26-08-2022
Jaime David Rodriguez Camacho, chef e patron del ristorante Celele, insegna principe di cucina d'autore a Cartagena de Indias, Caraibi, Colombia
Per avere le prove del rinascimento gastronomico che eleva la Colombia dell’ultimo decennio, occorre andare a Bogotà, spiegavamo. Per averne conferma è bene invece prendere un volo dalla Capitale e atterrare a Cartagena de Indias. Un milione di abitanti oggi, la perla caraibica del Paese è quel che rimane di mezzo millennio di traffici di schiavi, battaglie cruente, saccheggi a man bassa. Le vicende tragiche del post-colonialismo di cui abbiamo contezza ora più che mai. Solo pochi frammenti di tutto questo dramma traspaiono percorrendo i vicoli affollati del caratteristico centro storico, all'ombra di imponenti murallas che guardano il mare: reticoli e corti splendide, palazzi italiani e coloniali saggiamente restaurati, i murales dei Getsemani, una musica ad alto volume che risuona più o meno sempre e ovunque quando il sole cala. Ma se i turisti, locali e internazionali, hanno preso a frequentare sempre di più Cartagena è anche per il dedalo crescente di ristoranti che ne fanno una meta gastronomica importante. Per i cuochi e gli imprenditori che finalmente danno valore alla biodiversità caraibica del paese, una mezcla che scombina una biodiversità tropicale unica al mondo con le tecniche espresse dalle comunità indigene, africane, arabe, creole, spagnole. L’ennesima prova della fertilità del meticciato in cucina. Celele calle del Espíritu Santo, Cra. 10c #29-200, +573017420389 La parola Celele ha 3 significati: nel linguaggio della champeta, la musica locale, significa “fare l’amore” oppure “persona di cuore, intensa”. Ma Celele è anche una zuppa a base maiale popolare della tradizione cartagenera, anche se non magari al pari del mote de queso, l’ubiquo arroz de coco, il sancocho di gallina o le arepa con tuorlo d’uovo al cuore. Il ristorante più celebre (91° nella 50Best LatAm 2021) e creativo della città è il prodotto di due intrepidi ragazzi sotti i 40 anni. Jaime Rodríguez Camacho da Boyacà e Sebastián Pinzón Giraldo da Bogotà hanno esplorato per due anni coste ed entroterra caraibici della Colombia, aprendo nel 2018 questo piccolo, colorato e gremitissimo ristorante ai margini del quartiere Getsemani. A parte la sensazionale comparsa di ingredienti a noi ignoti nel menu (è un continuo sfogliare il vocabolario per dischiudere i significati alieni di guandù, boronìa, corozo…), ci colpisce la piacevole ripetizione dello schema cialda (croccante o umida)/salsa, la presenza di toni fruttati e acidi per niente scontati e la creatività con cui trattano ingredienti per noi immutabili o quasi come banane (platano), cocco, avocado o anguria. Qui si arrostiscono, polverizzano, disidratano, fermentano. Accortezze figlie della cucina dell’ultimo ventennio. Dall’ultimo decennio viene invece un’attenzione maniacale al pairing, che salta con disinvoltura dalla birra artigianale caraibica al sauvignon blanc cileno, dal cocktail con lattofermentati al vino di palma (!). C’è grande attenzione ai temi storici e sociali: il cocktail Mama Africa arriva con un qr code che rimanda al video di youtube “Me gritaron negra”. La Colombia abolì la schiavitù nel 1851, 15 anni prima gli Stati Uniti. Ma le sue numerosissime comunità indigene e africane furono riconosciute dalla Costituzione del Paese solo nel 1991.
Celele. Nel cuore del quartiere Getsemani, fa due servizi, sia a pranzo e cena
Celele. Burrata bufalina di Planeta Rica, gazpacho di fiore di Giamaica, anguria arrosto, acetosa, cetriolo bianco, sorbetto e olio di moringa (una specie di rafano)
Celele. Escabeche costeño di molluschi con mash di avocado, olio di coriandolo messicano, portulaca, peperoncino aji dulce in conserva, aceto di palma d'avorio, pelle di maiale soffiata
Celele. Prosciutto di Marlin affumicato in casa, chimichurri di erbe creole, semi di orejero, crema di sesamo creolo
Celele. La zuppa che dà il nome al locale contiene una terrina di maiale confit, purea di banana disidratata, peperoncino dolce in conserva, kale, fagioli caraibici, brodo di maiale
Celele. Tante le infusioni e i lattofermentati. I riferimenti? Il libro del Noma sulle fermentazioni e i lavori di Sandor Katz
La Cocina de Pepina, cucina tradizionale fatta bene, una ventina di coperti
La Cocina de Pepina. La girandola delle zuppe/stufati a inizio pasto
Carmen. Insegna di Medellin con distaccamento a Caragena, propone una cucina colombiana elegante al 98% (il 2% è costituito da foie gras e caviale)
Carmen. Robalo alla griglia, risotto con arroz de coco, palmito fresco del Putumayo e agrodolce di chontaduro, palma di Quibdó, Colombia
Casa Cruxada. All'ingresso della corte sembra una boutique (a sinistra). Dentro, ci sono 3 ristorante e una discoteca/cocktail bar (nella foto a destra, la console del dj)
Casa Cruxada. Zuppa mote de queso con melanzane grigliate e ceviche. Onnipresenti, le chips di platano maduro
Donjuán. La sala
Donjuán. Gamberi saltati con crema di limone su verdure e arroz de coco (il popolare riso di cocco)
Donjuán. Ceviche misto di robalo e gamberi, latte di cocco, coriandolo e mais
Alquimico. Cocktail bar da ingredienti solo autoctoni e club/discoteca spalmata su 3 piani
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Davide De Luca (resident chef) e Álvaro Clavijo davanti all'entrata di Mitu, Spirit of Colombia a Milano, il locale dell'imprenditore Ivàn Cordoba - Foto Annalisa Cavaleri
Leonor Espinosa sul palco di Identià Milano 2023
Leonor Espinosa e Fatmata Binta, entrambe relatrici d'eccezione in Auditorium a Identità Milano 2023: la chef colombiana terrà lezione con la figlia Laura Hernandez domenica 29 gennaio ore 15.40; la cuoca sierralonese sabato 28 alle 16.20
Insegne, cuochi e ghiotti orientamenti: a narrarceli è Gabriele Zanatta, laureato in Filosofia, nonché coordinatore della Guida ai Ristoranti di Identità Golose. Il suo punto di vista va ben oltre la superficie, per esplorare profondità e ampiezza della tavola, di tutto quello che è Zanattamente Buono.