14-08-2022

Cara Sur a Barreal, Argentina: vini fuori dal comune, fatti da persone eccezionali, in un luogo straordinario

Nella Valle di Calingasta, il duo Bugallo-Zuccardi porta avanti una viticoltura eroica volta al recupero e alla valorizzazione di un luogo isolato, dei suoi antichi vigneti e delle preziose varietà che custodisce

Cara Sur e la Valle di Calingasta. La cantina, in

Cara Sur e la Valle di Calingasta. La cantina, inaugurata a maggio di quest’anno, è circondata da pioppi e montagne, che marcano il carattere e l’identità di chi vive in questi posti: «Il nostro sguardo è sempre rivolto verso le cime che ci circondano, che scandiscono il ritmo della vita in questi luoghi» ci ha detto Pancho Bugallo, una delle due anime del progetto

Cara Sur significa “versante sud”, che nell’emisfero meridionale è quello più freddo. La parete meridionale  di cui parleremo in questa storia (di sopravvivenza, di superazione e di viticoltura eroica) è quella del Cerro Mercedario, che coi suoi 6.720 mt di altezza è l’ottava cima più alta del continente americano. È la sua cara sur a battezzare questo singolare progetto enoico.

Si può pensare alla Valle de Calingasta come a uno scrigno nascosto, che ha custodito nel tempo viti piantate all’inizio del secolo scorso e varietà autoctone salvate dallo sradicamento proprio grazie al loro isolamento geografico. Piante enormi, con fusti come tronchi d’albero, che si sono adattate nei decenni alle caratteristiche del luogo - al clima, al suolo, all’altitudine (siamo tra i 1500 e i 1700 mt di altezza). Tra questi vigneti crescono da quasi un secolo uve creole ma non solo: troviamo il Listán Prieto (conosciuto in Argentina come Criolla chica), uva originaria della Spagna e progenitore, assieme al Moscato di Alessandria, della maggior parte delle uve creole.

Le varietà creole, uvas criollas, sono vitigni autoctoni del Sud America, nati qui oltre 400 anni fa, dall’incrocio di uvaggi portati nel Continente Americano dagli spagnoli.  La stragrande maggioranza delle uve creole ha come progenitori ilListán Prieto, (conosciuto come Criolla Chica in Argentina, e Uva País in Cile), portato nel continente dai conquistadores, e il Moscato di Alessandria (Zibibbo), portato in Sud America dai gesuiti. Come si vede dall’albero genealogico in foto, Torrontés San Juanino, Moscatel Tinto, Moscatel Blanco, Criolla Grande, Canela, Cereza sono tutte “figlie” - geneticamente parlando - del Listán Prieto e del Moscato di Alessandria. Anche il Malbec è progenitore di due varietà creole. Si ringrazia per l’immagine la giornalista inglese Amanda Barnes che ha disegnato quest’albero genealogico per la sua The South America Wine Guide una guida completa, meticolosa e appassionata sulla produzione vinicola del continente Latino-americano e i suoi protagonisti

Le varietà creole, uvas criollas, sono vitigni autoctoni del Sud America, nati qui oltre 400 anni fa, dall’incrocio di uvaggi portati nel Continente Americano dagli spagnoli.  La stragrande maggioranza delle uve creole ha come progenitori ilListán Prieto, (conosciuto come Criolla Chica in Argentina, e Uva País in Cile), portato nel continente dai conquistadores, e il Moscato di Alessandria (Zibibbo), portato in Sud America dai gesuiti. Come si vede dall’albero genealogico in foto, Torrontés San Juanino, Moscatel Tinto, Moscatel Blanco, Criolla Grande, Canela, Cereza sono tutte “figlie” - geneticamente parlando - del Listán Prieto e del Moscato di Alessandria. Anche il Malbec è progenitore di due varietà creole. Si ringrazia per l’immagine la giornalista inglese Amanda Barnes che ha disegnato quest’albero genealogico per la sua The South America Wine Guide una guida completa, meticolosa e appassionata sulla produzione vinicola del continente Latino-americano e i suoi protagonisti

