25-04-2021
Foto Flickr
Fiducia assoluta nel vaccino, unita a un programma di vaccinazioni ora aperto fino ai sedicenni. Così New York guarda al futuro con ottimismo. Le frontiere sono ancora chiuse, ma il turismo interno comincia a muoversi, lo si è visto nel week end di Pasqua quand’è apparsa una piccola coda al museo dell’11 settembre, quand’era evidente che, chi si fermava per un selfie al Reservoir di Central Park, non era un residente. Il primo testimonial della voglia di rinascere della Grande Mela è stato Joe Bastianich, ne abbiamo giù scritto su queste pagine. Bisogna cominciare ricordando che i ristoranti hanno avuto diverse possibilità di riprendere a lavorare dopo i due mesi di assoluto lockdown del 2020. Il servizio outdoor è stato sempre permesso e addirittura favorito quando il sindaco Bill De Blasio ha chiuso alcune strade, proprio per poter allargare le possibilità di posizionare più tavoli all’aperto. Ovviamente è stato un provvedimento che ha tagliato fuori i grandi ristoranti di fine dining, che evidentemente non potevano offrire un servizio all’altezza con i camerieri che attraversavano il marciapiede. Molti di questi locali, poi, non sono neppure al livello strada. Con l’arrivo del freddo, numerose insegne si sono attrezzate per mettere al riparo i tavoli sul marciapiede: per fortuna il comune ha liberalizzato l’uso dei sistemi di riscaldamento esterni, fino ad allora vietati per motivi di sicurezza antincendio. Così funghi a gas e resistenze elettriche sono apparse un po’ ovunque. I più intraprendenti hanno costruito vere e proprie casette in legno dove ogni tavolo aveva il suo spazio separato per garantire il distanziamento tra nuclei differenti. Grande successo hanno avuto gli igloo di plastica trasparente che sono spuntati davanti a molti ristoranti. Dal 14 febbraio il governatore Andrew Cuomo, prima ancora che partisse la campagna vaccinale, ha riaperto i ristoranti: prima con una capienza del 25%, poi del 50%. Si sa che a New York si esce a cena - o per il brunch - con molta più frequenza che in Italia e di fatto i ristoranti vivono soprattutto della clientela di prossimità. Quindi, chi ha sofferto meno sono i locali nei quartieri residenziali.
Emanuele Nigro, Riccardo Orfino e Wael Derek dietro al bancone del neonato Alice, indirizzo 126 W13th street
Michele Casadei Massari, Lucciola
Sant’Ambroeus
Andy Koutsoudakis, Tribecas Kitchen (foto Justin Mein)
Andrea Belfiore, mani in pasta
Tra le chiusure, hanno fatto molto rumore quelle di David Chang. Lo chef di origine coreana ha abbassato le saracinesche di Ssam Bar nell’East Village - ma sta per riaprire a Seaport - ha invece chiuso definitivamente Kavi a Hudson River. Ko invece ha approfittato dello spazio chiuso al traffico davanti al ristorante, dopo aver proposto un delivery originale ed economico. Una statistica a livello federale: l’Associazione Nazionale dei ristoratori sostiene che ha chiuso il 17% dei ristoranti in città. Sulle ceneri di quelle chiusure, però qualcosa è rinato. Come il famoso diner Tribecas Kitchen dove, dopo la morte per Covid del padre, Andreas Koutsoudakis ha deciso di riaprire dopo aver ristrutturato completamente l’arredamento: via colori scuri tipici dei Diner per proporre un ambiente luminoso e una cucina più raffinata. Un modo anche per reagire al dolore della scomparsa del papà, che aveva aperto nel 2014. Il nuovo chef, Jack Logue, già diplomato all’Alma di Colorno, si è fatto notare con la sua versione del Mac and Cheese con calamarata, funghi e guancia di manzo. Però la riapertura che in un certo senso ha dato il là al sentimento della rinascita della città è stata quella di Balthazar, il bistrot in stile francese a Soho, amato dalle star. Il giorno che ha riaperto i battenti all’80 di Spring street c’è stata una sorta di standing ovation virtuale sui social. Era chiuso da un anno e i suoi tavolini, outdoor e indoor, sono stati immediatamente presi di assalto.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Giornalista sportivo a Eurosport con 16 Olimpiadi all’attivo (l'ultima, Pyeongchang 2018), ha un’antica passione per il cibo. Assaggiatore di Identità Milano dalla prima edizione