Vini di Vignaioli - ventesima edizione qualche settimana fa nella nuova sede di Varano de’ Melegari, più spaziosa e capace di accogliere gli oltre 200 vigneron da tutta Italia e qualche ospite straniero - è sempre l'occasione ideale per esplorare il mondo dei vini naturali, alla scoperta di chicche inaspettate. In questo periodo èpiù che mai, «tanta la voglia di dare un segnale di ripresa - ha spiegato l’ideatrice e organizzatrice Christine Marzani Cogez - È stato bello tornare alla degustazione in presenza, di rivedersi in uno dei primi appuntamenti dopo tanto, troppo tempo».
Uno dei motivi per cui l’evento merita una visita è insito nel suo nome, nel suo essere una due giorni in cui i vignaioli sono protagonisti, nella dimensione artigianale e nell’atmosfera informale che si vive - i desk dei produttori sono da sempre accolti all’interno di una semplice tensostruttura - con al centro le piccole e medie aziende che spesso vendono solo direttamente in cantina, ad affezionati, la loro produzione di nicchia. Oltre che qui, perché sì, Vini di Vignaioli è anche mostra mercato e si possono acquistare i vini assaggiati e anche alcuni prodotti alimentari selezionati di aziende biologiche (da non perdere l’area espositori food verso l’ora di pranzo!).

Un altro motivo assai valido per non mancare, per chi osserva con curiosa attenzione il mondo del vino, è che il salone è cartina di tornasole per capire dove va il mercato del biologico e del biodinamico, segmenti sempre più frequentati ormai non solo più da un pubblico di giovanissimi, ma da ristoratori ed enoteche. Basta per esempio un primo giro per accorgersi che il vino rifermentato in bottiglia, che da qualche anno bussa più o meno timidamente anche alla porta delle carte dei vini dell’alta ristorazione, non è più un fenomeno isolato, ma quasi ogni azienda ne propone la sua versione.
Uno per tutti, il vino frizzante
Hey Girl! di
Old Boy, azienda del Vicentino - presentato in trilogia con
Hey Boy! ed
Hey You! - che cattura subito l’occhio per l’etichetta coloratissima. Si tratta di un classico taglio da metodo classico, trasposto però su uve mature e macerate - dalla maturazione del Pinot nero e dalla macerazione dello Chardonnay deriva il colore intenso di buccia di cipolla - e il risultato è un vino beverino, pulito, gradevole compagno a tavola.
Il salone è anche occasione per imbattersi in esperimenti, più o meno audaci, di vinificazione, come
Iastemma, la Falanghina che la cantina
Canlibero lascia a macerare sulle bucce per 8 mesi: vini forse non da tutti i giorni o palati, ma della cui esistenza è interessante sapere. O un Moscato di Terracina da vigne di 70 anni - sapido, incantevolmente balsamico - che
I Cacciagalli sta provando a vinificare e che non ha ancora un nome. Poi le etichette meno note anche se provenienti da zone storiche della viticoltura italiana, e qui pensiamo a
Villa Calicantus, Bardolino, con la sua
Avresir, “riserva” all’incontrario, le uve provengono da una delle vigne più alte del paese e il nome è manifesto della convinzione che il Bardolino può essere un vino capace di invecchiare due anni in botte e raccontare una storia diversa e interessante. E ancora, gli outsider, come
VikeVike, azienda di poco più di due ettari e meno di 15mila bottiglie all’anno voluta dal giovane enologo
Simone Sedilesu, dell’omonima famiglia che gestisce una delle più note cantine della zona di Mamoiada, Sardegna.
A
Vini di Vignaioli, infine, si va anche per ritrovare – ogni tanto è ci vuole! – qualche conferma e per gustarsi le annate nuove di aziende frequentate con più costanza. Ed ecco il friulano
Marco Sara con il suo
Verduzzo 2017,
Terre di Giotto con il
Riesling Massimo 2018 e il
Gattaia bianco, stessa annata, un vino che si distingue per complessità e per la bellissima nota agrumata.
Sì, degustare in pubblico ci era mancato…