Le uve creole stanno tornando in auge in Argentina e sono utilizzate da sempre più produttori per creare vini beverini, espressivi con un basso grado alcolico. Al momento queste varietà autoctone occupano circa un 30% della superficie vitata del paese. Quello che c’è di realmente eccezionale a Cara Sur è di certo l’altitudine a cui crescono, ma anche l’età delle piante. Oltre alle uve creole, tra questi vigneti si trovano piante antiche di Listan Prieto e le uve che gli anziani del luogo chiamano da decenni las viejas tintas

Le uve creole stanno tornando in auge in Argentina e sono utilizzate da sempre più produttori per creare vini beverini, espressivi con un basso grado alcolico. Al momento queste varietà autoctone occupano circa un 30% della superficie vitata del paese. Quello che c’è di realmente eccezionale a Cara Sur è di certo l’altitudine a cui crescono, ma anche l’età delle piante. Oltre alle uve creole, tra questi vigneti si trovano piante antiche di Listan Prieto e le uve che gli anziani del luogo chiamano da decenni las viejas tintas

Si trovano poi quelle che gli anziani del posto chiamano las viejas tintas - le vecchie uve rosse -  che solo recentemente Sebastìan e Pancho, con l’aiuto dell' INTA (Instituto Nacional de Tecnología Agropecuaria), sono riusciti a identificare come uvaggi provenienti dalla zona della Savoia e del Piemonte, portati dai nostri emigrati e piantati qui a inizio secolo con il sistema della pergola: tra questi vigneti troviamo Barbera, Bonarda, Grignolino, Greco Nero, Balsamina, Graciano e naturalmente del Malbec.

Sebastian Zuccardi e Franciso “Pancho” Bugallo, le due anime dietro a Cara Sur. Qui con una pianta di quasi un secolo di Criolla Chica (Listan Prieto), uno dei vitigni più emblematici del progetto. Varietà originaria della Spagna, portata nel continente dai conquistadores, geneticamente parlando, è il genitore della grande maggioranza di uve creole identificate in Argentina. In tutto il paese ne rimangono pochi ettari, dettaglio che rende queste piante ancora più preziose oltre alla loro età e al fatto che è molto difficile trovarne a queste altitudini. Grappoli di dimensioni ridotte e acini piccoli danno vita a vini dal colore scarico (non concentrato) ma con tannini definiti e un profilo aromatico e una struttura molto interessanti

Sebastian Zuccardi e Franciso “Pancho” Bugallo, le due anime dietro a Cara Sur. Qui con una pianta di quasi un secolo di Criolla Chica (Listan Prieto), uno dei vitigni più emblematici del progetto. Varietà originaria della Spagna, portata nel continente dai conquistadores, geneticamente parlando, è il genitore della grande maggioranza di uve creole identificate in Argentina. In tutto il paese ne rimangono pochi ettari, dettaglio che rende queste piante ancora più preziose oltre alla loro età e al fatto che è molto difficile trovarne a queste altitudini. Grappoli di dimensioni ridotte e acini piccoli danno vita a vini dal colore scarico (non concentrato) ma con tannini definiti e un profilo aromatico e una struttura molto interessanti

Come detto: un patrimonio, un sito di archeologia vinicola che ha molto da raccontare.  Interpretarlo, però non è un lavoro facile: in primo luogo perché l’isolamento geografico, se ne ha reso possibile la sopravvivenza, comporta anche oggettivi problemi logistici. Secondo perché tutte le varietà sono “mischiate”: «La vite va sempre trattata come un individuo» ci dice Sebastián «ma solitamente si cerca di uniformare le piante del vigneto per poterle lavorare più facilmente. Qui non è possibile, ogni pianta è un discorso a sé». 

I vigneti e le piante di Cara Sur. «Ogni pianta, in ogni posto è un individuo a sé» ci ha detto Sebastián «ma di solito si cerca un equilibrio. Quando ti trovi davanti questi vigneti con piante di 80 anni d’età, non puoi modificare la potatura da un momento all’altro: la pianta è cresciuta così e tutto il lavoro deve esser fatto in modo molto graduale, molto lento, rispettando la struttura della pianta»

I vigneti e le piante di Cara Sur. «Ogni pianta, in ogni posto è un individuo a sé» ci ha detto Sebastián «ma di solito si cerca un equilibrio. Quando ti trovi davanti questi vigneti con piante di 80 anni d’età, non puoi modificare la potatura da un momento all’altro: la pianta è cresciuta così e tutto il lavoro deve esser fatto in modo molto graduale, molto lento, rispettando la struttura della pianta»

La linea dell'orizzonte a Barreal, Valle di Calingasta. L’isolamento geografico di Barreal rappresenta tanto una sfida dal punto di vista logistico (qualsiasi cosa ti serva, si trova a più di tre ore di distanza), quanto ciò che ha permesso che si conservasse il prezioso patrimonio di vecchie vigne e varietà autoctone, piantate nel secolo scorso dall’immigrazione europea: «Se Barreal fosse stata raggiunta dallo sviluppo, molto probabilmente questi vigneti sarebbero stati estirpati per piantare Malbec» ci ha sottolineato Sebastiàn Zuccardi

La linea dell'orizzonte a Barreal, Valle di Calingasta. L’isolamento geografico di Barreal rappresenta tanto una sfida dal punto di vista logistico (qualsiasi cosa ti serva, si trova a più di tre ore di distanza), quanto ciò che ha permesso che si conservasse il prezioso patrimonio di vecchie vigne e varietà autoctone, piantate nel secolo scorso dall’immigrazione europea: «Se Barreal fosse stata raggiunta dallo sviluppo, molto probabilmente questi vigneti sarebbero stati estirpati per piantare Malbec» ci ha sottolineato Sebastiàn Zuccardi

Questo scrigno pieno di gemme è stato preso in mano dall’agronomo Franciso “Pancho” Bugallo che dal 2013 ha coinvolto l’amico Sebastiàn Zuccardi, enologo talentuoso e visionario, oltre che personalità di spicco nel mondo vinicolo argentino (ve ne abbiamo parlato qui e qui), che si è reso subito conto della peculiarità di quanto si è trovato davanti: «Ho sempre amato Barreal per il suo carattere incontaminato, puro, rimasto fuori dal cosiddetto sviluppo» ci ha raccontato «quando Pancho mi ha fatto vedere questi vigneti ho capito subito che davanti a noi c’era qualcosa di unico, di completamente differente».  

Le monumentali conformazioni rocciose che costituiscono l’Alcazar de Calingasta e, a sinistra, il paesaggio che si può ammirare arrampicandovisi. L’Alcazar è una formazione morfologica, un monumento naturale che si trova nel dipartimento di Calingasta, a 20 km da Barreal. In lontananza si scorge laCordillera Frontal. Dietro le conformazioni di roccia che si ammirano dall’Alcazar, scorrono paralleli la Ruta Nacional 149 e il fiume Rio de Los Patos, in mezzo il paraje Hilario su cui sorgono, a 1550 metri di altezza, i vigneti di Cara Sur

Le monumentali conformazioni rocciose che costituiscono l’Alcazar de Calingasta e, a sinistra, il paesaggio che si può ammirare arrampicandovisi. L’Alcazar è una formazione morfologica, un monumento naturale che si trova nel dipartimento di Calingasta, a 20 km da Barreal. In lontananza si scorge laCordillera Frontal. Dietro le conformazioni di roccia che si ammirano dall’Alcazar, scorrono paralleli la Ruta Nacional 149 e il fiume Rio de Los Patos, in mezzo il paraje Hilario su cui sorgono, a 1550 metri di altezza, i vigneti di Cara Sur

