17-10-2020

Brunelli, Striscia e la storia di un gelato da favola che porta il suo nome

«Non sono diventato cuoco ad Agugliano per scappare da bisnonna, nonna e mamma che volevano impormi le loro ricette. Io marchigiano, eccomi così a Senigallia»

Due generazioni di Brunelli in un curioso fermo im

Due generazioni di Brunelli in un curioso fermo immagine della puntata di Capolavori italiani in cucina dedicata al mondo dolce di Paolo, maestro gelatiere tra Agugliano e Senigallia nella Marche. Con il panama suo padre Romeo

Il gelato ha fatto irruzione per la prima volta nella rubrica di Striscia la notizia dedicata ai Capolavori italiani in cucina, capolavori che, come tali, escono dagli spazi veri e propri della cucine professionali per abbracciare i laboratori di pasticceria e adesso anche di gelateria. Tutto grazie a Paolo Brunelli e alla sua maestria tra mantecatori, abbattitori e carapine.

Paolo è di Agugliano, un paese in linea d’aria a metà strada tra Ancona e Jesi, sulle colline alle spalle di Falconara. Tutto ha avuto inizio lì: «Da ragazzo suonavo e registravo in uno studio di incisione ma mio padre, Romeo, classe 1931, esigeva che confezionassi il gelato nella struttura di famiglia».

Questo fino a quando gli scattò qualcosa dentro e fu la svolta: «Probabilmente scattò che avevo capito che non ero poi così bravo come musicista, non quel gran che al punto da giustificare tanto impegno. E poi devo dire che noi nasciamo ristoratori e non gelatieri o pasticcieri. Mamma Maria Luisa era cuoca, mia nonna Anna pure e la bisnonna Esterina anche. Partì tutto da quest’ultima nel 1934. Probabilmente, rivolgermi al mondo dolce è stato un po’ un fuggire dall’imposizione matriarcale della bisnonna».

Oggi che Paolo ha creato due splendide realtà a Senigallia, la città di altrettanti straordinari chef come Moreno Cedroni e Mauro Uliassi, eccolo abbracciare tutto il lato D: «Noi gelatieri non abbiamo più la possibilità di avere una stagionalità del gelato, non ce lo possiamo più permettere per mille motivi,

soprattutto per il livello imprenditoriale». La bella stagione non basta più per riempire il cassetto.

E adesso il marchigiano ci racconta cosa ha proposto agli ascoltatori di Striscia: «Semplice: un gusto che suggerisco ormai da vent’anni e che porta il mio cognome: la crema Brunelli che parte tassativamente da una ricettazione molto classica. Utilizziamo latte, latte condensato, zucchero di canna e poi il tuorlo d’uovo che hà la capacità di far montare il tutto, di far inglobare l’aria».

A molti suonerà strano considerare l’aria un ingrediente: «Errore, è l’elemento nascosto del gelato, forse il più importante. Si procede così: mettiamo il latte, e poi quello condensato, in una pentolino e facciamo riscaldare per pastorizzarlo assieme ai tuorli a una temperatura di sanificazione che è all’incirca di 85 gradi.

Un cono gelato firmato Brunelli

Un cono gelato firmato Brunelli

Poi ecco unirvi gli aromi, vaniglia, anice stellato e i chicchi di caffè che poi filtrerò per passare tutto direttamente nel mantecatore professionale».

A questo punto si pone l’eterno problema: come trasmettere il mondo di chi cucina per professione a noi simpatici casalinghi? In questo frangente ce lo spiega Brunelli: «Se siamo a casa è ovvio che possiamo solo usufruire dei frullatori per tutti i giorni, anche i robot oppure possiamo ricorrere a un scorciatoia, dove però verrebbe a mancare una parte importante rappresentata dall’aria. Possiamo gelare il composto negli stampini per il ghiaccio che tutti abbiamo per via dei cubetti e al momento opportuno frulleremo il tutto. Certo, non otterremo un gelato di tradizione, bensì una sorta di crema gelato sulla quale deporre due fragole e un po’ di panna montata. Avremo una cosa strepitosa, la più buona al mondo, al bacio».

E a linea ridata allo studio, ecco Ficarra e Picone lamentarsi per l’ennesima volta di come «c’è chi gira l’Italia e adesso si mangia il gelato e a noi cosa arriva? Dobbiamo farcelo di persona? Perché non ci portano una vaschetta di quelle che tengono il freddo e ci serviamo pure noi? Trenta o quaranta chili di crema. Sono troppi? Ma in studio siamo in quatto e non in due, ci sono anche le valine». Messaggio ricevuto.

Intanto, ecco che qui si può scaricare la ricetta e qua rivedere invece la puntata.


Capolavori Italiani in cucina

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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