«Anni fa il luogo da dove provengo, Caiazzo nell’Alto Casertano, aveva un centro storico che si svuotava, le attività che chiudevano. Ora con la mia pizzeria porto in questo borgo di 4.500 anime circa 14-15mila persone ogni mese: hanno riaperto le piccole botteghe, i giovani agricoltori coi quali lavoro vedono nuove prospettive, persino gli affitti sono triplicati. Questa può essere la forza della cucina». Vere, verissime le parole di Franco Pepe, pronunciate al Ministero delle Politiche Agricole qualche giorno fa, alla presentazione della nuova associazione Ambasciatori del Gusto, della quale fa parte (leggi qui).
Chi è stato a Caiazzo anni fa e chi, come noi, vi è poi tornato recentemente, ha trovato due Paesi diversi: il primo sonnacchioso e declinante, il secondo vivo e affollato. Può tanto la cucina, può tanto una pizzeria ormai nota in tutto il mondo ma che ha avuto la capacità di dialogare col territorio, innestare la propria anima in quella caiatina, fare rete con fornitori locali d’eccellenza che in Pepe in Grani hanno trovato un riferimento in grado di 1) dare loro un sicuro sbocco commerciale; 2) lavorare dunque sulla qualità; 3) in questo modo, qualificarsi ulteriormente sul mercato.
Oggi la Caiazzo di Pepe è un bel caso di scuola. Impossibile non notare come tutte le nuove attività commerciali che tengono aperti i battenti fino a tardi, al servizio di chi esce dalla pizzeria, si siano sviluppate sul lato del paese che insiste sul percorso di chi lascia l’auto al parcheggio e poi va da Pepe in Grani: il flusso è chiaro, l’origine di tale rifioritura dunque accertata empiricamente.

Franco Pepe al Terrae Motus coi due soci, Mario Cipriano, produttore di birra artigianale, e l'agronomo Vincenzo Coppola (foto Tanio Liotta)
Ci sono cocktail bar, yogurterie, negozi di cose buone…
Pepe fa da richiamo, il resto vien da sé. E il paese via via qualifica ulteriormente la propria offerta, con nuovi luoghi del gusto. All’inizio di agosto ha aperto
Terrae Motus, un nuovo “agripub” voluto proprio da
Pepe con l’agronomo
Vincenzo Coppola, che lo segue da sempre nella sua opera di valorizzazione di quanto offre la natura circostante, e
Mario Cipriano, produttore di
birra artigianale Karma nella vicina Alvignano. Della pizzeria del primo è una sorta di fratellino minore: «Propone infatti panini (a Milano diremmo però “panini gourmet”: perché sono eccezionali,
ndr) preparati col mio stesso impasto delle pizze, poi farciti e scaldati in forno», spiega
Pepe. La farcitura è col meglio che l’agroalimentare dell’Alto Casertano - e non solo - sappia offrire, a partire dai salumi di
Mario Carrabs, poeta-macellaio irpino, e dai formaggi di bufala del casaro
Peppe Iaconelli da San Pietro Infine.
Al Terrae Motus si può innanzitutto “spuzzuliare” (sarebbe come “spiluccare”) tra una scelta di eccellenze: il lupino gigante di Vairano, presidio Slow Food, l’oliva gigante caiatina, la cipolla alifana, altro presidio che condisce splendide bruschette con tonno allitterato, fagioli lanzariello e lattuga… Un fast food moderno ma che rimanda al territorio e a una venerazione quasi sacrale di quello che questo sa offrire. Le forniture giungono direttamente da contadini selezionati.

Tre super-panini al Terrae Motus (foto Tanio Liotta)
Poi ci sono piatti cucinati, tipo
Così com’era, ossia una parmigiana di melanzane o di peperoni con l’ottimo pomodoro riccio (
Coppola ora ha selezionato con
Pepe anche un pomodorino giallo naturale, che sarà presto pronto per essere servito).
Quindi spazio persino alle frittate servite con pane cafone e soprattutto ai panini: noi abbiamo assaggiato ad esempio il Linguaccia, con pancetta tesa contaminata all’aglianico, molle di bufala e zucchine in agrodolce, davvero fantastiche, e lo Stuzzicante, con hamburger di bovino di razza marchigiana Igp, provolone piccante, cerchietti di cipolla alifana impanati e fritti, riduzione e caramellizzazione di vino Casavecchia di Pontelatone Doc, per finire in bellezza con le dolci coppettine firmate Scaramuré, a base di latte nobile: le mucche sono nutrite con erbe profumate che regalano sentori unici.

Peppino e il figlio Michele Sparono
Ma a proposito di lato dolce della vita, Caiazzo regala un indirizzo imperdibile: si tratta della
pasticceria di don
Peppino Sparono, in via Cattabeni, oltre la piazza. E’ aperta dal 1983 e serve da allora squisite delizie, come il cannolo ai fichi d’India («Sono originario di Castel Morrone, in quelle colline se ne trovano tantissimi»), i babà, la “coda d’aragosta” con crema chantilly alla zuppa inglese, le torte all’arancio o al pistacchio, nocciola e pan di Spagna al cioccolato… Ma la specialità è il
Sospiro d’angelo, anno 1985, che presenta due creme bavaresi, una con gocce di cioccolato e l’altra con croccante alla nocciola delle Langhe. Goduria pura.