21-10-2021
Frutta disidratata assortita in vendita al Gum Market, il mercato coperto di Yerevan, una delle tappe gastronomiche obbligate in Armenia (tutte le foto sono di David Egui)
Per i magici paesaggi e i suoi monasteri, l'Armenia è un paese delle fiabe, da mettere subito in cima alla wishlist, si diceva. Ma non è da meno il corredo di generi alimentari e vini da scoprire e assaggiare. Come spesso accade a tanti paesi a lungo sotto lo schiaffo sovietico, nelle nuove generazioni c’è la volontà di dar valore a ingredienti, ricette e preparazioni pre e post-Urss (1936-1991) giacché il giacimento gastronomico armeno (se si esclude il pesce d’acqua salata, quasi assente) si esprime su un microclima in tutto simile al Mediterraneo. La valle dell’Ararat è un bacino enorme di verdura (specie in primavera) e frutta (estate): le albicocche, anche disidratate, sono una specie di simbolo nazionale, quasi al pari del religioso lavash (vedi foto sotto). Pomodori e cetrioli, favolosi in stagione, sono pressoché ubiqui per tutto l’anno (di serra). In autunno spopolano mele, mele cotogne e cachi ma anche cavoli, patate, noci e frutta secca. Tra le erbe, prevalgono prezzemolo, coriandolo, aneto, basilico; mentre i chicchi di melograno te li ritrovi un po’ dappertutto. Tra le specialità locali, sono da segnarsi l’immancabile trota del lago di Sevan, preparata in ogni modo possibile, così come i gamberi (di fiume: l'Armenia non ha accesso al mare). Sono molto presenti sulle tavole la carne essiccata di manzo basturma, i dolma (foglie di cavolo fermentato), i baklava, lahmajo (sorta di pizza armena), chickufta (specie di steak tartare) e l’harisa (una deliziosa specie di porridge). La dieta è ricca di carne di maiali, anatre, agnelli e tanti formaggi, poco stagionati. L’influenza sovietica è evidente in piatti come la salat vinaigrette ma anche nella presenza importante del classico trittico patate, panna acida e vodka. Al pari della Georgia, l’Armenia rivendica il ruolo di culla mondiale del vino. Quale paese abbia iniziato per primo tra i due è questione di lana caprina. Certo è che, nella grotta di Areni, ci sono prove che attestano riti di cannibalismo, con assaggi di sangue e vino, risalenti a oltre 6mila anni fa. Un’usanza che riecheggia nelle pitture antiche, in cui spesso il paradiso è raffigurato nelle sembianze di una vigna. Nelle poche cantine che abbiamo visto, è lo stile di vinificazione europeo (botti piccole o grandi) a prevalere sulle anfore (molto più popolari, invece, in Georgia). Qui di seguito, frammenti e protagonisti colti nel corso di un viaggio intenso, di soli 3 giorni. Il paniere armeno meriterebbe ben altre esplorazioni.