Insieme, Sebastiàn e il Pancho hanno dato vita a un progetto fortemente identitario i cui vini hanno già conquistato una nicchia nei principali mercati internazionali, attirando anche l’attenzione e i plausi di critici e personalità del vino internazionale: il critico del New York Times, Eric Asimov, ha inserito recentemente un’etichetta di Cara Sur (per la precisione il Cara Sur Calingasta Valley Finca Maggio 2018) in una selezione di 12 etichette - tra Argentina e Cile - meritevoli di menzione e assaggio (12 Wines From Argentina and Chile to Seek Out). 

Oltre al carattere organolettico, alla personalità e alla bevibilità dei vini di Cara Sur, questo progetto assume valore anche per la tutela del patrimonio vinicolo che racchiude, come detto, e si presta a ottimo ulteriore esempio del grande momento che sta vivendo la viticoltura in Argentina. Da vini omologati alle aspettative del mercato e ai luoghi comuni - il Malbec ad alta gradazione alcolica, i vini rossi full bodied ecc, che noia - si è passati in pochi anni a progetti da cui nascono vini favolosi con un carattere e una marcata identità, espressioni sfaccettate e mai banali del carattere di un luogo, o meglio dei luoghi che compongono il paese. 

Ma quale luogo raccontano i vini di Cara Sur

L’immensa e imponente Cordigliera delle Ande che attraversa il continente latinoamericano da nord a sud è in realtà composta da tre gruppi montuosi: la Precordillera, la Cordillera Frontal e la Cordillera del Límite (il limite, è quello con il Cile). È tra la Cordillera e la Precordilera che si sviluppa, longitudinalmente, la Valle di Calingasta, a circa 1700 metri di altezza, in provincia di San Juan, valle in cui troviamo la manciata di case e di anime che formano Barreal.

Barreal, prende il nome dal Barrel Blanco, o Pampa del Leoncito, una piana argillosa a 20 km dal paese, che si estende per 18 km di lunghezza e 6 di ampiezza. Si tratta del bacino prosciugato di un lago antico, una depressione completamente pianeggiante di terra argillosa e crepata (barro, come detto, vuol dire fango, argilla) su cui si tengono campionati di windcar. Scenario più che suggestivo per essere introdotti al carattere del luogo e dei suoi vini

Barreal, prende il nome dal Barrel Blanco, o Pampa del Leoncito, una piana argillosa a 20 km dal paese, che si estende per 18 km di lunghezza e 6 di ampiezza. Si tratta del bacino prosciugato di un lago antico, una depressione completamente pianeggiante di terra argillosa e crepata (barro, come detto, vuol dire fango, argilla) su cui si tengono campionati di windcar. Scenario più che suggestivo per essere introdotti al carattere del luogo e dei suoi vini

 Barro vuol dire fango e Barreal è un piccolo paesino di poche migliaia di abitanti, fatto di case costruite con mattoni di fango e argilla, con il tipico tetto in caniccio. Si trova a più di tre ore di macchina dalle due città più vicine, Mendoza - guidando verso sud - e San Juan, guidando verso est, tra la Cordillera Frontal e la Precordillera, appunto. È un posto realmente isolato e ameno, con cieli limpidi, un clima desertico e arido - un livello di precipitazioni annuali che non arriva ai 100 mm di pioggia -, con importanti escursioni termiche tra il giorno e la notte, temperature estive miti, grazie all’altitudine, e inverni rigidi. Nonostante il clima arido, c’è abbondante disponibilità di acqua, grazie ai fiumi (da disgelo dei ghiacciai della Cordigliera) Castaños, Calingasta e Los Patos. In questi luoghi si coltivano aglio, patate, alfalfa e crescono rigogliosi lunghi filari di pioppi che marcano il profilo del paesaggio di questi posti, assieme alle cime della Cordigliera.  

