Tra le dolci colline delle Langhe, in uno scenario da fiaba che ricorda la Contea del Signore degli Anelli, a Monforte d’Alba (Cuneo) da qualche anno sta facendo parlare di sé una realtà gastronomica che sa di casa, di convivialità, di Piemonte sincero: Lostu.
I giovani Pasquale Laera (già chef patron del ristorante stellato Borgo Sant’Anna), George Uta (cuoco che non ama lasciarsi definire chef), Valeria Nunez (sala, cantina e sorrisi), Carmilla Cosentino (in regia dal dietro le quinte) sono le menti dietro questa trattoria che, pur ispirandosi alle vecchie piole piemontesi, si smarca da ogni retorica nostalgica. Due, infatti, le parole d’ordine che Pasquale ripete in continuazione: allegria e giocosità.
Lostu non è solo un omaggio alla cucina regionale ma un modo per far rivivere l’atmosfera e la socialità di un tempo in chiave fresca e contemporanea.

La splendida vista sulle colline dalle vetrate della sala di Lostu
Le classiche tovaglie a quadretti bianchi e rossi dominano la scena, illuminate dalla luce naturale proveniente da ampie vetrate che aprono il sipario sulle Langhe, regalando agli ospiti uno spettacolo meraviglioso. La sala è pensata per essere ampia ma accogliente, con cucina a vista e, all’ingresso, un bar retro munito di calciobalilla, perfetto per ingannare l’attesa con una partita tra amici.
Il menu di Lostu è un atto d’amore per la tradizione gastronomica autoctona firmato e controfirmato da Pasquale, George, Valeria e Carmilla che piemontesi di nascita non sarebbero, eppure lo sono diventati nel tempo, fino ad incarnarne lo spirito, i gesti e le espressioni.

Antipasti che passione: al centro una materia prima eccezionale
Qui non si inventa nulla, ma si esalta ciò che è sempre stato: una cucina fatta di sapori netti e ingredienti eccellenti.
Gli antipasti piemontesi, veri protagonisti delle tavole di un tempo, sono tornati a occupare un posto d’onore, con proposte che cambiano in base alla stagionalità.
Le materie prime provengono dagli stessi fornitori di Borgo Sant’Anna, a garanzia di qualità e rispetto per il territorio. Tuttavia, mentre nel ristorante stellato Laera si dedica alla ricerca e alla sperimentazione, qui la sua veste cambia: Lostu è il suo spazio di libertà, un luogo in cui può togliersi la giacca da chef e tornare Pasquale, divertendosi come da ragazzino a scorrazzare in t-shirt fra i tavoli, il suo vero parco giochi.

Condiviso è tutto più buono
Non mancano piatti-simbolo quali: le acciughe al verde, la lingua al bagnet ross, l’insalata di gallina e il ris e coj, ma anche portate più strutturate come i Ravioli del plin, il Cosciotto d’agnello al forno e altre pietanze contadine. La consuetudine, qui vuole che si serva il cibo al centro del tavolo, all’interno di grandi piatti da portata, lasciando così agli ospiti la libertà di sporzionarselo come, quanto e quando vogliono.

Anche i primi, come gli antipasti, sono convidisi al centro della tavola
Cucina, come detto, affidata a George Uta, di origini rumene, che ha sviluppato un forte legame con Laera e con la cultura gastronomica locale, tanto da sentirla ormai parte della propria identità. In sala, c’è Valeria Núñez, ecuadoregna dal passaporto consumato, con vendemmie effettuate in mezzo mondo e un innato senso d’accoglienza. La sua visuale attenta e rilassata contribuisce a creare l’atmosfera Lostu.
«I giovani under 40 sono tornati in trattoria, proprio come volevamo» spiega Laera. «Il bisogno di stare insieme a tavola e di condividere momenti felici non è mai cambiato».
A rifletterlo è lo stesso menu con descrizioni scritte in dialetto piemontese. «La gente che viene da fuori è curiosa e vuole immergersi nell’anima di questo posto, sfogliare i libri ingialliti di ricette e storie locali, che riempiono gli scaffali all’ingresso del bar» dice lo chef.
Tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri, e questo lo sanno bene Pasquale, George, Valeria e Carmilla che custodiscono, qui a Lostu, un passato vivo, animato, così vicino alla contemporaneità.