Dovessimo scegliere un ingrediente simbolo del paese, questo è senza dubbio il lavash, letteralmente "pagnotta di pane", una specialità piuttosto diffusa anche in tutti i paesi che confinanti: Iran, Turchia, Azerbaijan e Georgia. Della famiglia dei flatbreads (farina, acqua, semi di girasole e sale), il lavash può dare origine a centinaia di ricette. Per questo motivo, l'Unesco lo ha battezzato Patrimonio dell'Umanità. Alla specialità è dedicato un bellissimo libro sulla gastronomia armena: "Lavash", autori Kate Leahy, John Lee e Ara Zada, editore Chronicle Books. Per vedere come si cuoce, c'è un bel video su youtube
A Dilijan, nel nord del paese c'è l'Arm Food Lab, un piccolo laboratorio che cerca di assumere il cibo popolare del paese in una prospettiva futura. Tesse dialoghi continui con le giovani generazioni di cuochi, smaniosi di disegnare un nuovo volto alla tradizione gastronomica
Alta la percentuale di donne viste a capo di una cucina: qui c'è Sussana Ghukasyan, chef del ristorante Tsaghkunk a Sevan, un'ora di macchina dalla capitale
Ancora a Tsaghkunk, signora impegnata a stendere i lavash
La tecnica di cottura più tipica del paese è il tonir, forno d'argilla incastonato sottoterra. Innumerevole la quantità di prodotti che vi si possono cuocere. In primis, il lavash giacché, spiegano gli armeni "Il pane è il nostro secondo Dio"
Spezie assortite al Gum Market di Yerevan. Tra le preferite nelle case armene: il pepe nero e la paprika, impiegate su ogni genere alimentare. Popolari anche le bacche di ginepro e le foglie d'alloro
Jirair Avanian, patron del ristorante-locanda Im Toon a Dilijan, aperto da poco. "Quando lasciai il paese nella diaspora per gli Stati Uniti del 1964", raccontava, "nessuno beveva vodka in Armenia. Oggi lo fanno tutti". Specialità del suo ristorante: tante entrée deliziose che precedono l'immancabile trota del lago di Sevan
A Vagharshapat, nella periferia di Yerevan, si trova un interessante centro culturale/ristorante chiamato Machanents House, che serve una cucina deliziosa a forte impronte vegetali. In più, cuociono le trote sulle parabole satellitari: le mettono in pentole di vetro a scaldare nel loro succo, con delle noci. Sono pronte in pochi minuti per effetto del riverbero degli specchi
Machanents House, la "trota parabolica" è pronta da mettere a tavola
Machanents House, trota in umido
Nell'ultimo giorno della nostra permanenza in Armenia, al ristorante Tsaghkunk è andata in onda una cena speciale. A cucinarla con l'aiuto del team locale, Mads Redsflund (noto alle nostre cronache per essere stato tra i co-fondatori del Noma di Copenhagen, assieme a Rene Redzepi e Claus Meyer). Il cuoco danese ha speso 3 settimane in Armenia, filtrando le magnifiche materie prime locali attraverso la tecnica e l'estetica nordica. Un'anteprima importante della deriva fine dining che potrebbe presto dilagare anche da queste parti
Primo piatto nella cena nordico-armena: Caviale con noci dal villaggio di Garni, crème fraiche, tartare di manzo invecchiato, funghi di San Giorgi da Dilijan e fragole
I pomodori della Valle dell'Ararat non hanno nulla da invidiare a quelli italiani: Reflunds qui ha cucinato le solanacee di topo heirloom in 3 consistenze (quella a destra era una spugna da spremere) assieme a prugne acide e rosa canina
Ancora dalla cena di Reflsund: trota del lago di Sevan cotta in forno nella corteccia di betulla
Il piatto clou della serata:in basso a destra, l’anatra di Armevir cotta intera sotto terra, caramellata nel succo di zucca e olivello spinoso (sea buckthorn)
L'affaccio bucolico della Old Bridge Winery, b&b e cantina di storia ventennale a conduzione familiare a Yeghegnazdor, regione nello spettacolare sud del paese. Le vigne sorgono a 1.300 metri sul livello del mare. Molti vini sono affinati in piccole botti di rovere caucasiche. L'uva più importante del paese è l'Areni Noir, a bacca nera
Una batteria di vini di Trinity Wine, spettacolare cantina ricavata vicino ai Canyon dell'altopiano di Vayots Dzor, una zona le cui prime testimonianze di vino risalgono a oltre 6mila anni fa. In mezzo a diverse etichette ortodosse, abbiamo apprezzato particolarmente l'unico vino tenuto a contatto sulle bucce e poi vinificato in anfora. E' il Voskehat Ancestors' (secondo da sinistra), da uve autoctone Voskehat
Hovakim Saghatelyan e Artem Parseghyan, rispettivamente proprietario ed enologo di Trinity wines
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt