Pare che Niko Romito lo consideri il proprio migliore allievo, e già questo è un ottimo motivo per prendere l'auto e salire ai 442 metri sul livello del mare (che peraltro è solo a una dozzina di km) di Atri, provincia di Teramo. In pieno centro storico, qualche decina di metri dalla Piazza Duomo, ecco Tosto, il locale aperto nel maggio 2014 da Gianni Dezio, il primo della classe di cui sopra, ma simpatico, ragazzo classe 1986 con la coppola perennemente in testa, gli occhi che brillano d'arguzia, un sorriso tra il sincero e l'ironico, il fare sornione e una certa umiltà di cuore. Timido, o finto timido: perché poi, stringi stringi, ha carattere e coraggio da vendere. L'ha dimostrato almeno un paio di volte nella vita, a quanto se sappiamo.

Foto di gruppo del terzo corso della Niko Romito Formazione, anno 2013: Niko al centro, accosciato. Dezio è il terzo in piedi da destra
La prima, nel 2013. Se ne stava tranquillo - in sé non è una notizia: lui è un tipo tranquillo - a Calabozo, che non è uno sperduto borgo sul Gran Sasso ma una città venezuelana con lunga denominazione ufficiale (ossia
Villa de Todos los Santos de Calabozo. È un po' come i milanesi che asciugano
Santa Margherita Ligure, «vado a
Santa») e abitanti ancor di più, circa 130mila. Non vi era in vacanza: nato ad Atri, all'età di tre anni aveva seguito i suoi genitori, che erano emigrati nel Paese sudamericano, aprendovi un ristorante di cucina italiana. «La prima a dare vita alla nostra tradizione culinaria è stata la nonna paterna
Italia, che nel periodo del boom degli italiani emigrati in Venezuela ha avviato un
home restaurant, oggi di grande tendenza e già all’epoca punto di riferimento della comunità nostrana che desiderava riconoscere le proprie origini identitarie nel cibo». Peraltro, per lui era stato l'inizio di un ping pong Abruzzo-Venezuela che fa venir il mal di testa solo a scriverlo. Per questo sfruttiamo
chi l'ho ha già fatto:
Sei nato?
«Qua».
Asilo?
«Là».
Elementari e medie?
«Qua».
Superiori?
«Là».
Università?
«Qua». (Scienze del Turismo a Teramo)
Ok quindi dopo sei rimasto?
«No, no. Ho aperto prima un ristorante là».
Forte di una nutritissima tessera da
frequent flyer, ed evidentemente senza aver del tutto smarrito il senno causa jet lag,
Dezio nel 2013 decise di puntare il corregionale che da lì a qualche mese si sarebbe aggiudicato la terza stella in quel di Castel di Sangro. Spiega: «Volevo entrare nella
Niko Romito Formazione, a marzo partiva il suo terzo corso. Ma stavo a Calabozo e non potevo venire a fare gli esami d'ammissione». Per una volta alzò la cornetta invece di alzarsi in volo: «Chiamai. "Mi prendete per favore?"». Su cosa abbia convinto
Niko a dar fiducia sulla parola a quella voce proveniente da oltreoceano, si possono fare solo congetture.
Dezio: «Volevo entrare ma c’era l’esame di ammissione da fare. Quindi ho insistito fino allo sfinimento per farmi accettare. Non potevo pagare il biglietto con il rischio di non essere accettato! Hanno percepito la mia ostinazione come sinonimo di determinazione e grande passione per la cucina. Una volta arrivato in Italia ho sostenuto comunque un colloquio con la scuola per rispetto doveroso verso chi aveva fatto l’esame di ammissione». Diciamo che
Romito ci ha visto giusto.
(O forse si è anche un po' pentito di quella scelta - si fa per scherzare. Episodio che abbiamo già raccontato nella nostra cronaca di Meet in Cucina Abruzzo 2017: c'è Niko attorniato da ammiratori. Due giovani gli si avvicinano: «Possiamo fare una foto con lei?». E lui, cordiale come sempre: «Ma certo». Loro: «Grazie! Siamo anche amici su Facebook! Lei è Gianni Dezio, vero?». Romito ha abbozzato con stile).
Il coraggio, uno non se lo può dare, dice
Manzoni. Ma se c'è, si manifesta nuovamente. Come quando, l'anno dopo la
Niko Romito Formazione,
Dezio ha deciso di aprire
Tosto, al suo paesello. E pure adesso, che insiste tenace a proporvi alta cucina creativa a prezzi che,
boh!: 37 euro il menu degustazione di 5 portate.
Dezio in tutta questa esistenza rocambolesca è pure uno di poche parole. Domande nostre con risposte telegrafiche sue. Cosa hai imparato da Romito? «Alcune tecniche, specie nell'estrazione dei brodi e nell'utilizzo di consistenze dense». E cosa ti differenzi ora da lui? «Ho un'evoluzione personale che mi porta a fare ricerca sull'amaro e sull'acido». Un tuo intento? «La riconoscibilità degli ingredienti». Cosa pensi dell'Abruzzo? «È un serbatoio inesauribile di materie prime». Quindi proponi il km 0? «Siamo legati al territorio, ma l'acciuga del Cantabrico la uso, eccome». Così ha definito il proprio stile in cucina, infatti: «L’obiettivo del ristorante è lo stesso mio: crescere, allontanarsi per poi ritornare, cambiare e migliorare. Ciò che ho sempre fatto. Non fermarsi mai».
Mantiene fede ai propri intenti. Racconta con stile un Abruzzo contemporaneo che non disdegna di aprirsi al mondo. Culturalmente
Dezio è portato a guardare oltre le frontiere; emotivamente a concentrarsi sul territorio, come quando ha ideato sempre per
Meet in Cucina Abruzzo 2017 un dessert, squisito, dedicati ai calanchi:
Terra di calanchi, «mi sono chiesto cosa ci fosse di commestibile in quell’ecosistema. Ho trovato tanti elementi vegetali e così è nata la ricetta, neanche sapevo ne sarebbe saltato fuori un dolce» (terra di liquirizia, sorbetto di rapa rossa, more e lamponi, spuma di liquirizia, miele di sulla, polvere di capperi, finocchietto, mentuccia, gambi di carote, origano… Il tutto su un piatto di argilla dei calanchi, con tanto di fenditure che li evocano. Molto bello).
Essendo ragazzo intelligente, fonde le due dimensioni: piatti local con approccio open minded, molto tecnico, ma romitianamente anche assai pulito. Nella fotogallery i nostri assaggi, di gran livello.