Dopo i 4 mani con Felice Lo Basso (lunedì 13 gennaio) e con Domenico Soranno della Langosteria (martedì 14), il ristorante Tuccino di Polignano a Mare (Bari) tornerà a riprendersi l’intera scena con 4 cene di fila, da mercoledì 15 a sabato 18 gennaio.
Abbiamo già raccontato a più riprese storia, evoluzioni e protagonisti di quest’insegna simbolo dei crudi di mare di Puglia. Questa volta scendiamo nel particolare del menu che lo chef Enzo Florio (da 24 anni ai fornelli di Tuccino) e il responsabile degli acquisti e della spesa Vito Mancini (da 18 primavere) porteranno a Milano, piatto per piatto.
Intanto, il senso di fondo del menu: sono tutti piatti semplici, con l’intervento della cucina studiato appena per dar valore alle materie prime. Poche lavorazioni, insomma, dietro a impiatti curati in cui a cantare è soprattutto la fantastica materia prima.
Si comincerà con una semplice Ostrica marinata alle verdurine. «Nello specifico», puntualizza al telefono con noi Enzo Florio, «parliamo di ortaggi e primizie del nostro territorio: peperoni, cetrioli, cipolla di Acquaviva. Una mirepoix, insomma, condita con olio e limone».


Le orecchiette baresi cucinate nel maggio scorso
Assaggio numero due, servito accanto al primo:
Carpaccio d’orata su crostone di Altamura. «Si tratta di un crudo semplice, condito col nostro olio extravergine d’oliva e una spolverata di pepe. Il crostone tostato è quello classico, che di solito sfoderiamo al mare accanto ai crudi appena pescati e un bicchiere di vino. E' l’accompagnamento perfetto anche di una tartare di gamberi; mentre al riccio di mare invece maritiamo di solito una focaccia barese, di patate».
Primo piatto (cioè terza corsa):
Spaghettone cozze, cime di rapa e tigna. «È il nostro classicissimo Spaghettone con le cime di rapa. Con la differenza che, invece delle acciughe, nel soffritto mettiamo delle cozze di Manfredonia, piccole e molto saporite». E la
tigna, cos’è? «Pane saltato in padella con aglio e peperoncino. Decenni fa, nei momenti di maggior stento, il pane duro grattato alla grattugia veniva chiamato ‘formaggio dei poveri’ e questo è il nostro modo di rendergli omaggio».
Quarta corsa:
Filetto di spigola con fave e cicoria. «A differenza di uno scorfano, uno sgombro o una cernia, la spigola ha bisogno ha un sapore meno marcato. Per questo gli diamo una bella carica gustativa con le fave cotte e passate con l’olio e della cicoria spadellata con aglio, olio e peperoncino. Sono due simboli pugliesi, che più simboli non si può».
Dessert:
Scomposta di pasticciotto leccese. «Sul finale, sconfiniamo in Salento col dolcetto tipico della Puglia del Sud. È una sfoglia di pasta frolla con una crema ai limoni non trattati di Polignano (non trattati). È esattamente cme la facevano le nostre nonne: solo tuorlo, latte e uova». Tocco finale: «Una coulis di amarene, al posto della marmellata». Accanto, comparirà l’ennesimo piccolo assaggio che gronda Puglia: «Pezzettini di torrone alle mandorle caramellate».