Sole quattro ore di volo diretto da Milano, Bergamo o Pisa (ma facilmente raggiungibile da tutt’Italia con scalo a Madrid o Barcellona); eppure il clima è sub-tropicale e la temperatura minima si mantiene costante tutto l’inverno sui 17-18 gradi, mentre la massima va dai 23 ai 27: costume da bagno. Non sorprende, quindi, che Gran Canaria si stia imponendo come meta dei mesi freddi anche per numerosi vacanzieri italiani – i nordeuropei la frequentano da sempre in massa, il numero di visitatori annuali è di 2,2 milioni (su una popolazione che supera di poco gli 800mila), perlopiù concentrati nella parte meridionale, più esposta al sole e meno piovosa.
L’isola può vantare come ulteriori pregi quelli di essere low cost e di proporre una vivacissima vita notturna; però risulta piuttosto cementificata e fin troppo turistica – nel senso deteriore del termine - anche nella ristorazione. E se contro i palazzoni anni Settanta e Ottanta che deturpano interi tratti di costa c’è poco da fare, mangiare bene nel paradiso della tintarella-tutto-l’anno non risulta invece impossibile. Anche allontanandosi da Las Palmas, capoluogo caotico e non particolarmente affascinante, e percorrendo le rotte più battute dai tour operator, tra mille cucine di livello basso o persino bassissimo funzionali al turista mordi (schifezze) e fuggi, si scovano nascoste pepite del gusto che riscattano l’enogastronomia canaria tradizionale, quanto la sua evoluzione creativa.

Petto d'anatra su una patata dolce, puré di sedano con olio di oliva e sale al limone del ristorante Bamira
Da quest’ultima partiamo nel presentare il ristorante forse più interessante,
Identità Golose-style:
Bamira, colorato patchwork art decò - i quadri sono dello chef - di piatti fusion (siamo alla playa del Aguila di San Augustin, calle Los Pinos 11, +34.928.767666). Si sente forte l’influenza asiatica, qualche suggestione africana (soprattutto del vicino Marocco), il mare e la terra qui intorno, persino l’eco di tanti viaggi in Sud America: piacere gourmand. In cucina c’è l’austriaco
Herbert Eder, in sala la moglie
Anna, tra i denti proposte originali come la
Mousse di tonno con fiore di loto e caviale di trota, oppure la
Ricciola alle alghe con litchi e burro di anacardi. Non sempre l’equilibrio è magistrale (le nostre
Capesante speziate su vellutata di rape rosse tendevano inevitabilmente al dolce), però ogni piatto è un’idea, al commensale non mancano gli stimoli, lo chef ha il coraggio di rischiare e fa della propria cucina poliglotta uno specchio nient’affatto deformante dell’ambiente cosmopolita che si respira fuori dall’uscio.
Torniamo saldamente coi piedi sull’isola al
Satautey, il migliore tra i ristoranti gestiti dalla scuola alberghiera di Santa Brigida (calle Real de Coello 2, Monte Lentiscal, Santa Brígida, +34.828.010400): siamo lontani dal mare, un po’ fuori mano nel verde entroterra, che può essere assai fresco e piovoso (Gran Canaria è chiamata “continente in miniatura” a causa della varietà di climi e di panorami che è possibile trovarvi). La brigata, inevitabilmente giovanissima, è guidata con mano ferma da
Samuel López e si dedica in primis alla valorizzazione dei prodotti chilometro zero. Si può iniziare con un interessante piatto di formaggi isolani, oppure con la curiosa degustazione delle piccole patate locali, nelle varie tipologie, appena bollite e da intingere nei
mojos, salsine artigianali assai versatili a base di aglio, sale, olio, aceto ed erbe aromatiche; oppure, ancora, allargare un poco gli orizzonti per un fresco
Cevice di pompano (lampuga)
con arance delle Canarie e cipolla di Gàldar. Siamo in una tradizione appena rivisitata; e lo conferma la cottura delle carni, eccessiva e old-style, come per il nostro comunque gustoso
Filetto di maiale laccato al miele di palma.

La paella de pescados y mariscos del ristorante El Senador
Segnaliamo altri quattro indirizzi golosi, tutti tra Maspalomas e Playa del Inglés (che è come dire tra una frazione –
pueblo - e la sua spiaggia-conurbazione principale, per entrambi il Comune è quello di San Bartolomé de Tirajana, ma nessuno se ne accorge).
El Portalòn (avenida Tirajana 27, playa del Inglés, +34.928.771622) è un buon ristorante borghese di cucina basca, in cucina
José Cruz, sulla tavola piatti ben eseguiti come i classici baccalà al pil-pil o lasagne alla granseola (
txangurro); sulla stessa avenida, al numero 24, il semplice
El Churrasco argentino che offre tagli di carne fa-vo-lo-sa, cotta alla perfezione (ma provate anche la salsiccia e la
morcilla, fatevi consigliare dall’aostano signor
Mario, cameriere d’altri tempi; +34.928.762786); ancora poco più avanti c’è
Chez Vous (avenida de Tirajana 7, local 4, +34.928.777924), bistrot provenzale conveniente, dall’atmosfera splendidamente easy, gestito col sorriso da una coppia andaluso-alsaziana. Infine proprio nel cuore di Maspalomas, a
El Senador (Paseo del Faro, +34.928.140496) ho mangiato, a un metro dalla spiaggia e cullato dal dolce suono dello sciabordio, la miglior
paella mixta della mia vita.