14-11-2014

David Toutain, il viaggiatore

Intervista con il cuoco francese, premiato quest'anno dalla Guida di Identità Golose

David Toutain sul palco di Eataly Smeraldo ha rice

David Toutain sul palco di Eataly Smeraldo ha ricevuto (da Romina Tamburini, presidente di Surgital Spa) il premio come miglior chef straniero per la Guida 2015 di Identità Golose. Dopo diverse esperienze, in Francia e all'estero, e un lungo viaggio intorno al mondo, Toutain è tornato a Parigi per aprire un ristorante che porta il suo nome (telefono +33.1.45501110)

Il francese David Toutain ha solo 33 anni, ma è già riuscito ad accumulare straordinarie esperienze, un bagaglio tecnico invidiabile, una fama solida e meritata. E' stato scelto da Paolo Marchi come miglior chef straniero dell'anno per la Guida 2015 di Identità Golose, presentata lunedì scorso a Eataly Smeraldo. Proprio in quell'occasione abbiamo avuto modo di sederci con lui a uno dei tavolini del grande negozio milanese, per fargli qualche domanda e ascoltare le sue risposte, sempre sorridenti, articolate, attente. Partendo proprio dal suo percorso professionale, che lo ha visto arrivare ancora molto giovane alla maison del grande Alain Passard.

Quando si riceve un premio, forse è giusto pensare alla strada che ha portato fino a quel traguardo. Come racconteresti oggi la tua crescita come chef, quali ne sono stati i passaggi fondamentali?

Mi sono innamorato della cucina un po' per caso. A quindici anni ho fatto le mie prime esperienze, in Normandia, dove sono nato. A diciannove anni ho deciso di partire per Parigi, dove ho avuto la fortuna di poter andare da Alain Passard, a L'Arpège, e rimanerci tre anni, arrivando a diventare sous chef. A quel punto ho deciso di provare un'altra esperienza, sono andato a lavorare da Marc Veyrat e anche lì mi sono fermato tre anni, come sous chef. Quello che mi ha interessato e ispirato di questi due grandi maestri è stato il loro spirito artistico. Sono contemporaneamente chef e artisti, con una visione molto chiara della cucina e delle storie che vogliono raccontare con i loro piatti. Poi ho lasciato la Francia, sono stato per qualche mese nei Paesi Baschi, al Mugaritz. Ma poi sono voluto partire ancora, per gli Stati Uniti. Questo perché sono sempre stato affascinato dall'etica del lavoro americana, da quell'approccio rigoroso e deciso, molto diverso dallo stile francese: volevo conoscere meglio questa realtà e penso che questa esperienza mi abbia molto arricchito. Mia moglie è americana, anche se ci siamo conosciuti proprio al Mugaritz, dove abbiamo lavorato insieme. Dopo qualche anno in America abbiamo deciso di tornare in Francia, per aprire l'Agapé Substance, dove sono stato chef per un anno e mezzo. Era un ristorantino molto raccolto, di circa trenta metri quadri, dove avevamo deciso di mettere un unico, lungo tavolo. Una table d'hôte che fosse un prolungamento della cucina, su cui offrire piatti in base all'ispirazione del momento, senza seguire nessun menu. E' stato un periodo molto importante e bello per me, anche perché è stata la prima volta da executive chef, con la possibilità di creare i miei piatti, mentre fino a quel momento avevo sempre avuto grandi maestri sopra di me. Da cui ovviamente ho imparato moltissimo ed è stato fondamentale, ma avevo davvero bisogno di aprire il mio ristorante. Poi però ho fatto una scelta diversa: mi sono preso un intero anno di vacanza.

Paolo Marchi spiega le motivazioni del premio assegnato a David Toutain

Paolo Marchi spiega le motivazioni del premio assegnato a David Toutain

Immagino non sia stata una scelta semplice quella di fermarti, in quel momento della tua carriera. Cosa ti ha spinto a fare questa lunga pausa?
Sono un uomo fortunato, mi sono potuto permettere di staccare completamente per un anno e di usare quell'anno per fare il giro del mondo. Avevo bisogno di pensare al futuro, a quel che volevo fare e al luogo in cui avrei voluto proseguire la mia vita, se in Francia o all'estero. Avevo molte occasioni, perché tanti chef mi avevano invitato da loro: il viaggio è iniziato a San Francisco e si è concluso a Melbourne. Ho fatto moltissime cene di beneficenza, molti festival, ma soprattutto ho viaggiato. E' una cosa che adoro, incontrare altre persone, altre mentalità, altre culture. Amo molto la Francia, ma partire è qualcosa che mi emoziona. Conoscere questi mondi e queste cucine diverse è meraviglioso e ti rende più ricco.

Qual è stata la cosa più importante che hai capito durante questo viaggio di un anno?

Soprattutto quanto sia fondamentale avere una propria, forte, identità: quello che ho deciso di fare è cucinare restando fedele al mio modo di mangiare. E quando mangio io voglio un'esperienza speciale, voglio la golosità, la scoperta, la sorpresa. E poi ho capito che volevo tornare a Parigi per aprire un altro ristorante che mi permettesse di esprimermi in un modo ancora più completo.

David Toutain in un'immagine scattata dalla moglie Thai

David Toutain in un'immagine scattata dalla moglie Thai

Oltre a questo come descriveresti la tua identità come chef?
I miei nonni erano agricoltori, avevano una fattoria. Questa cosa mi ha influenzato molto, anche se me ne sono reso conto soltanto dopo, crescendo, quando sono tornato, consapevolmente, alle mie origini. E quindi all'importanza delle materie prime, soprattutto i vegetali. Quando da bambino stavo dai miei nonni, ogni giorno andavamo nell'orto a raccogliere il necessario per preparare un piatto di verdure crude. Al tempo non mi rendevo conto del perché, mentre ora mi è molto chiaro, e sono consapevole di avere avuto una grande fortuna nel poter crescere assaggiando il sapore vero di questi prodotti, anche delle carni degli animali che venivano allevati in fattoria, del latte appena munto. La mia è una cucina fondata sulle materie prime, dove certamente la tecnica ha molta importanza, perché amo studiare e lavorare sugli abbinamenti, sulle consistenze, sui sapori. Ma tutto parte dalla materia prima. La cosa che a me interessa di più è il gusto di quel che si mangia, per questo a volte forse faccio delle scelte meno artistiche di altri, meno emozionanti o estetiche: la mia è una cucina di gusto, di sapore.

Da quando sei tornato a Parigi, dopo il tuo viaggio, hai aperto un altro ristorante, che porta il tuo nome. Quali sono i tuoi obiettivi per questa nuova esperienza?

La cosa più importante per me in questo momento è costruire qualcosa che duri nel tempo, di riuscire a spingere lo sguardo e il pensiero verso i prossimi cinque, dieci anni.


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Niccolò Vecchia

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Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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