Innestare una giovane mente creativa, molto tecnica e reduce da esperienze internazionali, nelle cucina di un locale dalla lunga tradizione e legato al proprio territorio, può portare a due esiti opposti: una perdita d'identità, il deragliare dai propri binari, oppure un cortocircuito positivo, il dischiudersi di prospettive più ampie, il raggiungimento di una dimensione contemporanea ed estremamente feconda. Due casi che ci sono capitati di recente s'iscrivono a questo secondo gruppo, per fortuna; e sono a breve distanza geografica l'uno dall'altro: Maicol Izzo alla guida del Piazzetta Milù a Castellammare di Stabia - ne parleremo prossimamente - e Francesco Sodano a Il Faro di Capo d'Orso, una quarantina di chilometri più a Sud-Est, scavalcati i Monti Lattari che costituiscono l'ossatura della Penisola Sorrentina.

La struttura iniziale di Capo d'Orso in una foto d'epoca
Quella di 
Capo d'Orso è una storia che inizia nel 1935, quando 
Luigi Ferrara, dopo un lungo periodo da emigrato negli States, tornò nella sua Maiori, terra natale. Lui era soprannominato 
Luigi ‘e Balilla perché coi denari guadagnati al di là dell'Atlantico s'era potuto permettere l'acquisto di un'auto -  una Balilla appunto - e anche di un appezzamento, un angolo di paradiso digradante verso il mare di fronte; lui che con la sua vettura s'era inventato una nuova attività da autista di piazza e percorreva ogni giorno il tratto Salerno-Positano scarrozzando turisti, s'era infatti innamorato di un fazzoletto di terra a metà strada tra Maiori e Cetara, chiamato 
Capo d'Orso. E lì la famiglia poco dopo aprì anche un bar, che poco a poco venne trasformato in ristorante, in cucina la moglie di 
Luigi, 
Anna, con la figlia 
Pia e 
Pasqualina, sposa dell'altro figlio, 
Bonaventura, impegnato in sala. S'inizia coi panini, poi sempre più si approda ai piatti della tradizione; e il locale diventa anche il punto di riferimento della zona per le cerimonie, i matrimoni.

Bonaventura e Pasqualina Ferrara in una foto d'archivio
Il salto di qualità avviene però negli anni Novanta, con la terza generazione dei 
Ferrara, ossia i rampolli di 
Bonaventura e 
Pasqualina: 
Luigi, Pierfranco e 
Pio. Nel 1999 viene creato 
Il Faro, indirizzo gastronomico del 
Capo d'Orso, stella Michelin dal 2005 con chef 
Rocco Iannone e sous appunto 
Pierfranco Ferrara (già con esperienze francesi da 
Michel Guerard, Marc Veyrat e 
Michel Rochedy), che sarebbe subentrato al primo poco dopo.

Pierfranco Ferrara al pass
Proprio durante il lungo regno di 
Pierfranco, durato a 
Il Faro fino al marzo scorso, tra i tanti ragazzi passati dalla cucina c'è stato anche un giovane allievo della scuola campana: 
Francesco Sodano, classe 1988 da Somma Vesuviana. Un ragazzo promettente, avviato - dopo studi liceali e complici i genitori, entrambi insegnanti all'alberghiero - a esperienze molto importanti: con 
Oliver Glowig all'
Aldrovandi Villa Borghese di Roma, poi all'
Oracle di Los Angeles, nei londinesi 
Galvin at Windows al 
London Hilton Park Lane, 
Annabel’s club a Mayfair, ed 
Enoteca Turi (oltre a uno stage al 
Fat Duck di 
Heston Blumenthal), per tornare in Italia al 
Quattro Passi di Nerano, «ma ho anche lavorato in locali da 200 coperti a pranzo e altrettanti a cena». Ma soprattutto formativo è stato il periodo «da quello che considero il mio vero maestro», ossia il grande 
Anthony Genovese, a 
Il Pagliaccio capitolino.
Per 
Sodano, chef a 
Il Faro da pochi mesi come talento di ritorno, una bella sfida. Gli esiti sono estremamente confortanti: noi abbiamo assaggiato una già eccellente versione di quella che altrove abbiamo definito 
Nuova Cucina Mediterranea, ossia quel connubio felice - e dalle potenzialità straordinarie - tra radice territoriale/tradizionale e contaminazione apportata dai giovani chef locali, partiti per il mondo e tornati con un accresciuto bagaglio di capacità e visioni ad arricchire ulteriormente il patrimonio di casa. Com'è, appunto, 
Sodano. Lui si dimostra sapiente nell'uso della texture, dell'acidità, dell'affumicato, del fermentato, persino dell'ossidato; nel presentare piatti che richiamano la tipicità, superandola per raffinatezza grazie a superbi tocchi aromatici e virtuosismi tecnici mai fini a sé stessi. Molto bravo davvero.
I 
Ferrara lo supportano; intanto, avendolo sgravato dal dover occuparsi anche dell'altra metà di 
Capo d'Orso, che oltre a 
Il Faro ha anche un ristorante "che fa numeri" e si dedica ai banchetti, con chef 
Catello Attanasio; così, 
Sodano può concentrarsi sul gastronomico, brigata di dieci persone con sous chef e pastry chef il fratello 
Salvatore, classe 1985. Poi, permettendogli di strutturare un'offerta piena e convincente a 360°, con delle chicche: gli ottimi lievitati (con lievito madre, pane di farina di segale e frumento, pane di farina integrale e di tipo 1, pane con semi di chia e cereali, focaccia di patate, grissini al pomodoro), l'extravergine maison cilentano (varietà Pisciottana e Salella); l'ampissima cantina (22.500 bottiglie, 2mila etichette); il perfetto servizio...

