13-03-2020

Albert Adrià: nutrirsi e mangiare sono due cose molto diverse

Intervista a tutto campo con lo chef catalano. Che da bambino adorava la pizza e non poteva sopportare l'odore dei gamberi

Albert Adrià è nato nel 1969, a L'Hospitalet

Albert Adrià è nato nel 1969, a L'Hospitalet de Llobregat, poco distante da Barcellona. E' stato il pastry chef di elBulli, oggi è il titolare e la guida di tutti i locali del Barri Adrià a Barcellona

Se per qualche tempo Albert Adrìa è stato presentato come "il fratello minore di Ferran", oggi è diventato semplicemente uno tra gli chef più famosi e prestigiosi al mondo. I suoi ristoranti (come Tickets, Enigma, Pakta, Hoja Santa...) vengono premiati e celebrati dalle guide più importanti, scalano posizioni nella classifica della World's 50Best, e hanno tutti lunghe liste d’attesa. Con lui abbiamo parlato della cucina spagnola, delle guide gastronomiche e della sua visione sui trend che indirizzeranno l'evoluzione futura della cucina d'autore. E siamo partiti proprio dalla sua visione della cucina spagnola di oggi.

«Per me - ci ha risposto Adrià - la cucina spagnola è caratterizzata da una cultura gastronomica molto variegata e da tantissime ricette. Siamo fortunati a poter contare su innumerevoli ingredienti, sia di terra che di mare. A parte tutto questo, oggi la Spagna vive un momento fortunato, con grande visibilità internazionale, perché viene conosciuta e apprezzata per la sua cucina di avanguardia, creativa e sperimentale. Sono veramente convinto che ogni giorno la qualità della nostra cucina e la ricercatezza della proposta nei ristoranti spagnoli cresca, diventi migliore, e non posso che essere orgolgioso di questo».

Con il fratello Ferran

Con il fratello Ferran

Ma se dovessi spiegare in poche parole qual è l'identità della cucina iberica?
Credo sia molto difficile arrivare a tale definizione, in tutta onestà. Possiamo dire che, innanzitutto, la cucina spagnola sia fatta di gioia, poi di condivisione, e infine di materia prima. Perché, lo ribadisco, penso che noi spagnoli abbiamo la grande fortuna di poter contare su grandissime materie prime, che però noi sappiamo anche selezionare nel modo migliore.

Cosa caratterizzerà invece il prossimo futuro della cucina spagnola? Intravedi una tendenza che guiderà l'evoluzione dei prossimi 5-10 anni?
Sono convinto che l'elemento più importante possa essere la comprensione e la distinzione tra quel che vuol dire nutrirsi e quel che vuol dire mangiare. Tutti noi ci nutriamo tre volte al giorno, invece mangiare è qualcosa in più. Credo che debba essere un'esperienza che ti lascia una soddisfazione personale molto speciale, capace di riempire il cuore e anima, non può essere soltanto l’atto fisico in sé.

Quando sei a casa a Barcellona, qual è il tuo “comfort food”? Quello che mangi volentieri in famiglia o con gli amici?
Mangio tantissime verdure, innanzitutto. Poi devo dire che, purtroppo, mangio poco a casa o con gli amici: anche per questo, in queste rare occasioni, quello che più conta è l'atto della condivisione, del sentirsi insieme agli altri, più che ciò che abbiamo nel piatto.

E invece quale piatto ti ricorda la tua infanzia?
La pizza. Ricordo ancora oggi con precisione il sapore e il profumo di quella pizza che mangiavo da piccolo, tutti i sabati, con i nostri genitori. Poi ho anche un altro ricordo, legato alle tapas, ma di segno diverso. Nel bar vicino a casa nostra c’era sempre il profumo di gamberi, seppie e calamari: li ricordo così bene perchè sono allergico, questo profumo mi chiudeva la gola, per questo non lo scorderò mai.

Parlando invece di cucina d'autore, quanto credi che contino le stelle, i premi, i giudizi delle guide?
Credo che avere una stella o essere nella classifica della 50Best sia il riconoscimento per un lavoro ben fatto, ma ottenere delle stelle non può mai essere lo scopo ultimo del nostro lavoro. Oggi ci sono tanti ristoranti premiati in giro per il mondo, ma quel che conta per me sono le persone che svolgono il proprio lavoro con onestà, responsabilità e rispetto. Sono loro i veri cuochi, i veri geni e i veri talenti, anche se non vengono celebrati nelle guide più prestigiose.

Quindi le stelle Michelin non sono una garanzia assoluta di qualità?
Mio fratello Ferran ripete spesso che se sei il numero 1, le tue idee sono certamente buone. Le guide cercano di essere oggettive, ma non possiamo dire che abbiano sempre ragione, perché sono due cose completamente diverse. Perchè tutti i ristoranti sono unici, e i clienti che li frequentano hanno gusti diversi tra loro.

Pensando a te, invece, dove trovi l'ispirazione e l'energia che ti serve ogni giorno?
Nel mio lavoro! Come diceva sempre Picasso: “L’ispirazione si trova lavorando”. 

Come reagisci alle critiche?
Non mi interessano le critiche negative, ma nemmeno quelle positive. Anche perché io sarò sempre il critico più severo di me stesso. Ti dirò non amo nemmeno la parola “critica”. Preferisco chiamarla una "riflessione analitica". Perché criticare, come si può pretendere che qualcuno sappia più di te del tuo lavoro? Non sarà mai una valutazione oggettiva. 

Quali sono i principi della tua cucina?
La mia cucina non ha dei principi. Ha dei valori, che uniscono gli stili molto diversi dei miei ristoranti. Poi, c’è un’altra particolarità: tutti i miei cuochi sono anche al 50% dei pasticcieri.

Per concludere, ti rivolgiamo una domanda non direttamente collegata alla cucina: se potessi cambiare qualcosa del mondo in cui vivi, cosa faresti?
Combatterei contro la fame. 


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Aline Borghese

giornalista culinaria che ha anche aperto un servizio di concierge gastronomico per chi vuole viaggiare... con gusto. Origini russe, vive in Italia e sempre viaggia per il mondo in ricerca di nuovi sapori. Scrive di cucina e vino, collabora con riviste in Italia e Russia

 

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