Nel 1973 conquistò la prima “stella di buona tavola” della Guida d’Italia Michelin e nel 1974 ne arrivò una seconda: il ristorante Charleston di Palermo, in quel momento, fu l’unico bistellato italiano a sud di Firenze. Questo e tanti altri pezzi di storia sono stati raccontati dalla giornalista Laura Grimaldi nel libro presentato lunedì scorso “Charleston, 50 anni di cucina d’autore a Palermo”, edito da Cronache di Gusto, con prefazione di Paolo Marchi, direttore e creatore di Identità Golose, introduzione di Sergio Colantuoni del Corriere della Sera e fotografie di Pucci Scafidi.
«Questo libro è stato pensato per dare un riconoscimento a tutti coloro i quali hanno reso famoso il Charleston in Italia e nel mondo – racconta Mariella Glorioso, ideatrice del progetto e titolare del ristorante con le figlie Fiamma e Alice Anello – Cinquant’anni sono un traguardo importante, sono pochi i ristoranti che possono vantare tale longevità. Noi ce l’abbiamo fatta grazie all’impegno di tutti quelli che hanno lavorato in passato e che hanno dedicato buona parte della loro vita al Charleston. E continuiamo a portare avanti questo lavoro con gli attuali nostri collaboratori, che ancora sostengono quest’azienda e credono nei suoi progetti futuri».

La brigata di cucina del Charleston
La presentazione, condotta dalla giornalista
Eleonora Lombardo, ha sancito di fatto la chiusura delle celebrazioni, articolate in diversi eventi nell’arco del 2017, del mezzo secolo di storia del ristorante palermitano inaugurato il 21 ottobre del 1967. Il volume si compone di immagini d’epoca dei clienti ospitati negli anni alternate alle fotografie d’autore che ritraggono il moderno
Charleston, con i suoi dettagli curati e i volti di chi ogni giorno lavora per portare avanti il prestigio del ristorante; tra uno scatto e l’altro si ripercorre la storia imprenditoriale nata dall’amicizia tra
Nino Glorioso e
Angelo Ingrao, con aneddoti sui personaggi illustri che erano di casa al
Charleston e chicche storiche sulla Palermo d’altri tempi.

La squadra del Charleston di oggi
Il
Charleston ha rappresentato non solo un’icona dell’attività ristorativa del capoluogo siciliano, ma è stato anche importante punto di riferimento dei costumi di una cittadinanza in continuo fermento culturale; fin dai primi anni di attività, il locale si distinse per l’eccellenza della cucina e, nel corso degli anni, ha ospitato e servito personaggi di spicco del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo: da
Maria Callas a
Papa Giovanni Paolo II, da
Domenico Modugno a
Raffaella Carrà passando per Presidenti della Repubblica e del Consiglio dei Ministri.
Nato in pieno centro, a fianco del
Bar Mazzara di Piazzale Ungheria, luogo preferito di riposo e pensieri del
Principe Tomasi di Lampedusa, nel 1969 creò una sede estiva all’
Antico Stabilimento Balneare di Mondello, che diventò poi unica sede nella stagione 1999-2000. Successivamente, nel 2011, il trasferimento nella villa dei
Conti Bernard de la Gatinais, la dimora in stile Liberty attuale sede del
Charleston.
A completare il volume diciotto ricette di piatti gourmet creati dall’attuale chef del
Charleston, il ventottenne
Santino Corso, giovane promessa del panorama culinario cresciuto professionalmente nelle cucine di alcuni dei principali ristoranti di Londra, tra cui il lo stellato
Roux at Parliament Square, premiato quest’anno come miglior chef under 30 della Sicilia alla
Gara di Gusto.
«Non è stato facile – dichiara lo chef – entrare nelle dinamiche della cucina con un patrimonio culturale e gastronomico così vasto e approcciarsi alle ricette storiche del
Charleston che per me rappresentavano un capitale culinario quasi sacro. Con molta umiltà ho cominciato a lavorare sui piatti della tradizione nonché su una cucina innovativa e moderna al passo con i tempi e contemporaneamente degna della storia del locale. Spero di essere riuscito a creare una carta importante e all’altezza del prestigio che avvolge passato, presente e futuro del
Charleston».
"Palermo era ed è una città dai mille spunti, ma io che avevo la Michelin sulla scrivania accanto al telefono, la consideravo la città del Charleston. Non solo era un’insegna stellata ma per diversi anni le stelle furono due, simbolo di eccellenza assoluta anche perché in Italia i francesi non avevano ancora concesso a chicchessia la terza. […] Non si entrava al Charleston, quale che fosse la sede, in città o al mare, senza rimanerne intimoriti. La storia vi passava sotto varie forme e tu sentivi che dovevi esserne in un certo senso degno. Bello adesso sapere che c’è un cuoco giovane, segno che c’è la volontà di un netto cambiamento. Si guarda avanti per scrivere nuove pagine, consegnando definitivamente il passato alla storia di Palermo e della ristorazione italiana". (Paolo Marchi, dalla prefazione a “Charleston, 50 anni di cucina d’autore a Palermo”)