Leggi qui, leggi là e di recente ci si è accesa una spia: nei post e negli articoli su cibo e ristoranti c’è un'incidenza crescente dell’espressione “mezza porzione”. Citiamo qualche esempio dalla nostra Guida: «A mezzodì la formula ‘tappi’ sta già conquistando il pubblico: 10 piccoli assaggi da scegliere», leggiamo nella scheda del Per Me di Giulio Terrinoni a Roma. «Il menu degustazione si fonda su una triplice offerta: 3, 6 o 9 piatti ma sono tutte mezze porzioni così, anche nell'ultimo caso, non occorre l'alka seltzer prima di alzarsi», si dice del Regina Isabella di Pasquale Palamaro a Ischia. «Divertente il menu 1Mezzo, declinato su 6 mezze porzioni», si legge del Piastrino di Riccardo Agostini a Pennabilli (Rimini). O ancora, «Ottima l'idea di proporre per almeno la metà del menu le mezze porzioni, soprattutto tra i primi e i secondi». E' Lio Pellegrini a Bergamo. Per non dire di Marco Stabile dell'Ora d'Aria di Firenze, vero pioniere in Italia (la sua prima carta di "mezze porzioni" risale al dicembre 2005, ci torneremo).
Tanto basta per cominciare a esplorare il fenomeno, se non altro per capire se possiamo definirlo tale. È vero che sempre più cuochi, oltre a sottrarre ingredienti nel piatto, diminuiscono pure le grammature degli stessi? Se sì, perché? L’ondata salutista incide anche sulla quantità servite nei piatti dell’alta cucina? Le mezze porzioni dilagano solo per una questione di calorie o digestione oppure perché i clienti vogliono assaggiare sempre più piatti?

Una vignetta tratta da smallplatemovement.org, movimento americano che suggerisce di contrastare l'obesità attraverso la riduzione del diametro dei piatti: riducendolo da 30 a 25 centimetri, sostengono, il numero di calorie ingerite si abbassa in media del 22%
Il tema non è di poco conto e non è limitato alla sola sfera italiana. Basti ricordare il rumore che fece qualche anno fa la pubblicazione di “French women don’t get fat”: la
tesi dell’autrice
Mireille Guiliano era che le donne transalpine sono più asciutte di tante altre perché allenate a mangiare la metà della media mondiale, inconsapevoli seguaci del detto del filosofo
Montaigne, per cui «La gola è fonte di tutte le nostre infermità». Che dire poi del progetto americano della
Smaller Plate Study? Un team di capoccioni della Cornell University dimostrò che, riducendo il diametro dei piatti da 30 a 25 centimetri, la gente è indotta a mangiare proporzionalmente molto meno. Quindi a non ingrassare e a vivere in media 3 anni di più. Ci sono questi ragionamenti dietro ai sempre più frequenti “dimezzamenti” dei nostri cuochi?
Ci sembra giusto aprire il dibattito con il cuoco
Matteo Fronduti. Il 5 maggio 2008 inaugurò il ristorante
Manna: in carta c’era già l’opzione “mezze porzioni”, una possibilità arrivata ininterrotta fino a oggi. «Decisi di farlo per due motivi», racconta, «aprendo nella profonda periferia nord-ovest della città, volevo innanzitutto omaggiare la trattoria dei poveri della nostra tradizione. La stessa del
Nino Manfredi che, a tavola, in
C'eravamo tanto amati, strilla: ‘Un’altra mezza porzione, abbondante mi raccomando!’».
«Il secondo motivo è che non volevo fare il menu degustazione: non li ho mai avuti, tengo solo la carta. Ho sempre visto il degustazione come un ostacolo alla convivialità: divide sempre i commensali perché c’è sempre qualcuno che non ama il tal piatto o non può mangiare il tal ingrediente. Lo vedo anche come un esercizio di
c***olunghismo dello chef. Ma a me non interessa dimostrare tutto quel che so fare in un colpo solo. E poi, a ben pensarci, i menu degustazione sono proprio una lunga sequenza di tante mezze porzioni. Ma è sempre meglio se uno le può scegliere piuttosto che ricevere una scarica di piatti a sorpresa. Diciamo che la carta delle mezze porzioni è di fatto una parcellizzazione democratica del menu degustazione».
In quanti ordinano le mezze porzioni oggi? «Più o meno un cliente su 3. Sono un po’ di più degli inizi ma soprattutto lo fanno con più consapevolezza: allora sceglievano quello più che altro perché non volevano spendere; oggi perché vogliono godere senza appesantirsi. Il cliente deve poter fare tutto quello che gli dà gioia». La
redux storicamente più richiesta? «I risotti, che faccio di 35 invece che 70 grammi: mi vengono piuttosto bene in versione dimezzata. Dimezzo anche le dimensioni del piatto, inteso come supporto. Dal
menu di oggi solo il
Riassunto di pollo fritto e la
Tarte Tatin con gelato non sono smezzabili per motivi pratici. Tutto il resto sì. Tanti possono ordinare così anche due primi e/o due secondi. Così a fine cena non c’è l’effetto ricevimento da matrimonio calabrese e nemmeno la rasoiata per il portafoglio».
1. continua