18-12-2014

Zazzeri e il pesce alla Gaja

Super-cena alla Pineta col famoso winemaker: cotture leggere, materia prima eccezionale

Luciano Zazzeri all'opera nella cucina della Pinet

Luciano Zazzeri all'opera nella cucina della Pineta, con il figlio Daniele, mentre l'altro figlio Andrea sovrintende sala e cantina: questo ristorante di Marina di Bibbona è meta prediletta di tanti buongustai anche famosi, come il grande Angelo Gaja

«Qui ci sentiamo a casa», racconta Rossana Gaja tra una forchettata e l’altra. Piemontesi in trasferta con destinazione Toscana: arrivati nel 1994, con l’acquisizione di Pieve Santa Restituta in quel di Montalcino, di due anni successiva quella di Ca' Marcanda a Bolgheri, dieci minuti d’auto da Marina di Bibbona, perché questo è il luogo del desinare odierno: alla Pineta di Luciano Zazzeri per la precisione. Tavolata importante: l’enologo Attilio Pagli, Michele Scienza di Guado al Melo con la moglie Annalisa Motta e il padre, professor Attilio Scienza; poi Leonardo Raspini, direttore uscente di Ornellaia, il giornalista Isao Miyajima… E Oliviero Toscani, nelle vesti di produttore con la sua Ot wine. Tutti stretti intorno al padre di Rossana, Angelo Gaja, il winemaker italiano più famoso nel mondo.

Lui l’artefice della serata e lui anche l’alfa e l’omega del menu, «perché Angelo ha gusti personali: è sempre in giro, quindi chiede per sé e i suoi ospiti piatti leggeri di pesce freschissimo – spiega Zazzeri – Lo conosco da vent’anni, so come trattarlo, è abitudinario: niente salse, soffritti, pomodoro. E ha i suoi riti: vuole le bottiglie aperte, quindi scaraffate, poi chiede che il vino venga rimesso nella bottiglia, così che il commensale sappia cosa beve. Una volta ne assaggiò in questo modo 56 prima di farle servire. E’ attentissimo. Piemontese, appunto».
 
La Pineta a un passo dalle onde, al tramonto: un sogno che continua poi a tavola

La Pineta a un passo dalle onde, al tramonto: un sogno che continua poi a tavola

La Pineta è il posto giusto per lui, vero santuario del pescato tirrenico. «Sessant’anni di Zazzeri – spiega con orgoglio lo chef Luciano, che ne compie 59 il prossimo 17 gennaio – Iniziò nonna Nella insieme alla mia tata, ora 97enne. Mi ha insegnato la semplicità dei piatti e la verità del prodotto». Siamo ormai alla quarta generazione, perché lui è da anni affiancato dai suoi due figli, Daniele ai fornelli e Andrea in sala e cantina. Il padre sintetizza così: «Veniva a mangiare il marchese Mario Incisa della Rocchetta (padre del Sassicaia, ndr), poi è stato il turno del figlio Nicolò, ora della nipote Priscilla con i suoi bambini…». Dinastie del vino a tavola, insomma, come gli Antinori, i Frescobaldi, i Della Gherardesca. E, appunto, i Gaja.
 
Ed eccola, allora, la dieta alla Gaja by Luciano Zazzeri. Si inizia con Calamaretti alla Angelo Gaja: «Si aspetta che l’acqua bolla, si aggiunge un po’ di sale, quindi si immergono i calamaretti per mezzo di una chinois, giusto un giro veloce e poi si servono subito con olio a crudo, sale, pepe e due gocce di limone». Alternativa per crudaioli, un piatto di fantastici assaggi: tonno, palamita, ricciola, calamari di Piombino, gamberi, tartare di acciughe con capperi e olive, sgombro marinato con cipolla caramellata su crema di ricotta. Come primo, Linguine kamut pastificio Felicetti con calamaretti, seppioline, aglio e salvia, il tutto sormontato da una grattata di profumatissimo tartufo bianco locale, «è nostro, viene dalle colline tra qui e Volterra. Ho provato anche quello di San Miniato ma quest’anno è meno interessante: troppo asciutto, mentre quello della “bassa” è morbido, profumato, elegante». Confermiamo.
 
Gli Straccetti di pasta fresca con le triglie: tra i piatti più famosi di Zazzeri, anche se non fa parte dei prediletti di Gaja

Gli Straccetti di pasta fresca con le triglie: tra i piatti più famosi di Zazzeri, anche se non fa parte dei prediletti di Gaja

E’ tempo dei secondi, il diktat di Gaja è sempre lo stesso: cotture leggere. Dunque ecco una splendida Orata al sale: il pesce, pescato all’amo col palamito, attende al fresco il momento della cena ma viene posto fuori dal frigo tre ore prima della cottura, «perché – è il segreto - così la muscolatura si scioglie un poco, la cottura richiede meno tempo, dai 40-45 minuti abituali ai 28-30. In tal modo mantiene una maggiore succulenza». E’ di celestiale bontà, in effetti. Alternativa possibile, le Triglie al piatto alla Gaja: il pesce viene cotto direttamente nel piatto di porcellana sormontato da un coperchio d’acciaio, «niente vapore né acqua, sfruttiamo il calore riflesso, poi basta un leggero condimento a crudo». La condicio sine qua non di tutte queste preparazioni, ovviamente, è l’assoluta eccellenza della materia prima.
 
Qui non si sbaglia, l’indirizzo è stra-sicuro… a riuscire a raggiungerlo, immerso com'è nella pineta davanti alle onde, con una strada sterrata piena di buche e neanche illuminata: «Siamo fuori dal mondo, i clienti ci sono però affezionati – conclude Zazzeri - Ma vorrei anche qualche riconoscimento dai vicini, dalle istituzioni locali. Invece non ci sono mai venuti in aiuto», un classico all’italiana. Ma è, anche, un’altra storia.
 

Carlo Mangio

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a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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