un’area più grande rispetto alle vigne di tutta la Nuova Zelanda o del Sud Africa, per fare degli esempi. La Sicilia è sostenibile per natura: suolo diversificato (con 100 giorni di raccolto), clima vario, abbondanza ampelografica (più di 70 varietà autoctone), un potenziale di 42mila ettari di vigneti sostenibili, e una grande biodiversità.

Alcuni vigneti di Nero d'Avola in Sicilia

Alcuni vigneti di Nero d'Avola in Sicilia

La Doc Sicilia, invece, rappresenta 7.902 viticoltori e 530 imbottigliatori, con 24.683 ettari rivendicati, per un totale di 96.455.700 bottiglie. Di queste 49.893.189 sono di Nero d’Avola. Per quanto riguarda il territorio, il Nero d’Avola in Sicilia è coltivato su 15.387 ettari, 8.551 ettari di Doc Sicilia.

Fare un focus preciso sul Nero d’Avola, comunque, risulta molto complesso. Il Consorzio Doc Sicilia ha proposto due masterclass differenti, incentrate su terreni e altitudini. Ma nelle tre giornate di approfondimento abbiamo capito che il vero “X Factor” è il fattore umano, dei produttori. È difficile, se non impossibile, parlare di un Nero d'Avola siciliano con un’unica identità, ma bisogna ragionare sui diversi Nero d'Avola, legati comunque tutti dalla volontà della buona parte dei produttori di andare a cercare la bevibilità a scapito della struttura.

Una delle masterclass che si è svolta a Villa Giulia in val di Noto

Una delle masterclass che si è svolta a Villa Giulia in val di Noto

La prima masterclass ha evidenziato sei differenti terreni che conferiscono particolari caratteristiche al Nero d’Avola, con l’assaggio di vini dell’annata 2020. Il primo terreno preso in considerazione era un medio impasto franco argilloso, che offre sensazioni più legate a note fresche, floreali e fruttate: il vino affinava solo in acciaio. Il secondo campione era da terreno argilloso, che conferisce più struttura e longevità: qui il vino aveva avuto un affinamento in barriques, in parti nuove, e l’anima del legno ha influito sulle caratteristiche del campione. Il terzo arrivava da un suolo sabbioso, ricco di ferro: caratteristiche che portano ad avere delicatezza, come dimostrato dal vino assaggiato che era lavorato solo in acciaio.

Si passa quindi al terreno “bianco”, calcareo, che conferisce sicuramente una maggiore verticalità. Il vino aveva anche una buona complessità, dettata anche da una permanenza per 12 mesi in botti di rovere da 25 ettolitri. Il quinto campione, da terreno calcareo si esprimeva maggiormente per note minerali, anche se perdeva un po’ di eleganza, con un frutto abbastanza carico amplificato dai 12 mesi in tonneaux. Infine il sesto, da terreno argilloso e limoso, era il vino più “scuro”, con un naso molto intenso di amarena.

Sei campioni per sei terreni diversi: le differenze si vedono anche solo alla vista

Sei campioni per sei terreni diversi: le differenze si vedono anche solo alla vista

La seconda masterclass, invece, ha riguardato le altitudini, dove è stato evidenziato come il Nero d’Avola sia resistente ai periodi siccitosi, mantenendo la sua ottima acidità, ma non ami particolarmente le altitudini, in quanto sopra i 650 metri la vendemmia si protrae troppo, rischiando quindi di essere inficiata dalle precipitazioni e quindi dall’eccessiva umidità. In questo caso sono stati assaggiati sei campioni diversi, partendo dai 100 metri salendo fino ai 600 metri di altitudine.

In entrambi i casi, resta apprezzabile il tentativo di studio legato a terreni e altitudine, ma il vero fattore decisivo per il Nero d’Avola rimane quello umano.

Tutti i vini in degustazione, infatti, erano caratterizzati dalle varie decisioni dei produttori, partendo dalle scelte in vigna fino ad arrivare alle tecniche di cantina e agli affinamenti, in acciaio oppure in legno di diverse capacità e tostature. O ancora in anfora, come assaggiato in alcune cantine visitate. Bisogna inoltre pensare – come espresso precedentemente tramite i dati – che il territorio è particolarmente esteso, ricoprendo l’intera Sicilia. Un ragionamento potrebbe riguardare gli areali omogenei, zone che abbiano vari fattori simili e che per questo possono avere delle similitudini di terroir.

Alcune bottiglie di Nero d'Avola, rigorosamente Doc Sicilia

Alcune bottiglie di Nero d'Avola, rigorosamente Doc Sicilia

Ma allora, arrivando al punto, com’è questo Nero d’Avola?

Ritorniamo al concetto iniziale: prima di tutto bisogna cancellare quell’idea legata al Nero d’Avola degli anni Novanta (ma anche inizio Duemila), dove in commercio si avevano vini dalle grandi concentrazioni, compatti, spessi, troppo pesanti. Non è questa l’anima autentica del Nero d’Avola.

Con i vari assaggi, anche durante i pranzi e le cene con i produttori, si è potuto notare come ci sia una maggiore ricerca di finezza e bevibilità. Certo, non tutte le ciambelle riescono col buco: si trovano ancora prodotti sovrastrutturati, dove il legno viene considerato come un elemento stesso del vino e non uno strumento per migliorare il prodotto. Ma il trend sembra essere quello di fare uscire la vera anima del Nero d’Avola: freschezza ed eleganza, che si traducono in bevibilità.

Il presidente del Consorzio Antonio Rallo in mezzo alle vigne

Il presidente del Consorzio Antonio Rallo in mezzo alle vigne

Ed ecco che tornano le due parole chiave: orgoglio e perseveranza. L’orgoglio di avere un vitigno unico su cui puntare e la perseveranza di cercare di realizzare vini maggiormente al passo con i tempi. La strada è stata indicata, è giusto che tutti i produttori la seguano.

La conclusione la affidiamo alle parole del presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, Antonio Rallo. «Il Nero D'Avola è un prodotto che esprime in modo universalmente apprezzato caratteristiche territoriali e culturali proprie dell'isola e sta senza dubbio fornendo un contributo prezioso nel far conoscere sempre di più la Sicilia nel mondo con le sue eccellenze». Ma adesso sembra giunto il momento di fare un ulteriore passo avanti.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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