Al centro (vicino allo chef e con gli altri membri dello staff di sala, la ragazza è la sommelier Michela Barchetti) è Bonny Ferrara, direttore di sala che ha lasciato da qualche giorno Il Faro
Su questo, però, un'ultim'ora: 
Il Faro di Capo d'Orso è orfano da pochi giorni del suo brillantissimo ex direttore di sala, 
Bonaventura "
Bonny" Ferrara, classe 1994, figlio di 
Pio, atterrato nel locale di famiglia nel 2015 dopo esperienze a Londra e Amsterdam: ha scelto di prendersi una pausa. Una perdita importante, ma su un cammino di crescita che induce all'entusiasmo.
Ed ora la nostra cena, negli scatti di Tanio Liotta.

Disco di pasta fritta, caviale d'aringa, acciughe di Cetara, ricotta di capra affumicata. Fin dal primo assaggio, Sodano ci fa capire quanto è bravo
 

Bufala e bufalo: gnocchetto di pasta di grano arso ripieno di formaggio di bufala affumicato, tartare di bufalo
 

Ottimo questo Taco croccante con manzo, cetriolo fermentato e mostarda
 

Bun con parmigiana. Il panino è al vapore e poi fritto
 

Wafer al sesamo con palamita teriaki e yogurt alle erbe
 

Wonton con coscia d'anatra confit, sommacco e composta di prugne fermentate
 

Non hai scampo: insalata di scampi, pellicola di metilcellulosa e bisque di scampi
 

Fazzoletto di mozzarella col suo siero. Il velo è leggermente disidratato, con maltodestrine aromatizzate con acqua di mozzarella. Un piatto scenografico, ma si perde un po' il morso
 

Ricordo di un viaggio in Perù: ceviche di pesce azzurro, lime, mela verde, cipolla rossa agrodolce, clorofilla di aneto, latte di cocco e wasabi. Piatto molto buono, equilibrato, esatto. Il pesce azzurro in questo caso è una lampuga
 

Tartare di pezzata rossa piemontese dry aged, patelle crude, polvere di shiitake fermentato, composta di limone salato. La carne è frollata 200 giorni in cera d'api. Piatto eccellente, l'unico problema è la proporzione tra quantità di tartare e mollusco
 

Ricordo di un totano sporco: totano di Capo d'Orso, crema di pomodoro e peperoncino verde, emulsione del nero del totano, emulsione di peperoncino verde, emulsione del fegato del totano. Bella idea, buonissimo
 

Linguine, crema di carote e garum, katsuobushi. Il garum in questo caso è in realtà una colatura di alici fermentata
 

Una bottarga di merluzzo in cera d'api...
 

...per il piatto successivo: Risotto, cappero fermentato, limone bruciato, bottarga di merluzzo. Il riso, un Carnaroli, è mantecato con burro al limone
 

Una delizia questa Triglia di scoglio, lattuga alla vaniglia, tamarindo, jus affumicato di midollo di vitello. La lattuga in particolare è una sinuosa meraviglia di freschezza e croccantezza
 

Anatra in due servizi. Il primo è The duck is back, ossia un'anatra "neoclassica". Viene cotta sul petto con l'osso, poi paté di fegatini, porro affumicato e composta d’uva invecchiata, il tutto finito con sugo d’anatra, uno jus à l'ancienne
 

E questa invece è The duck is black. «La coscia viene frollata (così come il petto) in cera d’api, messa in brina al 30% e cotta per 48 ore a 57 gradi. Il risultato è una cottura ancora abbastanza rosea ma una consistenza tenera. Il tutto è accompagnato da un mole negro, una baby pannocchia ossidata tramite gli ultrasuoni e un fondo fatto con estratto di verdure arrosto e il quinto quarto dell'anatra»
 

Ricordo di un pollo al curry: cremoso di cioccolato bianco e curry, gelato di riso al cocco con pelle di pollo e quinoa, crumble integrale e lime
 

Cremoso di cioccolato 77%, cremoso di caramello, gelato all'extravergine, cremoso di Armagnac, sale e olio
 

Mai dire mais: crema di mais e vaniglia, gelato al burro salato, popcorn caramellati, spugna di farina di mais e burro nocciola
 

Ossidazione di piña colada: gelato di cocco, ananas ossidato, spugna di rum, vaniglia e lime. Fantastico
 

Dolcezze finali: c'è anche un disco di cioccolato con impresso il volto dello chef...
 

...da spennellare con schiuma alla menta, in una specie di after eight
 
Il Faro di Capo d'Orso
via Taiani 48, Maiori (Salerno)
tel. +39 089 877022
ilfarodicapodorso.it
chiuso il martedì
menu degustazione a 80, 120, 150 euro