03-01-2024
Cavolfiore arrosto e in crema, lamelle di cavolfiore al cannello, salsa tartara e kefir: uno dei piatti più rappresentativi della cucina di Almatò
Da una squadra all’altra, dal passaggio di un pallone a quello di un piatto di portata. E’ così che i tre amici e compagni di rugby, Alberto, Manfredi e Tommaso nelle prime settimane di quello sfortunato 2020 hanno deciso di alzare la serranda di Almatò, l’insegna capitolina che rende il fine dining un gioco di luci, colori e gusti che colpiscono occhi, cuore, pancia e testa.
Loro, che con le loro sillabe iniziali hanno dato vita all'efficace neologismo che ha dato nome al locale, si sono incontrati su quell’erba verde tenuta in vita da sudore e impegno, pensando che il futuro gli avrebbe riservato una carriera sapida e pungente. Il futuro di Alberto Martelli, classe 1993, era indirizzato sin dalla nascita. Svezzato a suon di pecorino e guanciale nel ristorante di famiglia, La Carbonara, insegna storica di Campo de’ Fiori, ha maturato un amore sempre più forte per il settore della ristorazione, intraprendendo corsi sul vino e sul restaurant management.
Alberto Martelli, Manfredi Custureri e Tommaso Venuti
Infine c’è Tommaso Venuti, classe 1992, lo chef. Da sempre innamorato della cucina, si diploma all’Alma, per poi completare la formazione nelle cucine di Cannavacciuolo a Villa Crespi, di Heinz Beck alla Pergola, all'Enoteca La Torre, e con Marcus Wareing a Londra. Tre teste, sei braccia e tre cuori in battito sincrono verso un unico obiettivo: aprire a Roma un ristorante vitale, giovane, informale, ma non per questo anonimo e superficiale.
La sala
Almatò vuole infatti evocare il concetto di casa, nelle sensazioni, negli sguardi e nel palato. Lo si intuisce sin dall’ingresso: basta un breve scambio di sorrisi con Custureri e con il maître e sommelier Riccardo Robbio a suggerire un'immediata fiducia, naturale e senza forzature, che fa venir voglia di lasciar perdere la lettura attenta del menu per pronunciare con sicurezze le parole “fai fare allo chef”.
Animella Tonnata
Ravioli di prugne, patate dolci e parmigiano
E tra un morso di focaccia calda e allegramente unta inizi ad affondare cucchiaio, forchetta e coltello in una batteria di assaggi identitari, che raccontano l’appartenenza al luogo che li accoglie, alla mano che li crea e alla voce che li racconta, e diventando proiezione sincera di una realtà locale che non si sottrae al gioco della contaminazione.
La preparazione del Cavolfiore
Risotto agnello, melograno e dragoncello
Astice, ajo bianco, bieta e bradana
Merluzzo, rape e radicchio
Quaglia, arancia, castagna e rosmarino
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
Romana di Trastevere, classe ’99, sin da piccola mangia fuori, ricercando tavole sempre più fuori dagli schemi. Si è laureata in Medicina al Policlinico Umberto I con l’obiettivo futuro di riuscire a coniugare le sue più grandi passioni: la cucina e la medicina.
Lo Spaghetto "Antico Romano" con garum di cipolla, ossia uno dei piatti più rappresentativi della cucina di Alessandro Pietropaoli al Campocori di Roma
Francesco Calò alla guida di Avenida Calò, nuovo indirizzo romano
Fabio Dodero, chef e co-patron del ristorante Metis, Roma (le foto sono di Alberto Blasetti)
Dall’Italia è una narrazione in continua evoluzione di tutto il buono che racchiude in lungo e in largo il nostro Belpaese. Una rubrica che ci porta alla scoperta delle migliori trattorie, i ristoranti più esclusivi, osterie, tra le vette più alte o in riva al mare. Delizie che non possono sfuggire alle rotte dei più entusiasti viaggiatori.