31-01-2017
Niko Romito dialoga con Massimo Di Cintio e Antonella De Santis a Meet in Cucina, il congresso della cucina abruzzese che si è chiuso a Chieti
Strette di mano, sorrisi, richieste di selfie: Romito gongola. Nei paraggi ci sono anche Enrico Crippa e Mauro Colagreco, ma la superstar giustamente è lui: d’altra parte siamo a Chieti, gioca in casa, è la celebrità d’Abruzzo. I ragazzi dell’Alberghiero lo attorniano, lui non sta nella pelle: «Che bello!». Ha ben seminato e raccoglie i meritati frutti, pensiamo noi: «Quante soddisfazioni, anche dai miei allievi della Niko Romito Formazione. Tanti stanno aprendo il loro ristorante, pure qui attorno» e snocciola quelli che hanno inaugurato a Pescara, quegli altri che sono quasi pronti ad Avezzano o chissà dove...
Gli diciamo: chef, sono tutti figli tuoi, professionalmente parlando; si potrebbe stendere una specie di mappa di quanti ora hanno una propria insegna, che ne dici? «No no, troppo presto, che poi sembro vecchio io» scherza (per dovere di cronaca, riportiamo anche un episodio successivo, che ci è stato riferito ed è troppo gustoso per farlo morire sul taccuino. Due giovani si avvicinano a Niko: «Possiamo fare una foto con lei?». E lui, cordiale come sempre: «Ma certo». Loro: «Grazie! Siamo anche amici su Facebook! Lei è Gianni Dezio, vero?». Lui ha abbozzato).
Il gruppo di chef a Meet in Cucina, mancava solo Romito
Meet in Cucina ha rappresentato efficacemente una bella crescita, in tre fasi, esemplificata dal flyer d’invito. Vi erano stampati i volti degli chef protagonisti, a grandezza differente: più in grande e in alto i maestri, Crippa, Colagreco, con al centro re Romito. Più in piccolo e in basso gli "esordienti", li abbiamo già citati: D’Alberto (Br1 di Montesilvano), Dezio (Tosto di Atri) e Mancini (Bottega Culinaria Biologica di S. Vito Chietino). Posizione e grandezza intermedia per coloro infine che fanno parte di un gruppo particolare, eppure così significativo da queste parti – e in fondo in tutt’Italia: le storie famigliari, Di Cintio ne ha scelte due, quella degli Spadone, Mattia e Marcello, al La Bandiera di Civitella Casanova, e quella dei Tinari, Arcangelo e Peppino, al Villa Maiella di Guardiagrele. Citati in entrambi i casi con successione figlio-padre.
Enrico Crippa a Chieti
Per la prima volta lo chef del Mirazur visitava questi luoghi, «la mia famiglia era povera, mio nonno era ancora adolescente quando suo padre morì, quindi perse ogni legame con la terra d’origine». Così quando Mauro mollò l’Argentina per avventurarsi in Europa, a sua volta senza un soldo – era il 2000 – scelse la Francia invece dell’Italia, perché là aveva qualche aggancio, nel Belpaese più nessuno. Un’occasione persa. Per noi, ovviamente.
E’ stato bello vedere allora Colagreco nella “sua” Guardiagrele, in quel tempio del gusto e dell’ospitalità che è il Villa Maiella dei Tinari, mentre ascoltava affascinato i racconti di patron Peppino sul maiale nero ritrovato, vero e proprio marchio di fabbrica della famiglia. O, ancora, sentire gli Spadone, dal palco del congresso, decantare un «fantastico gallo nostrano, perché qui abbiamo ancora chi ce lo procura», loro lo trasformano in una prelibatezza, Gallo e granaglie, ossia il pennuto che diventa cibo accompagnato da ciò del quale si ciba(va).
Tra gli stand di Meet in Cucina si aggirava Eliodoro D’Orazio, presidente regionale Slow Food: «Diversi giovani tornano alla terra, sono perlopiù piccoli produttori intenzionati a riprendere colture e dissodare terreni abbandonati durante l’esodo degli anni Settanta. C’è attenzione nei loro confronti e sempre più ristoranti li scelgono come fornitori, sono i nuovi custodi di una biodiversità straordinaria».
Gli chiediamo un prodotto o una vicenda che gli stiano particolarmente a cuore. Lui si schermisce: «Ma noooo, sono tante. Farei torto alle altre». Poi rompe gli indugi: «Il fagiolo di Frattura, che è un borgo distrutto dal terremoto di Avezzano, anno 1915». Ora è sotto il Comune di Scanno, sul Gran Sasso, lo stesso dove opera il gran pastore-casaro Gregorio Rotolo, Bio Agriturismo Valle Scannese, suoi pecorini e caciocavalli eroici sono in viaggio verso la casa di chi scrive, a Milano. Ma torniamo al fagiolo: «Cresce solo lì, è unico. Stava scomparendo, ora ce ne sono raccolti minimi, 80 chili l’anno, ma vanno a ruba», merito di alcuni giovani. D’Orazio li tratteggia così, con ruvide pennellate di puro Abruzzo testardo: «Sono quattro ragazzi che si sono incocciati a produrlo, questo fagiolo», c’è bisogno di aggiungere altro?
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale