15-04-2017

Il Vinitaly va oltre le mode: evviva gli autoctoni e il territorio

C'è sempre maggiore consapevolezza da parte dei produttori del valore aggiunto dei vitigni unici

Si è conclusa la 51esima edizione del Vinitaly: a

Si è conclusa la 51esima edizione del Vinitaly: appuntamento al prossimo anno, dal 15 al 18 aprile

L’Italia del vino è alla ricerca della propria identità, andando in profondità, alle radici del proprio territorio e a scoprire soprattutto il suo enorme patrimonio di vitigni: è questo uno dei temi usciti dal Vinitaly 2017, appena concluso. 

Come abbiamo già avuto modo di scrivere (leggi: Degustare l'Italia dei piccoli vitigni), raccontando una bella degustazione organizzata dall’associazione Le Donne del Vino, il patrimonio nazionale conta 560 varietà di vitigni differenti. Una biodiversità incredibile, unica al mondo, che i nostri produttori stanno imparando a valorizzare, comprendendo che le mode passano (e ci vengono in mente, per esempio, i vini superconcentrati o l’utilizzo sproporzionato di barriques nuove, dimenticando l’essenza pura dell’uva), mentre l’identità di un territorio resta. Ed è l’unica arma vincente, non per resistere, ma per conquistare sempre maggiori consumatori. Non parliamo solo di vitigni rari, ma anche di Sangiovese e Nebbiolo, giusto per fare due nobili esempi, che abbiamo solo noi.

Alessandro Campatelli di Riecine, azienda che dedica le proprie energie al Sangiovese

Alessandro Campatelli di Riecine, azienda che dedica le proprie energie al Sangiovese

Premessa fondamentale, questa, per presentare tre aziende che stanno lavorando proprio in questa direzione e che ci sono particolarmente piaciute in questo Vinitaly. La prima è Riecine, di Gaiole in Chianti, che ha  dedicato la propria produzione interamente al Sangiovese, per realizzare vini che abbiano un forte legame con il territorio. La conferma arriva dal general manager ed enologo Alessandro Campatelli: «Abbiamo 22 ettari, tutti a Sangiovese, che decliniamo, o meglio, interpretiamo nelle varie produzioni. Tutti i vini sono a fermentazione spontanea, cioè senza aggiunta di lieviti selezionati. Siamo molto legati alla tradizione e cerchiamo di valorizzare il patrimonio che abbiamo».

Ne è una dimostrazione il Chianti Classico 2015, vino autentico, ricco e molto beverino allo stesso tempo, con una produzione di circa 40mila bottiglie. La selezione di vigneti "La Gioia" porta il Sangiovese a un livello più alto e la punta di diamante è il Riecine di Riecine 2012, un Igt che ha la stoffa del campione. 

Luca Baccarelli e Luca Rosati con la bottiglia di Fiorfiore di Roccafiore

Luca Baccarelli e Luca Rosati con la bottiglia di Fiorfiore di Roccafiore

La volontà di produrre vini che "trasudino" storia, tradizione e territorio, può portare anche alla scelta di uscire dalle strette maglie delle Doc, per arrivare a vini maggiormente identitari. E' questo sicuramente il caso di Roccafiore, azienda agricola di Todi, in provincia di Perugia, che oltretutto punta molto sul Grechetto di Todi, vitigno utilizzato da pochissime realtà produttive. Il titolare Luca Baccarelli: «Vogliamo fare vini che siano legati al territorio, con i nostri vitigni. La nostra azienda nasce fin da subito come bio: una scelta precisa, per mantenere vivo il nostro legame con la terra».

L'azienda possiede 94 ettari, 15 dei quali vitati, ed è stata premiata per la  sostenibilità ambientale. I risultati? Il Bianco Fiordaliso (85% Grechetto di Todi e 15% Trebbiano Spoletino) conquista per freschezza e immediatezza, e il Fiorfiore 2015 (100% Grechetto di Todi) è un vino dal futuro garantito. Per i rossi, il Roccafiore 2014, 100% Sangiovese affinato in botte grande per 24 mesi, stupisce: in un'annata difficile, permane una grande bevibilità e una buona complessità al naso. 

Il travolgente sorriso di Elisa Semino, azienda La Colombera di Tortona

Il travolgente sorriso di Elisa Semino, azienda La Colombera di Tortona

Un piccolo gioco, per concludere. Chi conosce il Nibiò? O almeno sa da che zona proviene? Ammettiamolo, è una domanda difficile, visto che ci sono solo due aziende che producono questo interessante vitigno autoctono piemontese. Una di queste è La Colombera di Elisa Semino, una realtà che si sta facendo conoscere soprattutto per il Derthona Timorasso (restiamo nel campo degli autoctoni e dei vini di territorio), ma che propone anche questa curiosità enologica che sta dando ottimi risultati. 

Qui ci sono 25 ettari coltivati a vite e 50 dedicati soprattutto alla produzione di ceci. Con il Nibiò viene realizzato il Suciaja (che significa "siccità") e il 2013 risulta essere una grande annata. Attenzione al Timorasso: abbiamo avuto l'occasione di degustare Il Montino, la selezione più importante dell'azienda, in una mini verticale di 2014, 2013, 2011 e 2006. Grande freschezza per il primo, struttura e spalla acida per il 2013, note più arrotondate per il 2011 ma ancora molto "vivo" e il 2006, dopo oltre 10 anni dalla vendemmia, è eccezionale per complessità e profondità. 


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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