Pancho Bugallo vi è arrivato da bambino, da Buenos Aires, al seguito dei genitori che vi giungono a loro volta per coltivare alfalfa. Appassionato di alpinismo e scalata, al momento di scegliere cosa studiare opta per agronomia - «volevo un piano di studi che mi permettesse di rimanere vicino alla montagna». A Mendoza viene in contatto con la viticultura: «Un cammino senza ritorno». Cerca dei vigneti, li trova, senza probabilmente capire in un primo momento il valore e l’unicità di quello che ha davanti, ma inizia a vinificare in casa e vende il vino ad amici e conoscenti. 

Altro cammino senza ritorno è stato quello compiuto verso la vetta del Mercedario, assieme al fratello di due anni più giovane. Nel 2006 Pancho e Santiago tentano in pieno inverno l’ascensione dal versante sud, la cara sur, per prepararsi alla scalata dell’Himalaya. Si accampano alla base e aspettano una finestra di bel tempo che arriva con una giornata ventosa tale da pulire i 2000 metri di ghiaccio della parete sud del Mercedario. A 300 metri dalla cima vengono colti da una tempesta, rimangono bloccati ad alta quota fino al giorno successivo con temperature attorno ai -50°C. Con le mani e l’attrezzatura fuori uso l’unico modo per proseguire è cimare e scendere dal lato più facile. Pancho e suo fratello sopravvivono miracolosamente, dopo 5 giorni passati in queste condizioni. Passeranno settimane in ospedale, e poi in sedia a rotelle e si vedranno preclusa la possibilità di tornare a scalare. Questo allontanamento forzato e doloroso dalla montagna porta Pancho a concentrarsi sugli studi, prima e sulla viticoltura poi.  

Dal 2013 coinvolge Sebastián e il progetto prende forma. Oggi Cara Sur conta 5 ettari di vigneti (di proprietà e in affitto), produce circa 50 mila bottiglie e 12 etichette ed esporta nei principali mercati internazionali. L’annata 2022 è stata la prima svoltasi completamente nella nuova cantina appena inaugurata, con una gestione del lavoro molto più facile rispetto agli inizi, che hanno visto i due vinificare nel garage dei genitori di Pancho: «A un certo punto avevamo bisogno di spazio per poter continuare a crescere anche qualitativamente: sostenere equilibrio e precisione lavorando in un garage non è stato facile» ci ha raccontato Sebastiàn.  

Sebastian Zuccardi e Pancho Bugallo, amici e soci in questo progetto, all’entrata della loro cantina, inaugurata quest’anno. Vasche, uova e tulipe di cemento non vetrificato, lieviti autoctoni, fermentazioni spontanee e macerazioni sulle bucce (il rosato è l’unico vino che fermenta senza le sue bucce). La cantina è sprovvista di elettricità, ma non c’è comunque bisogno di controllare le temperature grazie al clima del luogo che regala notti molto fresche, specialmente in tempo di vendemmia

Sebastian Zuccardi e Pancho Bugallo, amici e soci in questo progetto, all’entrata della loro cantina, inaugurata quest’anno. Vasche, uova e tulipe di cemento non vetrificato, lieviti autoctoni, fermentazioni spontanee e macerazioni sulle bucce (il rosato è l’unico vino che fermenta senza le sue bucce). La cantina è sprovvista di elettricità, ma non c’è comunque bisogno di controllare le temperature grazie al clima del luogo che regala notti molto fresche, specialmente in tempo di vendemmia

La cantina di Cara Sur è stata inaugurata a maggio di quest’anno. Disegnata dall’architetta Marcela Manini, compagna di Sebastiàn, utilizzando i materiali e le tecniche tradizionali del luogo. La 2022 è la prima annata che Sebastian e Pancho sono riusciti a completare interamente nella loro cantina. Le origini del progetto hanno visto annate fatte nel garage dei genitori di Pancho e nel capanno da giardino, condizioni date ancora una volta dall’isolamento: non ci sono altre cantine per centinaia di km a cui appoggiarsi

