A Matteo Fronduti bisogna riconoscere soprattutto una cosa: il suo Manna, inaugurato nell'ormai lontano 2008, è stato un progetto lungimirante, che ha anticipato, non di poco, altri esempi di fruttuosa rilettura pop del cosiddetto fine dining. Allora Fronduti arrivava da esperienze stellate e voleva affrancarsi da una certa rigidità, dai formalismi che, tra le altre cose, finiscono per alzare notevolmente il conto finale. Prendere l'alta cucina e renderla più accessibile e democratica, liberandola da orpelli e sovrastrutture, senza perdere in qualità. Con ammirevole continuità, quando manca poco al suo quindicesimo compleanno, questa insegna incastonata nella romantica Piazza del Governo Provvisorio continua servizio dopo servizio a fare proprio questo.
Piatti puliti, originali, in cui si riconosce puntualmente uno stile, una firma: nella nostra ultima visita, ad esempio, siamo rimasti colpiti dall'intelligente semplicità di un piatto chiamato Sora Lella Thay, in cui le puntarelle vengono servite arrosto, accompagnate da curry verde, miso rosso e uovo cotto a bassa temperatura. Altro punto fermo di Manna è il carattere del suo chef e patron: noto per il suo approccio da burbero, è in realtà un uomo dalla simpatia contagiosa, sempre pronto allo scherzo e all'ironia. Sarà lui a prendere le ordinazioni ed è una buona idea affidarsi ai suoi consigli.
Negli anni, quel che è cresciuto e cambiato è tutto il resto: la sala è diventata più bella e accogliente, il servizio è sempre più attento, ma soprattutto il pubblico cresce in continuazione, dando a Manna il successo che merita.
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articolo a cura degli autori Identità Golose