29-10-2024
Pomodori ciliegini e tonno rosso, acqua di cocomero, olio al curry: l’acqua di anguria fa la differenza ed è il legante perfetto per tutti gli ingredienti. Sorprendente, colorato e fresco: uno stile proprio del Septime di Parigi, chef Bertrand Grébaut
Parigi è una capitale, ma non solo geopoliticamente: anche golosamente. Chi la visita per la prima volta sarà sicuramente attratto dal tourbillon infinito di ristoranti, café, boulangeries e bistro, tanto da poter correre il rischio di sentirsi rapito da una specie di Sindrome di Stendhal, ma declinata verso la ristorazione.
Per fortuna ci sono alcuni punti di riferimento in tutto questo “mare magnum”, come la Rue de Charonne, undicesimo arrondissement, fulcro di quella che si è radicata come la “famiglia del Septime”.
Bertrand Grébaut, classe 1979, è il capofamiglia, nonché lo chef che guida le cucine del ristorante Septime, da cui è partito tutto. Il locale oggi conta una Stella Michelin, una Stella Verde ed è all’undicesimo posto della 50 Best Restaurants, solo per citare alcuni riconoscimenti. Esso viene definito come il perfetto prototipo dell’alta bistronomie parigina, ma negli anni ha saputo evolversi e differenziarsi in modo intelligente, per espandere il proprio concetto di famiglia. Sono nati quindi altri format, strettamente connessi al Septime, quasi tutti nello stesso quartiere. Parliamo di Clamato (un oyster bar), della Cave (un’enoteca con degustazione) e della Tapisserie (una pasticceria).
La mise-en-place del Septime.
Freschezza, originalità, coraggio di osare e anche un pizzico di follia rappresentano il fil rouge che lega tutti questi satelliti alla “casa madre”. Quest’ultima, il Septime, si presenta di un blu scuro, rinunciando al clamore di un’insegna, con ampie vetrate dove si intravedono spazi di legno caldo e vivo e tavoli senza tovaglie, ognuno con una candela bianca, che suona come una coccola calda per rinforzare il benvenuto. I colori bianco e blu si rintracciano anche nelle camicie e nelle parannanze dei camerieri, tutti giovani e poliglotti, anche perché provenienti da varie parti del mondo, così come succede alla brigata di cucina.
Brodo di pomodori e peperoni, olio al basilico: pulizia, intensità e freschezza. Un bell’inizio!
Pane al lievito madre, peperoni marinati, feta: tra croccantezza, dolcezza e sapidità.
Una caratteristica importante del Septime è il servizio impostato unicamente con un menù “carte blanche”, cioè a mano libera e a sorpresa, che conta cinque e sette portate, rispettivamente a pranzo (85€) e a cena (135€).
Il voler usare quasi tutte le parti di ogni singolo ingrediente, riducendo quindi gli sprechi, porta ad avere uno dei migliori rapporti qualità/prezzo di Parigi, oltre a una notevole sostenibilità, in cui chef Grébaut ha sempre creduto. Tutto questo non segue una moda, ma è uno stimolo per la creatività dei cuochi, sempre alle prese con primizie freschissime. Ne sono un esempio i brodi (di pomodoro e peperoni, servito come benvenuto, o di anguria), le salse (al Savagnin o Bernese), i piatti stessi, che vedono i vegetali come protagonisti in ben quattro piatti su sette o la frutta, presente in ognuno dei tre mini-dessert a chiusura della cena. È davvero sorprendente la leggerezza intrinseca di ogni preparazione, anche se prevede delle proteine animali al proprio interno, come l’Insalata di aragosta o la Faraona affumicata al fieno. Leggerezza sì, ma anche gusto e un tocco speziato o piccante, sfruttando diversi tipi di pepe o un jalapeño essiccato e affumicato. Il cosmopolitismo è dunque totale, con incursioni in Asia o Sudamerica, senza dimenticare il mondo del vino, con bottiglie di produttori che seguono la filosofia naturale, anche dall’Italia (il bravissimo sommelier Nicholas Sciackitano ha vissuto nel Belpaese a lungo…).
Se forse sarà difficile ritornare al Septime, a causa dell’enorme successo e delle conseguenti numerosissime richieste di prenotazione, la consolazione è già pronta, grazie alla possibilità di provare gli altri locali della famiglia. Non ci si annoia mai, nei dintorni di Rue de Charonne.
Zucchine, burro di acciughe e di Savagnin, mandorle: un piccolo gioiello di verdure cesellate, con le zucchine verdi e gialle che si intersecano, rese golose dalle salse al burro. Anche qui, c’è tanto umami, ma senza mai forzare la mano.
Melanzana cotta come una bistecca, salsa al pepe, chips di patate: non è la prima volta che si vede una melanzana così, ma niente da dire sull’esecuzione, che ricorda un ottimo filetto di manzo al pepe.
Insalata di aragosta, salsa bernese, Chipotle (peperoncino jalapeño essiccato e affumicato): il twist qui arriva dal peperoncino, che ribalta un piatto che rischiava di essere monocorde sulla dolcezza.
Faraona affumicata al fieno, jus di arachidi, finferli: il piatto principale è forse quello che stupisce di meno, pur essendo ben eseguito (da rivedere l’affumicatura al fieno, un po’ debole).
Formaggi (tutti da piccoli artigiani e tutti stagionati): Crottin de Chèvre (Jura), Toma di vacca (Auvergne), Roquefort (Aveyron).
Sorbetto alle more, shiso e olio d’oliva: inizia il trittico di mini-desserts, tutti a base di frutta o vegetali. C’è tanta freschezza in ognuno di loro, pur non perdendo la golosità che la parte finale deve avere.
Ile flottante alla crema inglese a base di foglia di fico.
Tartelletta pesca e verbena.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88
Da sinistra, il ristorantore romano Giovanni Passerini e il sous chef Giacomo Salpietra ripresi dal tavolo che dà proprio sulla cucina del ristorante Passerini, a Parigi, rappresentato dall'iconica "P" e la pasta del Pastificio Passerini, sempre nella Capitale francese
La facciata esterna del Castille Paris - Starhotels Collezione
Agnese Morandi e Bruno Verjus, sommelier e chef del ristorante Table di Parigi, 2 stelle Michelin