Diavolo d’uno Scabin: i francesi lo declassano da 2 a 1 stella Michelin e un semestre dopo la 50Best lo ricatapulta tra i migliori 50 ristoranti al mondo. E non è neppure la prima volta che l’insegna di Rivoli esce e rientra nel gotha. La cronistoria dice: 2007 debutto al 46° posto, 2008 fuori dai 50, 2009 primo reingresso al 42°. Conferma nel 2010 e 2011 (dove sale fino al 28° gradino, il picco più alto finora). Nel 2012 è di nuovo fuori ma nel 2013 c'è il secondo colpo di reni in avanti: è 40°. Nel 2014 è appena oltre la soglia (51°), nel 2015 ulteriore calo al 65°. Poche ore fa la sorpresa: Combal.zero è di nuovo nell’èlite, in 46ma posizione come nel 2007. «Sono uscito e rientrato 3 volte dai 50», ci spiega raggiante, «credo sia un record assoluto».
E insomma, se i francesi hanno registrato un calo nel dicembre scorso («Figlio di diverse prove tavola», ci rassicurò il caporedattore della Rossa Sergio Lovrinovich), il jury mondiale del 50best lo vede tornare tra i migliori al mondo, davanti a un nugolo corposo di insegne a 3 stelle.
Chef, complimenti. Ma, insomma, chi ha ragione?
Sono due mondi articolati in modo profondamente diverso. Ora sono a New York e lasciatemi dire che non esiste uno strumento così potente come la World’s 50Best. L’interesse che crea a livello mondiale e commerciale è impressionante: da un secondo all’altro ti trovi al centro dell’attenzione globale. Sui differenti metodi di giudizio non so cosa rispondere. Io sono certo solo di quello che accade tra le nostre mura: siamo migliorati ancora e per questo la giuria mondiale ci ha premiato. Forse a volte facciamo cose il cui valore è difficile da riconoscere subito.

I due degustazione al Combal.zero: il menu Down&Up, "tradizionale", va dal piatto più leggero al Piccione all’Ortolana. Il menu Up&Down inizia invece dal piatto più consistente e termina con quello più etereo, l’Insalata ghiacciata e ostriche
L’avanguardia non è mai intesa mentre accade, diceva Ferran Adrià.
Può darsi. In effetti credo che il nostro menu
Up&Down, lanciato giusto un anno fa (poco prima che la Guida Michelin Italia chiudesse i suoi contenuti,
ndr), abbia aperto una strada. Colpisce molto la clientela perché quel che è inaccettabile per il loro cervello, cioè le proteine e i grassi che vengono serviti all’inizio del pasto, in realtà è assorbito molto bene dal fisico, per nulla fiaccato da 13 piatti. È un menu che sconvolge l’ordine delle pietanze, la partitura classica. Un messaggio semplice e rivoluzionario.
Un buon modo per reagire.
Cercare di vedere sempre le cose da un punto di vista diverso da quello che t’impongono. È l’unico modo che conosco. È quello che ho cercato di fare dopo la Michelin: dopo un mese di scoramento e sofferenza, soprattutto per la mia brigata delusa, siamo tornati a lavorare con un’energia ancora più grande e con motivazioni ancora più accelerate.
Una curiosità: con il declassamento, avete abbassato i prezzi?
All’inizio ci ho pensato. Perché quando noi avevamo due stelle i prezzi erano giù più alti dei ristoranti pari grado. Ma non solo non li ho abbassati ma li ho aumentati del 3% perché avevamo lavorato tanto sul menu
Up&Down. Un progetto con un costo. Che la gente non ha patito.

Il nuovo leader della World's 50Best Massimo Bottura e Davide Scabin
Nel semestre successivo alla Michelin hai avuto un calo di coperti?
Un aumento semmai. Con un supporto morale incredibile che mi ha colpito e continua a colpirmi.
A caldo ci dicesti che avreste potuto sentirvi con i responsabili della Rossa.
Ho pensato che non fosse il caso. Risponderebbero con la frase di rito: ‘le stelle si aggiungono e si tolgono per motivi di cucina’. Una linea che rispetto. Credo però che, se vuole rimanere contemporanea, la Michelin deve fare outing. Dovrebbe spiegare quali sono i motivi extra-gastronomici di una promozione o un declassamento. Perché non può esistere sempre e solo il motivo della cucina.
L’Osteria Francescana è il ristorante numero uno del mondo.
E' una grande gioia per Massimo, lo desiderava da tempo. Soprattutto, è una grande gioia per tutti noi e per i giovani italiani che possono credere di più in quello che fanno.