La cantina di Cara Sur è stata inaugurata a maggio di quest’anno. Disegnata dall’architetta Marcela Manini, compagna di Sebastiàn, utilizzando i materiali e le tecniche tradizionali del luogo. La 2022 è la prima annata che Sebastian e Pancho sono riusciti a completare interamente nella loro cantina. Le origini del progetto hanno visto annate fatte nel garage dei genitori di Pancho e nel capanno da giardino, condizioni date ancora una volta dall’isolamento: non ci sono altre cantine per centinaia di km a cui appoggiarsi

Non che questi due ragazzi siano alla ricerca di qualcosa di facile. Quello che succede a Barreal è, oltre a tutto il resto, una prova ulteriore delle - tante - cose in comune che hanno Uomo e Vite. Dalle condizioni più difficili ed estreme, nasce il succo più interessante. Una storia di sopravvivenza, superazione, adattamento: dell’uomo e della vite. Un progetto che dà valore al passato e lo proietta nel futuro: «Ci sono pochissime piante di Listán Prieto in Argentina, per questo ne stiamo anche piantando di nuove. Saranno i nostri figli a raccoglierne i frutti, così come oggi noi raccogliamo quelli di chi ha piantato queste piante quasi un secolo fa».  

Un progetto dai ritmi lenti e dalla visione chiara: questi due ragazzi sanno in ogni momento dove vogliono arrivare, cosa stanno facendo e perché. Al momento di scegliere il nome del progetto, viene naturale, per Pancho, guardare una volta di più al Mercedario rappresentato anche in molte etichette: «Su quella parete abbiamo perso amici scalatori, significa molto per noi: rappresenta una linea di connessione tra quello che facciamo adesso e la montagna». 

La nostra fotogallery di Cara Sur:

Tutte le etichette di Cara Sur sono state disegnate da Nuria Añó Gargiulo, compagna di Pancho e disegnatrice grafica; raccontano le cime della Cordigliera: la montagna in questi luoghi forgia il clima, i suoli, il carattere della gente, dell’uva e del vino. La prima etichetta a sinistra riproduce la parete sud del Mercedario: la cara sur che battezza il progetto

Tutte le etichette di Cara Sur sono state disegnate da Nuria Añó Gargiulo, compagna di Pancho e disegnatrice grafica; raccontano le cime della Cordigliera: la montagna in questi luoghi forgia il clima, i suoli, il carattere della gente, dell’uva e del vino. La prima etichetta a sinistra riproduce la parete sud del Mercedario: la cara sur che battezza il progetto

Luogo ideale per soggiornare di passaggio per Barreal e per godere della pace, del silenzio e della bellezza di questi luoghi è la Posada Paso de los Patos. Dalle suite si sente di giorno il suono del fiume Rio de Los Patos, che scorre a pochi metri; di notte, il suono dei grilli e delle stelle che riempiono questi cieli limpidissimi

Luogo ideale per soggiornare di passaggio per Barreal e per godere della pace, del silenzio e della bellezza di questi luoghi è la Posada Paso de los Patos. Dalle suite si sente di giorno il suono del fiume Rio de Los Patos, che scorre a pochi metri; di notte, il suono dei grilli e delle stelle che riempiono questi cieli limpidissimi

Sebastian Zuccardi e Pancho Bugallo, assieme alle rispettive compagne Marcela Manini (con il microfono in mano) e Nuria Añó Gargiulo, il giorno dell’inaugurazione ufficiale della cantina, a maggio di quest’anno

Sebastian Zuccardi e Pancho Bugallo, assieme alle rispettive compagne Marcela Manini (con il microfono in mano) e Nuria Añó Gargiulo, il giorno dell’inaugurazione ufficiale della cantina, a maggio di quest’anno


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales

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