Nell'anno dedicato alla “sana intelligenza” la giornata di Identità Naturali – al suo quinto anno – assume un significato particolare: è un tema fondamentale per il futuro della cucina, sottolinea Paolo Marchi, e la coincidenza con il tema dell'Expo dimostra l'urgenza reale di mangiare (e far da mangiare) in maniera più sana. E anche più sostenibile, ricorda Lisa Casali che presenta la giornata.
Si parte con Loretta Fanella e il suo “dolce risveglio”. La pasticcera – ora al ristorante Borgo San Jacopo di Firenze – ha un figlio celiaco, stimolo importante a lavorare sul gluten free sano e naturale: usa la farina di castagne per il morbido plumcake che affianca alla frolla di mais e riso al caffé con ganache di cioccolato bianco all'arancia, caramello salato, cardamomo e chicchi di caffé, servendo con una gelatina di caffé croccante fuori e morbida dentro.
Simone Salvini – chef di Ops! e docente dell'Organic Academy – presenta il suo tempeh, “insaccato” vegetariano ottenuto dalla fermentazione dei fagioli di soia gialla con aggiunta di un micelio come starter. Condito con salsa di soia, extravergine e limone e accompagnato da maionese di soia, farcisce lo squisito panino di okara (crusca) di soia al vapore. Preparazioni complesse in cui nulla è lasciato al caso per amplificare la portata salutare e gustativa.

La lezione di Daniela Cicioni, "Il tempo che trasforma: fermenti, funghi e alghe"
Le varie forme di fermentazione sono al centro dell'intervento di
Daniela Cicioni, cuoca vegana e crudista che porta i ragionamenti sul naturale ancor più in là. Per i suoi
tempeh usa frutta secca e legumi “locali” come i ceci e foglie di cavolo rosso o nasturzio come budello naturale. Il suo dolce crudista è una mattonella di farina di cocco e mandorle, cacao crudo, nettare di cocco e gel di alghe accompagnata da una crema di mandorle con fiori di ciliegio sotto sale.
Fabio Abbattista, chef del Leone Felice all’Albereta – dove segue anche la cucina della Spa con un team di dietisti – propone una cucina tradizionale italiana in chiave moderna e naturale, attenta alle esigenze nutrizionali. Ecco allora i suoi “falsi primi” dove la pasta (o almeno il glutine) non c'è, come gli spaghetti di patate “aglio, olio e peperoncino” e la minestra di ceci con gnocchi di patate affumicate la cui texture è data dall'amido di kuzu.

Simone Tondo, tra i protagonisti di Identità Naturali: ha parlato di "Una stagione, tre piatti, tre colori"
Simone Tondo, chef del Roseval, porta al congresso la sua “cucina urbana vegetale” che, a causa di dimensioni e budget ridotti, si basa su materie prime intelligenti e stagionali. La declina nei tre colori bianco, porpora e arancione e con un chiaro imprinting sardo “mare&monti” come nelle capesante affumicate servite con una riduzione di lardo e latte, radici bianche marinate, crema di rafano e guanciale.
Sergio Bastard, giovane talento spagnolo, racconta la cucina gourmet della Casona del Judio a Santander. Catalano in Cantabria, gioca con gli elementi della gastronomia locale e con quelli vegetali, che vengano dall'orto o dal mare. È proprio dalle passeggiate lungo la spiaggia o nell'orto che nascono piatti come l'alice con olio di pistacchi, fichi e foglie di acetosa marina o il pomodoro “appassito” con olio al ginepro ed erba ghiaccio.

Matteo Aloe, al centro, sul palco con Lisa Casali e il suo "chef di pizza" Massimo Giuliana, col microfono in mano
Matteo Aloe è il fondatore insieme al fratello del “format naturale” Berberè, oggi in tre sedi con declinazioni diverse ma sempre improntate al bio. Idea di business legata alla pizza dove la naturalità non è però un'operazione di facciata ma un principio a 360° per dare coerenza al progetto che si tratti di un'attenta lievitazione naturale per garantire la digeribilità della pizza, di ricette calibrate nutrizionalmente, di prodotti freschi e stagionali o dell'etica del lavoro.
Femke van den Heuvel, cuoca olandese al Vlam in de Pan, presenta la sua cucina moderna con un'impronta macrobiotica e crudista frutto – come dice lei stessa – dell'ossessione per piatti che siano golosi, belli da vedere e sani, e per un cibo che riempia ma soprattutto che nutra. Da qui il suo lavoro sulle proteine di origine vegetale e sulla riduzione dei grassi. Cucina come medicina, dunque, ma che sia buona in termini di gusto e texture, senza privazioni.
Cristina Bowerman, chef di Glass Hostaria, è andata a scuola da un apicoltore per lavorare sulle api – preziose indicatrici di salute ambientale – e sui prodotti derivati. Miele, polline e idromiele entrano nelle ricette come la trippa nido d'ape - il reticolo dalla trama ad alveare - cotta alla messicana e resa fresca ed elegante dall'idromele al limone e dalle salse speziate, frutto della contaminazione che è un po' la cifra della chef.